“Six Towns”: il pentito Oliverio racconta l’esecuzione di Antonio Silletta

Il pentito Francesco Oliverio, dopo aver rivelato ai magistrati della DDA di Catanzaro il movente dell’omicidio di Antonio Silletta, il macellaio 36enne di San Giovanni in Fiore che era rimasto legato al boss Guirino Iona, spiega nei particolari l’esecuzione del delitto.

OLIVERIO decideva di coinvolgere nel piano omicidiario altri sodali di maggiore affidabilità e di comprovata fedeltà al capo locale, indicando cosi tutti i correi nel fatto delittuoso secondo lo schema di qui appresso sintetizzabile:
DIANO Domenico unitamente a BLACONA’ Antonio, SPINA IACONIS Paolo e TORNICCHIO Andrea avevano il compito di attirare SILLETTA in un terreno nella sua disponibilità in Località Troncone agro di Caccuri con una scusa, cioè quella di fargli vendere un vitello e successivamente aiutare il capocosca OLIVERIO a recuperare e sbarazzarsi del cadavere;
– OLIVERIO Francesco accompagnato da MARRAZZO Agostino, di Francesco, fratello di quel MARRAZZO Sabatino, alias il Gialletto, che aveva propugnato l’esecuzione di SILLETTA dopo averne ricevuto la richiesta estorsiva a nome di IONA Guirino, con il compito di procedere materialmente all’agguato.

In merito alla fase esecutiva del delitto, raggiunto il luogo in cui i sodali conducevano con la scusa della vendita di un vitello il SILLETTA, Francesco OLIVERIO riferiva di aver esploso dapprima un colpo di fucile contro la vittima, la quale rispetto a lui era di tre quarti di spalle, in procinto di voltarsi verso il tiratore.

SILLETTA, all’esplosione della fucilata da parte di Francesco OLIVERIO, si è accasciato al suolo.

Il boss pentito, posato il fucile, ha immediatamente afferrato SILLETTA per i capelli e gli ha sparato alla testa con la pistola semiautomatica cal. 7,65 che portava nella cintola proprio nel momento in cui questi stava tentando di rialzarsi in piedi.

A specifica richiesta il collaboratore ha precisato di aver colpito SILLETTA con la sua pistola alla testa, esattamente nella zona parietale destra in direzione dall’alto verso il basso, dando altresì atto che il colpo esploso alla testa ha procurato un foro d’uscita del proiettile sulla guancia sinistra.

Francesco Oliverio
Francesco Oliverio

Esploso il cosiddetto colpo di grazia alla testa, il pentito non ha esploso ulteriori colpi con la sua pistola semiautomatica calibro 7,65 in quanto la stessa si era inceppata. Per cui, sicuro del fatto che SILLETTA giacesse ormai senza vita al suolo, OLIVERIO ha scarrellato l’arma per disincepparla e ripristinatone il funzionamento ha messo la pistola in sicura riponendola quindi nuovamente nella cintola.

Certo della morte di SILLETTA, Francesco OLIVERIO riferiva di essersi allontanato dal corpo e dagli astanti che nel frattempo si stavano facendo prendere dall’agitazione.

Effettuata una minzione poco distante nel fare ritorno ha esploso altri colpi di pistola, questa volta utilizzando il revolver calibro 38 che aveva al seguito. Il collaboratore ha precisato, quindi, di aver sparato nuovamente contro il corpo senza neppure mirare, tanto che ha ipotizzato di averlo colpito ad un fianco in termini di assoluta incertezza.

Francesco OLIVERIO riferiva altresì di essersi fatto aiutare da DIANO Domenico, BLACONA’ Antonio e SPINA IACONIS Paolo a caricare il cadavere di SILLETTA sulla stessa vettura appartenutagli ed a bordo della quale era giunto sul luogo dell’agguato.

Il collaboratore di giustizia ha precisato che il cadavere era piuttosto pesante e che insieme ai complici lo ha caricato sul sedile posteriore del veicolo fuoristrada. Caricato il cadavere, Oliverio ha congedato i tre complici dicendo loro di andare via a bordo della 147 con la quale erano arrivati mentre lui si sarebbe allontanato con la vettura di SILLETTA per occultarne il corpo.

OLIVERIO ha ordinato ai sui sodali di andare via per una strada secondaria diversa da quella che avevano percorso all’andata e di attenderlo e consumare qualcosa da bere all’hotel ristorante “La Presila” di Cerenzia dove peraltro alloggiava DIANO Domenico con la sua fidanzata.

agostinoDate le disposizioni ai suoi sodali, OLIVERIO a bordo della macchina di SILLETTA si è allontanato ritornando sui suoi passi e quindi transitando nuovamente nelle vicinanze di Agostino MARRAZZO che era rimasto ad attenderlo nascosto dalla vegetazione.

Nel transitare accanto a MARRAZZO, il quale aveva ben udito il rumore degli spari ed aveva compreso che l’azione era stata portata a termine con successo, OLIVERIO gli ha fatto cenno di seguirlo con la Fiat Punto mentre lui trasportava il cadavere sino alla zona ove poi è stato rinvenuto. Il pentito ha dichiarato che durante il tragitto si è sbarazzato delle due pistole utilizzate gettandole sul retro dell’abitacolo della vettura fuoristrada mentre ha tenuto con se il fucile.

Il fucile a canne mozze con il quale ha fatto fuoco contro SILLETTA non doveva essere abbandonato per due ordini di ragioni: il primo è che si trattava di un ricordo, in quanto l’arma era appartenuta a Carmine Arena; il secondo è che a differenza delle pistole il fucile poteva essere facilmente modificato limandone il percussore e rendendolo così non più ricollegabile alle cartucce esplose in caso di esame balistico.

Giunto in Località Fontana, sempre seguito a breve distanza da Agostino MARRAZZO, OLIVERIO è sceso dalla vettura fuoristrada, ha aperto la bombola del gas che SILLETTA trasportava avendola caricata quello stesso giorno, ha dato fuoco a delle stoppie ed ha appiccato il fuoco alla vettura allontanandosi poi dalla zona a bordo della Fiat Punto rossa condotta da MARRAZZO.

Lungo il tragitto che i due hanno seguito per recarsi all’hotel “La Presila”, ove attendevano DIANO, BLACONA’ e SPINA IACONIS, OLIVERIO ha ritenuto più saggio liberarsi del fucile a canne mozze occultandolo in una macchia di vegetazione con l’intento di recuperarlo in un secondo momento.

Sono le stesse dichiarazioni del collaboratore che consentono, in maniera piuttosto agevole per la verità, di escludere che il Blaconà (ma anche il Diano e lo Spina) fossero a conoscenza dei suoi propositi omicidiari.

Il Blaconà, pertanto, è del tutto estraneo alla fase ideativa del delitto, programmata e predisposta dall’Oliverio in assoluta autonomia e con il suo ignaro contributo, essendogli egli prestato a condurre il Silletta nel luogo indicato dal collaboratore, ma dove pensava che tra i due sarebbe intervenuto un semplice chiarimento (o al più qualche deciso avvertimento).

Allo stesso tempo egli, preso alla sprovvista dall’azione repentina dell’Oliverio (che senza alcun preavviso esplode ripetuti colpi d’arma da fuoco all’indirizzo del malcapitato Silletta) non partecipa neanche all’esecuzione, mostrandosi anzi particolarmente sorpreso dalla piega che avevano presso gli accadimenti.

La sorpresa tra tutti i presenti era stata tale che l’Oliverio era stato costretto ad esplodere anche un colpo di pistola nei confronti del Diano che era quello che aveva avuto la reazione più scomposta e che per tale motivo il collaboratore aveva attinto di striscio alla natica destra.

Il ritrovamento del cadavere di Antonio Silletta ha anche un tragico epilogo. L’anziana madre della vittima, Serafina Mosca, che aveva denunciato per prima la scomparsa del figlio, appena riceve la notizia del ritrovamento del cadavere, viene colpita da infarto e muore di crepacuore. Una vicenda che a San Giovanni in Fiore ha generato commozione e sgomento e della quale finalmente oggi si conoscono tutti i contorni.

2 – (fine)