Tagli al Reddito, per gli esperti sono “moralistici e punitivi”

(DI ROBERTO ROTUNNO – Il Fatto Quotidiano) – Il giudizio degli esperti sull’anticipo di “riforma” del Reddito di cittadinanza contenuto in manovra è una netta bocciatura. “Proposte che muovono da una visione moralistica e irrealistica di che cosa significhi essere occupabili”, commenta Chiara Saraceno, la sociologa che guidò il Comitato ministeriale di valutazione della misura voluto (e ignorato) dal precedente governo. E poi sono norme che “accentuano l’atteggiamento punitivo” già adottato dall’esecutivo di Mario Draghi.

La legge di Bilancio approvata lunedì notte in Consiglio dei ministri non contiene un riordino complessivo della materia, che Giorgia Meloni promette per il 2024, ma un paio di correttivi spot che vogliono dare un segnale e vanno nella solita direzione di colpevolizzare i beneficiari del sussidio. Per i percettori “occupabili” il sussidio per il 2023 potrà durare al massimo otto mesi e verrà ritirato alla prima offerta di lavoro rifiutata (oggi invece ne servono due). “Novità in contrasto con la proposta di raccomandazione Ue sul reddito minimo che non distingue in occupabili e non, dice solo che agli occupabili vanno garantite anche misure aggiuntive”, spiega Saraceno. Insomma, l’Ue dice che il sussidio va integrato con la formazione.

“Sono misure simboliche – fa notare Enrica Morlicchio, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Federico II di Napoli – ma i simboli sono importanti e queste rischiano di tradursi in un peggioramento delle condizioni di vita delle persone in difficoltà”. L’impressione è che siano frutto di un’analisi superficiale: “Ho sentito componenti del governo basare il loro giudizio su inchieste di trasmissioni televisive che intervistano percettori del Reddito che declinano le offerte. Abbiamo un ceto politico che non solo non studia i dossier ma assume come base empirica la tv”.

Morlicchio chiarisce innanzitutto come va intesa la definizione di persone “occupabili”: “Non vuol dire che possono andare a lavorare subito, alcuni di loro avranno bisogno di formazione aggiuntiva e va fatto in modo che incontrino una domanda di lavoro che non li trasformi in working poor: c’è una quota di percettori che un posto di lavoro già ce l’ha”. Si riferisce ai 173 mila beneficiari del Reddito di cittadinanza che risultavano occupati nell’ultima rilevazione di giugno 2022. Sempre più spesso, infatti, la povertà è conseguenza proprio di impieghi mal pagati: “In alcuni casi è stato lo stesso mercato del lavoro a mettere questa gente nelle condizioni di chiedere il Rdc”.

Tra tutte le novità, quella che appare meno sensata è appunto la riduzione a otto mesi per i 400 mila nuclei con persone ritenute occupabili. “Non ha senso – sostiene Elena Granaglia, che insegna Scienze delle Finanze a Roma Tre – è un’altra forma di punizione”. Giudizio simile a quello di Cristiano Gori, ordinario di Sociologia all’Università di Trento: “Non si capisce perché se uno è povero per dodici mesi debba essere assistito per otto mesi”. Va ricordato che questo stop colpirà anche quelle persone che non avranno ricevuto alcuna offerta di lavoro.

Andranno visti bene i dettagli, dove, com’è noto, si nasconde il diavolo: “Bisogna capire se si viene considerati occupabili nel momento in cui scatta un’offerta di lavoro – si chiede Granaglia – o se basta la semplice potenzialità. E poi vorrei capire con quali requisiti un’offerta sarà considerata congrua, visto l’enorme impatto che questo aspetto avrà sulla vita delle persone”. E ancora “la possibilità di cumulare il Reddito con impieghi stagionali fino a 3.000 euro potrebbe essere positiva, ma non si capisce perché limitarla a una categoria”. Circostanza che fa pensare a una norma scritta per strizzare l’occhio alle imprese del turismo.

L’ossessione di mettere in concorrenza il lavoro coi sussidi è tra l’altro un fenomeno tutto italiano. “L’Unione europea – dice Morlicchio – suggerisce per gli occupabili che in aggiunta al sussidio sia garantita formazione professionale. In aggiunta, non in alternativa al sussidio”. Tanto più se il nostro sistema economico produce lavori a bassissimi salari: “In Italia, tra le famiglie con persone che lavorano almeno sette mesi nell’anno, il 12% è in povertà – scandisce Granaglia – e già questo ci ricorda che il lavoro non sempre è la via d’uscita”.

Viste le premesse, c’è da capire che cosa aspettarsi nel 2024, quando il governo avrà abolito per intero il Reddito di cittadinanza e costruito un nuovo strumento limitato ai “non occupabili”. “L’idea di prendersi tempo è positiva – dice Gori – ci si augura che sia ben speso. Dall’altra parte, a questo punto, meglio non fare nulla fino al 2024, piuttosto che queste misure simboliche approvate già per il 2023”.

Secondo Elena Granaglia, l’attuale legge non ha bisogno di una completa riscrittura, ma solo di alcuni correttivi nei difetti da sempre rilevati dagli esperti: “Serve solo un po’ di manutenzione, per esempio sulle scale di equivalenza (meccanismo per cui il sussidio cresce a seconda della grandezza della famiglia) e sulla quantificazioni dei patrimoni. Più sarà grande la riforma, più rischia di essere peggiorativa”.