Sanremo 2022, 4 cose memorabili (e 3 da dimenticare)

di Gianni Sibilla

Fonte: Rockol

Sanremo 2022 verrà ricordato per gli ascolti altissimi, il trionfo di Amadeus e ovviamente per la vittoria (annunciata) di Blanco e Mahmood.
Un festival dall’andamento regolare, persino prevedibile: non c’è stato un evento di quelli di cui si parlerà a lungo, come la litigata Bugo-Morgan. Tutto molto tranquillo, alla fine. Il livello delle canzoni, a parte alcune eccezioni, mi è sembrato un po’ più basso dell’anno scorso. Ma per quel che vale, alla fine stanno andando bene: il rapporto tra il Festival e le classifiche, che solo qualche anno fa sembrava irrecuperabile, si è ormai rinsaldato. Così, proviamo a tirare le somme di questa edizione, con alcune cose memorabili, altre decisamente meno.

Da ricordare (1): il medley di Cesare Cremonini

Il momento più bello dal punto di vista musicale e televisivo. Un repertorio enorme (da “Nessuno vuole essere Robin” a “Logico”) messo in scena in maniera spettacolare per scenografia, regia, facendo sembrare enorme l’Ariston.
Cesare si è portato la sua squadra (GiòForma, che ha curato il suo tour e i Maneskin ad Eurovision) e i risultati si sono visti, dai Portici di Bologna sul palco all’esplosione finale era un altro mondo.

Da dimenticare (1): Il fantasanremo ovunque

Per dirla con Elvis Costello: “It was a fine idea at the time, now it’s a brilliant mistake”. Alla terza citazione di papalina e di Zia Mara era già diventato tutto cringe, come si dice oggi.

Da ricordare (2): Blanco e Mahmood, Truppi, Elisa, Dargen

“Brividi” di Blanco e Mahmood, una spanna sopra a tutti, da subito. Giovanni Truppi, con un pezzo splendidamente fuori contesto (l’abbiamo votato al premio della critica). Elisa e Dargen D’Amico. Oltre a La Rappresentante di lista, ma n molto altro che abbia voglia di ascoltare finita questa settimana. In definitva, un bel cast molte ma canzoni medie: viva il rinnovamento generale, purché non significhi sentire cose come il pop riciclato di Ana Mena. A parte quelle citate sopra, non mi sembra un’edizione che passerà alla storia per le canzoni.

Da dimenticare (2): La nave

Una cosa poco divertente che spero non vedremo mai più, per parafrasare il grande David Foster Wallace. Esibizioni in playback in un teatrino, a beneficio di uno sponsor: non bastava neanche l’ironia di Orietta Berti, per salvare una cosa così trash… Rovazzi che fa il pianobar nella finale è il riassunto di questa roba terribile.

Da ricordare (3): Le cover di LRDL e Morandi/Jovanotti

“Be my baby” elettronica de La Rappresentante di Lista, un gioiello originale e rispettoso allo stesso tempo: vi prego, pubblicatela! Il medley Morandi-Jovanotti è stato un gran momento di televisione musicale, ed è uno di quelli che rimarrà. Emozionante anche il trio Truppi-Capossela-Pagani. Per il resto, a parte il disastro Grignani-Irama, diverse sembravano un po’ improvvisate, se non azzardate. Poi: perché quelle internazionali? Vero che ci hanno regalato bei momenti (la già citata “Be my baby” o “Baby one more time” di Emma-Michielin), ma allora vale tutto: certe scelte c’entravano davvero poco con il Festival.

Da dimenticare (3): la regia

Soprattutto quella della prima serata, poi decisamente meglio, ma con parecchi svarioni su performance importanti. Fate un esperimento: guardate il passaggio dei Maneskin a Eurovision Song Contest e quello di quest’anno al Festival (quello dell’anno scorso non si può più vedere).Questione di gusti: preferisco nettamente una regia lineare piuttosto che una così veloce: mi sembra penalizzi le canzoni e faccia perdere una parte del racconto.

Da ricordare (4): “Poco ricco”

Non ho un’opinione precisa su Zalone: alcune volte mi fa ridere, altre volte mi sembra una versione appena un po’ più accettabile di Pio e Amedeo. Ma la presa in giro della trap di “Poco ricco” era davvero notevole: tutti gli stereotipi del genere in pochi minuti.