Terme Luigiane, corruzione e voto di scambio: il ruolo di Peppino Aieta e il “tavolo” dal prefetto

La farsa delle Terme Luigiane va avanti senza soluzione di continuità ormai da troppo tempo. Nel 2019, nell’approssimarsi delle elezioni regionali di gennaio 2020 (quelle vinte da Jole Santelli), gli attori protagonisti avevano dato vita ad un’altra puntata di questo squallido teatrino strumentalizzando i lavoratori. Stessa cosa avvenuta l’anno dopo, quando la morte della Santelli ha determinato una nuova tornata elettorale regionale. All’epoca, al netto delle cazzate propinate dai media di regime, che continuavano a parlare di 250 licenziamenti, cercavamo di spiegare la realtà dei fatti. I sindaci di Guardia Piemontese ed Acquappesa non avevano nessuna intenzione di dare il via libera alla ennesima proroga per l’azienda Sateca della famiglia di Sonia Ferrari, alias la Svampita di Lorica, elemento funzionale al Pd, che aveva inserito dentro il carrozzone delle Terme i suoi clienti e i suoi parenti.

L’ultima proroga era stata firmata nel 2015 ed era scaduta proprio nel 2020. Di conseguenza, il consigliere regionale Giuseppe Aieta – sostenuto comunque da altri suoi colleghi papponi, come per esempio Carletto Guccione detto il maialetto – e insieme a qualche sindacalista “venduto”, aveva organizzato il tragicomico tavolo dal prefetto. E per rendere più credibile questa “piazzata”, i politicanti di cui sopra avevano anche coinvolto il vescovo… E alla fine avevano centrato il risultato: proroga ottenuta e voti a volontà per tutti i patetici consiglieri regionali in quota Pd: Aieta in primis ma anche Guccione, Bevacqua e persino Di Natale. Tutti eletti grazie anche a questi voti. 

In realtà, tutti sanno che il licenziamento dei 250 lavoratori era solo uno specchietto per le allodole perché tutti erano al corrente che – al netto di tutte le chiacchiere – i dipendenti veri e propri della Sateca erano al massimo una decina mentre gli altri erano tutti stagionali e raccomandati della casta cosentina del Pd. Aieta è stato costretto a metterci la faccia perché la maggior parte dei raccomandati gli appartenevano ma non scherzava neanche quella brutta magara di Madame Fifì.

Carletto il maialetto e Morcavallo l’evasore

I sindaci di Guardia ed Acquappesa avevano già fatto presente che proroghe non se ne potevano fare più ma Aieta e tutto il Pd (compreso Guccione, che in questo caso non manda a cagare Palla Palla e Madame Fifì…) avevano insistito perché, in vista delle scorse Regionali, la Svampita e la sua azienda servivano per accumulare qualche voto in più e piazzare per la stagione estiva un gruppetto di persone a 50/60 giornate di lavoro, in maniera da fare la figura degli “eroi”. Ma non solo: l’ultima ridicola proroga aveva significato continuare a gestire le Terme e la proprietà con quattro soldi…

Tuttavia, qualcosa era andato storto per tutti questi papponi e il procuratore di Paola Pierpaolo Bruni, ad un anno esatto da quella proroga, aveva rotto gli indugi. Aieta era stato ufficialmente indagato per corruzione e voto di scambio e, in un caso assieme ad alcuni dipendenti delle Terme Luigiane, per la promessa di procacciare voti in suo favore si sarebbe impegnato per ottenere la proroga della sub concessione dello sfruttamento delle acque termali delle Terme Luigiane. E per lui ieri è scattato il divieto di dimora in Calabria. Assieme a lui risultano indagati anche Pino Capalbo sindaco di AcriEmilio Morelli, marito di una consigliera comunale di Roggiano Gravina; e il sindaco di Longobucco Giovanni Pirillo. A loro, per l’accusa, Aieta avrebbe promesso l’assunzione o la permanenza nella struttura regionale dopo la rielezione.

Tutto come da copione, dunque, con la variante imprevedibile rappresentata dal magistrato che vuole vederci chiaro. Eccome se vuole vederci chiaro. Nel frattempo, un partito onesto e che si rispetti avrebbe negato la candidatura a questo soggetto e invece Peppino Aieta si era ricandidato con il Pd nonostante le gravi ipotesi di reato a suo carico e nessuno – neanche quel quaquaraquà di Carlo Tansi – aveva agitato contro di lui il tragicomico “Codice etico”. Così come non è bastato ad Aieta per tirarsi fuori dai guai buttarsi mani e piedi con Renzi e Calenda. Anzi, forse è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso… Una specie di autogol.