Shoah e nuovo razzismo (di Pasquale Aiello)

di Pasquale Aiello

Tra le pagine più buie della storia dell’Europa ce n’è una che avremmo voluto non fosse mai stata scritta perché rappresenta un orrore senza fine e che risponde al nome Shoah, riportandoci agli anni tra il 1933-45 quando il regime nazista ideò il più grande sterminio sistematico e scientifico della storia, quello contro gli ebrei.

Soprattutto contro gli ebrei. Ma nei campi di concentramento, migliaia, sparsi in tutti i paesi d’Europa occupati dai nazisti o collaborazionisti, tra cui anche l’Italia, sono finiti anche tutti gli ‘indesiderabili’ zingari, omosessuali, oppositori politici e diversamente abili. Un olocausto reso possibile dai sentimenti razzisti e antisemiti che si propagarono in tutta Europa, per colpa dell’indifferenza e, purtroppo, anche una certa partecipazione attiva dell’opinione pubblica, che cedette a una politica dell’odio, ben presto trasformatasi in sterminio. Una politica cosparsa di becero razzismo sul quale si costruivano tesi contro l’uomo e argomenti falsi sulla inferiorità di alcuni popoli. Fu messa a punto una macchina burocratica infallibile capace di scovare gli ebrei uno per uno, casa per casa. Una incomprensibile discriminazione umana, ma che non era sufficiente.

Ai nazisti occorreva trovare una soluzione finale per la loro tragica strategia di creare una razza superiore. Anche l’Italia, purtroppo, contribuì a tutto ciò. Dal 1938 al 1945, infatti un fascista criminale di nome Mussolini, dopo avere firmato il “patto d’acciaio” con Hitler fece emanare dal suo governo leggi antisemite e razziste che resero molto dura e difficile la vita degli ebrei anche in Italia deportandoli nei lager europei.

Tra loro Liliana Segre, partita dal binario 21 della stazione di Milano, poi sopravvissuta e attualmente senatrice a vita. Auschwitz, uno dei campi di sterminio più grandi, paradigma della Shoah, dove i prigionieri venivano segnati con un numero sulla pelle e un segno distintivo sulla giacca, cancellando loro per sempre la propria identità e insieme la dignità di uomo. Quel campo rappresentò il male assoluto, l’azzeramento della natura umana, uomini senza più sofferenze, senza più speranze e senza più sogni prima di andare a fare la ‘ultima doccia’ non con l’acqua, ma col gas.

Alla luce di come vanno oggi le cose in Europa e non solo, viene da pensare che tutti gli sforzi che ogni anno si producono per ricordare o meglio per non dimenticare, non stiano producendo grandi risultati se di nuovo oggi si ripresentano fenomeni che fomentano l’odio razziale con una opinione pubblica che non se ne accorge o magari, ancora una volta si gira dall’altra parte. Forse si sta scadendo nella spettacolarizzazione di questa ricorrenza del 27 gennaio e ciò ci fa perdere ogni comprensione di quello che è stato. Forse ha esaurito il suo scopo questa commemorazione, se non riusciamo a fare uno sforzo collettivo per incastrare nel presente il ricordo dell’olocausto e rapportarlo con le nuove fisionomie del razzismo che rischiano di mutare in peggio l’Italia e trascinarla di nuovo nel baratro.