San Giovanni in Fiore e la repubblica dei cazzari (di Emiliano Morrone)

San Giovanni in Fiore sprofonda nell’autoreferenzialità, più spesso della politica. A riguardo ho letto e sentito affermazioni estreme, che rivelano un problema nei gruppi dirigenti: l’idea che oggi le parole possano sostituire fatti, storia e dati oggettivi di un luogo, della sua comunità.

di Emiliano Morrone

Negli anni scorsi ricorreva la celebrazione dell’acqua e dei funghi del territorio come i migliori del mondo. Simili giudizi venivano pronunciati in maniera estemporanea: senza riferimenti e comparazioni verificabili, spesso al solo scopo di abbagliare, inorgoglire l’opinione pubblica locale.

Attenzione, questo vizio è molto più diffuso di quanto si possa immaginare. Sul «Corriere della Calabria» l’amico Pietro Bellantoni scrisse un pezzo ironico e memorabile sulla glorificazione interna di strutture pubbliche regionali; per esempio l’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria, singolarmente ribattezzata «Grande ospedale metropolitano».

Certo, per dirla con Renato Zero «è meglio fingersi acrobati che sentirsi dei nani», ma a tutto c’è un limite: al «meravigliosissimo scenario della straordinaria e impareggiabile Abbazia florense», impreziosito da un ospizio convenzionato che si trova nel complesso badiale; alla «San Giovanni in Fiore capitale mondiale della cultura medievale», che potrebbe perfino starci, in quanto i parcheggi per disabili sono stati “superati” da quelli «rosa», da lasciare secondo “luna” alle nuove mamme; alla «superlativa e ineguagliabile piazza Abate Gioacchino», delimitata da un palazzo d’epoca abusivo e riempita di fioriere inopportune.

In molti casi codeste descrizioni gonfiate servono a coprire enormi paradossi: al fumo della politica non corrisponde alcun arrosto. Non di rado esse indicano, poi, un’incapacità cronica di comunicare la ricchezza del posto: di natura, cultura e tradizioni. È un po’ come se a Milano qualificassero il Duomo come «eccezionale, magniloquente monumento della superiore religiosità cristiana», oppure come se dal Campidoglio uscissero dichiarazioni tipo «il colossale Colosseo della superba Roma imperiale».

«Il troppo stroppia», specie quando le incontinenze verbali del Palazzo non sono accompagnate da iniziative di tutela e valorizzazione delle risorse disponibili; anche umane, cioè di artisti, artigiani e sportivi.

Così non sposta la realtà quantificare e dimostrare su Facebook le «migliaia di presenze» alla «Notte bianca florense», se si tratta di soli residenti a San Giovanni in Fiore e non di turisti, di forestieri curiosi o incuriositi. Né giova il «successo delle manifestazioni estive» sbandierato dall’assessore comunale di turno ai microfoni della tv o della radio nostrana. È un parlare insipido a noi stessi, una vecchia pratica di compiacimento personale, una riprova di vanità per cui nel dialetto doc si usa il termine «avantuopulu».

C’è invece da risvegliarsi dal lungo sonno della ragione. Occorre confrontarsi, progettare e se possibile convergere, archiviando l’uso partitico della cultura, i controlli a tappeto dei guardiani del pensiero dominante, i megafoni strumentali di adepti prezzolati. San Giovanni in Fiore ha diverse potenzialità sottovalutate, sepolte da una doppiezza opportunistica, evidente come il Fuenti di una volta sopra la costiera amalfitana.