Sanità, i ras delle cliniche “festeggiano” la fine del diritto alla salute

(Dott. Paolo Caruso) – Con l’avvento della Meloni al governo, il Paese sembra sia stato catapultato verso una politica del “fare” esclusivamente tesa a tutelare il “manovratore”, le lobby, i poteri forti, le classi economicamente privilegiate, a discapito dei veri interessi dei cittadini. Con questa destra si assiste sempre più all’apoteosi del neoliberismo anche in ambito sanitario, e proprio questo “nuovo” che avanza sembra dare un ulteriore colpo mortale alla già fragile Sanità pubblica fiaccata da anni di continui ridimensionamenti finanziari, flussi di denaro pubblico dirottati a favore del privato.

Una maschera del “nuovo” arrembante che nasconde le insidie del modo di gestire la salute pubblica. Cosa c’è sotto questa operazione di maquillage dell’universo Salute è facilmente comprensibile e ricalca tutti i temi cari alla destra, cioè la privatizzazione. La rabbia e la frustrazione di un popolo sono già abbastanza grandi nel constatare il netto declino del Servizio Sanitario Nazionale, di una sanità pubblica sempre più marginalizzata e del venir meno di un diritto costituzionale fondamentale quale è la salute.

La classe politica della destra più conservatrice e meno presentabile arroccata nei Palazzi delle Istituzioni rimane sorda ai bisogni della gente e fa aprire gli occhi anche a coloro che l’hanno votata. Destra e sinistra per certi aspetti rappresentano un falso storico contemporaneo, le due facce della stessa medaglia, entrambe fautrici di logiche neoliberiste. Nessun governo, compreso quello dei “migliori”,  ha mai  ammesso di volere ridurre i finanziamenti al Servizio sanitario pubblico anzi….

In effetti il finanziamento al Servizio Sanitario Nazionale cresce solo sulla carta essendo legato al Pil e già dal 2022 agli anni a venire è in forte calo, un ritorno al periodo pre-pandemia, un abisso rapportato a quello di Germania, Francia e Regno Unito. Il bilancio delle regioni alla voce sanità risulta in rosso, anche di quelle cosiddette virtuose, e con l’ulteriore riduzione dei finanziamenti da parte dello Stato molte di esse saranno costrette a tagliare i servizi sanitari, le prestazioni, aumentando anche il contributo economico dei cittadini.

Esistono già forti criticità sia per quanto riguarda le liste d’attesa, lunghe e interminabili, sia per il sovraffollamento delle aree di emergenza che scoppiano presentandosi come dei veri lazzaretti e anche i ricoveri e gli interventi chirurgici rappresentano per molti una chimera. Chi può si rifugia nelle strutture private con il conseguente aumento della spesa sanitaria e con il risultato di veder aumentare le diseguaglianze già esistenti e la sperequazione tra le regioni del nord e le regioni del sud. Malgrado ciò il governo Meloni tende a nascondere la verità e non fa nulla per invertire questa deriva che sta portando ad abbassare il livello delle prestazioni, al mancato ammodernamento del patrimonio strutturale e tecnologico, al crescere dei tempi delle lista di attesa. Un governo guerrafondaio che incrementa le spese militari tagliando i denari alla sanità pubblica di certo non è segno di buona politica orientata al bene comune. La stessa Costituzione infatti sancisce la tutela della salute come diritto fondamentale e gratuito.

Dopo anni di tagli alla spesa sanitaria pubblica, il ridimensionamento delle piante organiche, la soppressione di reparti, la chiusura di interi ospedali,  la cieca gestione del numero programmato alle professioni sanitarie e alle specializzazioni, fanno emergere tutti gli errori del passato. La riduzione di medici specialisti soprattutto di alcune branche, di infermieri e di personale sanitario in genere rappresenta un grave vulnus, un depotenziamento della sanità pubblica che non riesce più a essere attrattiva, concorrenziale a quella privata. Nessuno incentivo alla professionalità, stipendi non adeguati, e la fuga dal pubblico sono il frutto di una politica deficitaria e di gravi responsabilità sindacali, e non sarà sicuramente l’ultima genialata del governo con la liberalizzazione del lavoro degli infermieri e dei sanitari all’esterno della struttura pubblica, come opera caritatevole di incremento dei guadagni, a far cambiare la tendenza. L’attenzione della politica verso il Ssn nel periodo pandemico e le promesse post covid sono deflagrate con i governi che si sono succeduti al Conte 2.

Anche la medicina del territorio, le case di comunità e gli ospedali di comunità segnano il passo prive di una congrua dotazione di personale e lo sviluppo della telemedicina è di là da venire. La stessa medicina generale soffre al pari delle altre specialità di un numero ridotto di medici generalisti e del mancato adeguamento alle richieste del territorio. In questo, la figura del medico di base svilita da anni di imperdonabile abbandono, costretto ad abdicare alla sua professionalità e a districarsi tra burocrazia, restrizioni prescrittive causa di rapporti conflittuali con il paziente, risulta fondamentale e va rivalutata. Soltanto abbandonando il regime privatistico tanto caro alla destra e le logiche affaristiche della sanità pubblica, con un crescente impegno finanziario e un serio coinvolgimento della politica si potrà assistere alla ripresa di quello che fu il fiore all’occhiello dell’assistenza sanitaria pubblica in Italia. Il dado è tratto! O si gettano le basi ad un nuovo progetto di sanità pubblica, o il declino sarà inarrestabile e questa destra non potrà che scrivere la parola fine al Servizio Sanitario Nazionale, consentendo agli Andreucci e ai vari Ras della sanità privata di arricchirsi sulla pelle dei cittadini.