Scalea verso il dissesto, tutta la verità sui 13 milioni spariti nel nulla (di Saverio Di Giorno)

di Saverio Di Giorno

Fonte: Il Meridione

Questa è la prima parte di una storia in parte già conosciuta. I nuovi elementi (a disposizione delle autorità che vogliano acquisirli) e i fatti più recenti permettono però di leggerla in maniera differente.

Martedì 3 marzo la Corte dei Conti si pronuncerà sullo stato del Comune di Scalea per decretarne probabilmente il definitivo fallimento. È una situazione che accomuna svariati comuni dell’Alto Tirreno cosentino e questa è la domanda fondamentale dalla quale partire: è una casualità che tutti questi comuni si trovino in questo stato o siamo di fronte ad un “sistema” consolidato e studiato scientemente?

Alla luce del dissesto, bisogna riscrivere il ruolo di alcune inchieste (Plinius su tutte) che non è stato solo quello di pulire un luogo marcio. Ci sono nuovi elementi (tra cui un’intera intercettazione) sfuggiti, forse, anche a qualche procura, per cui bisogna tornarci. La storia di Scalea e delle sue vicende giudiziarie è un manuale per leggere un modello di amministrazione e di giustizia che si può applicare a tante altre città della costa fino a Cosenza.

I nostri “35 lettori” perdoneranno il fatto che per capire un vero e proprio sistema e cosa c’entra un dissesto con un’operazione giudiziaria occorrerà procedere per passi lenti e all’inizio almeno un po’ tecnici.

Il buco nero che si trova dentro gli uffici di Scalea sarebbe da decine di milioni di euro. Un buco del genere non si fa in poco tempo e soprattutto non si limita ai famosi 13 milioni spariti. Esiste una commissione speciale costituita su proposta del Gruppo Scalea Libera del 2013. Ha ricostruito tutta la vicenda del fallimento “Tributi Italia”, la società addetta appunto ai tributi. È dal 1997 che la gestione dei tributi è affidata (quasi sempre senza bando) a società esterne, il primo fu un tale Francesco Furchi. Al termine del suo incarico nel Comune sparirono due computer e ora l’uomo dovrebbe trovarsi in carcere accusato dell’omicidio di un consigliere comunale di Torino.

Poi, la gestione passò alla Ausonia che diventò San Giorgio. E già in questo periodo si verificarono mal funzionamenti nella gestione (le “cartelle pazze”). Dopo altre trasformazioni, si arriva al 2008, quando vengono esplosi alcuni colpi di pistola a quella che è ormai la Tributi Italia. In questi anni, le avvisaglie di ammanchi vari si sono susseguite senza che mai il Comune ne chiedesse conto, anzi, furono scelte giustificate secondo il dott. Maisto. Di fatti, l’amministrazione tributaria era nelle mani di un tale Giuseppe Saggese, famoso per aver fatto fallire anche il Comune di Pomezia e, quasi, quello di Bologna.

Questo per quanto riguarda il sistema di riscossione che però non è l’unica causa dell’attuale situazione. Il risultato di tutto questo è stato oltre il buco milionario, una totale mancanza di dati per poter capire chi ha pagato e chi no. Chi ha pagato più volte e chi mai. “Gli stessi ex dipendenti dell’Ausonia e delle altre cessionarie, ricordano oggi l’impossibilità di completare le liste dei contribuenti per l’ostruzionismo dei dirigenti di quelle ditte private”. Ora le cose sono due: o per 20 anni ci sono stati incompetenti, oppure è un sistema studiato per favorire qualcuno… ma chi?

E in questo senso, l’ex consigliere Renato Bruno ha qualche elemento interessante. Ma c’era già qualche indicazione nella commissione: secondo i consiglieri Manco e Bergamo “sembra fosse consentito a molti cittadini-elettori chiedere agli amministratori comunali di eliminare il proprio nominativo dal data base dei programmi delle ditte cessionarie del servizio riscossione, oppure di cancellare quel determinato tributo da pagare, soprattutto in occasione delle campagne elettorali.” Voci di popolo. Forse.

L’ex consigliere ha avuto accesso, dopo svariati tentativi, a diversi atti e snocciola numeri e nomi. Il sistema si perpetua tutt’oggi. Ci sono alcuni milioni che mancano da parte delle strutture alberghiere, però alcuni proprietari hanno ruoli di rilievo all’interno degli uffici, a volte proprio degli uffici preposti al controllo o alla gestione di queste materie. “Si potranno mai auto-notificare un atto?” – si chiede provocatoriamente Bruno. Strutture alberghiere che hanno recepito finanziamenti regionali. C’è poi un’indagine della Guardia di Finanza per quanto riguarda il demanio che non si sa che fine abbia fatto.

Come è stato possibile perpetrare questo per anni? È la famosa “finanza creativa” e cioè considerare come parte attiva di bilancio soldi che effettivamente non ci sono. Cioè considerare come in cassa soldi ancora da riscuotere e che forse arriveranno. Questo giochino è stato utilizzato da quasi tutti i comuni ed è quello che distrutto il Comune di Cosenza. Grazie a questo giochino e grazie alla complicità delle banche detentrici delle tesorerie (e dove sono correntisti magari anche i tecnici e i vari amministratori) che continuavano a prestare si sono potuti gestire pacchetti di voti e creare fidelizzazioni.

Il concetto di “povertà voluta” di Bruno a questo punto diventa chiaro. Il sistema burocratico è reso inaccessibile da mancanza di dati e malagestione, in maniera che un cittadino deve per forza di cose chiedere al funzionario di turno e sperare che gli risolva la situazione creando un rapporto di dipendenza utile in periodi elettorali. Altri, determinati altri, invece possono non aver pagato mai. Per di più, aggiunge, “un cittadino che magari ha pagato ma invece per il comune no, non potrebbe neanche candidarsi se volesse”. È un’ipoteca gigantesca sulla reale presenza di una democrazia.

L’attenzione si sposta quindi dai sindaci ad un esercito di funzionari comunali e regionali che restano seduti al loro posto anche al ricambio di un’amministrazione. Sono loro le vere leve del potere. I sindaci, come si vedrà, possono essere “tolti di mezzo” in qualsiasi momento e a volte sono oggetto di ricatti. E proprio alla luce del dissesto e di alcune parole pronunciate dall’ex sindaco Russo, la famigerata operazione Plinius acquista tutta un’altra luce.

1 – (continua)