Sanremo, l’inno alla libertà di Roberto Benigni: “Evviva l’Articolo 21”

Mancava dal Festival di Sanremo dal 2020, quando recitò Il Cantico dei Cantici e citò Oscar Wilde, e sarà per questo che tutti aspettavamo Roberto Benigni con curiosità ed euforia, esattamente come quando, dopo aver vinto l’Oscar nel 1997, aveva il potere di risollevare gli ascolti di tutti i programmi televisivi nei quali si affacciava come ospite. Oggi, in occasione della prima serata del Festival, Benigni ritorna, e lo fa nel segno di un suo caro e vecchio cavallo di battaglia: la Costituzione, di cui nel 2023 cadono i 75 anni. «Cosa c’entra la Costituzione con Sanremo, direte voi? In realtà c’entra moltissimo, perché la Costituzione è legata all’arte: sì, la Costituzione è un’opera d’arte che canta», spiega Benigni dal palco dell’Ariston rivolgendosi sia al pubblico del teatro e a casa e sia al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che dal palchetto lo osserva rapito dalle sue parole. Dopo aver scherzato sul suo secondo mandato – «Amadeus è al quarto, vuole arrivare a Quota Cento, domani vorrà organizzare la marcia su Sanremo» -, il monologo entra nel vivo proprio grazie alla Costituzione.

Sanremo 2023 Roberto Benigni «Prima della Costituzione non ci sarebbe potuto essere il Festival»
DANIELE VENTURELLI/GETTY IMAGES

«La Costituzione è un canto alla libertà e alla dignità dell’uomo: ogni parola sprigiona una forza evocativa e rivoluzionaria esattamente come le opere d’arte. La Costituzione è uno schiaffo al potere, ci mostra una realtà diversa, ci dice che possiamo vivere in un Paese che sia giusto e bello, in un mondo senza violenza, in un mondo in cui l’arte ci fa sognare», racconta Roberto Benigni scandendo le parole, ipnotizzando la platea come se in quel momento fossero le sue parole a guidare l’anima e il cuore del racconto. «La Costituzione è un sogno fabbricato da uomini svegli. Se c’è una canzone di Sanremo da accostare alla Costituzione quello è l’incipit di VolarePenso che un sogno così non ritorni mai più. I padri e le madri costituenti, infatti, non l’hanno pensata: l’hanno sognata. L’hanno scritta in pochissimo tempo: è stata una folgorazione, una visione, un miracolo», racconta il Premio Oscar prima di dare una frecciatina ai politici di oggi.

Sanremo 2023 Roberto Benigni «Prima della Costituzione non ci sarebbe potuto essere il Festival»
DANIELE VENTURELLI/GETTY IMAGES

«Erano 556, tutti di partiti diversi. Divisi su tutto esclusa una cosa: essere uniti per scrivere la Costituzione più bella che si potesse immaginare. Per la prima volta nella storia del diritto non ci si è rivolti alla società del presente, ma al futuro. Anche noi dobbiamo avere l’audacia di frequentare il futuro con gioia. Se l’avessero adottata in altri Paesi non esisterebbe più la guerra sulla faccia della terra: noi italiani l’abbiamo scritta». Dopo aver scherzato con Mattarella definendo la Costituzione sua sorella per via di suo padre, Roberto Benigni si avvia alla conclusione del monologo citando il suo Articolo preferito: l’Articolo 21, «scritto con un linguaggio così semplice che sembra scritto da un bambino». «L’articolo dice: tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. È il più semplice e il più forte: prima della Costituzione non si poteva pensare liberamente, e non si poteva fare Sanremo. C’era una sola canzone, sempre la stessa: il partito, il potere. L’Articolo 21 ci ha liberati dall’obbligo di avere paura. Prima della Costituzione l’avevamo». L’ultima pagina della Costituzione è bianca, nota Roberto Benigni.

«I nostri padri e le nostre madri costituenti dicevano che ora tocca a noi: siamo vivi ora, è nostro tempo. I costituenti non potevano scrivere quella pagina perché sapevano che dovevamo scriverla noi con la nostra vita, vivendola. La Costituzione è stata scritta ma deve essere attuata. Non è solo da leggere, ma bisogna viverla, amarla, sentirla propria, farla entrare in vigore ogni giorno. Voi mi direte: è un’ideale, una chimera, un’illusione, un sogno? I nostri padri ci hanno mostrato il cammino, e a noi hanno lasciato una sola cosa: far diventare il nostro sogno realtà». Applausi, standing ovation, brividi a teatro e a casa e una rassicurazione a Mattarella ma anche un po’ a tutti noi: «La serata sarà lunga, ma può non vederla tutta. Può sempre lasciarla a metà». In realtà se n’è andato subito, al primo blocco pubblicitario, come rivelerà Fiorello tra il serio e il faceto a notte ormai fonda….