Sanità: i tagli, la rabbia della gente e i medici di base

Nelle ultime due settimane negli studi dei medici di base si respira un’aria tesa. I pazienti, per lo più donne e uomini non più giovani, persone che non dispongono di grandi entrate e che a vita dovranno assumere farmaci, hanno scoperto che alcune medicine, Tac, e vari altri esami, non potranno più essere prescritti.

Chi vuole curarsi deve pagare, e poco importa se hai una pensione minima e se devi assumere un farmaco per 365 giorni l’anno: il sistema sanitario garantisce solo 26 scatole che non coprono l’intero arco di tempo. Il resto? Lo paghi di tasca tua.

Capita la situazione, molti trovandosi di fronte i medici di base più che il ministro della sanità, hanno inveito contro i propri medici. In diversi studi di Cosenza, ad esempio, in molti casi è stato difficile contenere la rabbia dei pazienti, ed il commento di un medico è stato che ”dopo urla e offese per poco non si arriva alle mani, e questo accade spesso”.

Data la situazione cosa stanno facendo i medici? Per il momento, almeno qui, ci sono state delle assemblee, dei comunicati e dei volantini affissi negli studi medici dove ai pazienti viene spiegato che a causa dei cambiamenti introdotti dal ministro Lorenzin parte dei farmaci e degli esami prima prescrivibili non lo sono più, e che i medici solidarizzano con i loro pazienti e cercano di fare il possibile per protestare. Di fatto poi, almeno per il momento, tutto questo disagio è rimasto chiuso nei singoli studi.

Intanto i media ci bombardano con discussioni sui diritti di questo e quello, sul sacro valore della famiglia, quello delle bimbi, etc. etc., poi però di fatto consegna alla morte lenta, per incuria, migliaia di persone. Vista la situazione sarebbe più che mai urgente aprire dei tavoli di confronto a livello cittadino sulla questione della sanità pubblica. In ogni città, quartiere, borgo, sarebbe utile riprendere parola sul valore del benessere comune, e su altre forme di organizzazione e di reazione.