Torna in edicola l’Unità: sì, ma quale? E Gramsci si sta già rivoltando nella tomba

RIFLESSIONE DI UN VECCHIO LETTORE DE L’UNITA’. DALL’ETA’ DI 14 ANNI.

TORNA IN EDICOLA  L’UNITA’. SI, MA QUALE L’UNITA’?

di Pino Tassi

Quella che torna in edicola il 16 Aprile non è di certo l’Unità  di Antonio Gramsci. Non è neppure l’Unità che da giovane portavo, come altre decine di migliaia di iscritti al PCI, la domenica mattina nelle famiglie italiane. Non è il giornale su cui si sono formati  milioni di gente umile. Non è L’Unità che salutò Enrico Berlinguer con “CIAO ENRICO”  a nove colonne. Non è neppure l’Unità di Furio Colombo e di Antonio Padellaro che riportarono il giornale alle vecchie glorie arrivando alla  tiratura di oltre centomila copie. Quella che nasce il 16 aprile è l’Unità dell’imprenditore Romeo che ha acquistato la testata all’asta per 910 mila euro, affidando la direzione a Piero Sansonetti.

Michele Serra definì il primo fallimento de l’Unità un delitto perfetto. Al capezzale de l’Unità si sono succeduti in quasi 20 anni di travaglio, per limitarci alla privatizzazione del giornale,  imprenditori  su imprenditori, da Alfio Marchini a Alessandro Dalai, a Renato Soru, fino ad arrivare al 2014 quando la EYU srl, emanazione della fondazione del Partito DemocraticoEYU, ne rileva il 19% del capitale. L’ 80% del capitale è della  Piesse, società  di Guido Stefanelli,  che diventa amministratore delegato del quotidiano, e Stefano Pessina.  Memorabile il servizio di report sui presunti intrecci tra la Pessina costruzione, l’Unita’ e appalti in Kazakistan.

Esulta in primis Matteo Renzi, allora segretario del PD: Riportare l’Unità in edicola “era un mio impegno personale, oggi è una promessa mantenuta”.  Esulta Il nuovo direttore  Erasmo De Angelis che dichiarava: “L’Unità torna in edicola il 30 giugno 2015. Il quotidiano – che domani uscirà in 250 mila copie in una veste grafica che privilegerà le immagini e un approccio editoriale che punterà sui grandi racconti del mondo e l’analisi”. L’avventura di De Angelis finisce nell’autunno del 2016 quando viene sostituito da Sergio Staino e Andrea Romano. I grandi progetti annunciati da Matteo Renzi e Erasmo De Angelis si trasformano in una catastrofe unica, delle 60 mila copie stampate vengono vendute solo 8 mila copie. A gennaio del 2017 l’amministratore delegato Guido Stefanelli  preannuncia un nuovo aumento del capitale e soprattutto che bisognava “procedere immediatamente con una riduzione del personale senza percorrere la strada degli ammortizzatori sociali” (licenziamenti). Nonostante licenziamenti e ricapitalizzazione la situazione precipita sempre di più e anche Andrea Romano e Staino devono lasciare il campo. La situazione è così drammatica che dal 30 maggio il giornale esce solamente online e poi dal 1° agosto chiude anche il sito. Fino ad arrivare alla sentenza di fallimento del luglio 2022 da parte del Tribunale di Roma che dispone la messa all’asta della testata.

Il 22 novembre 2022 il Gruppo Romeo, dell’imprenditore Alfredo Romeo, vince la gara fallimentare del Tribunale di Roma offrendo 910 000 euro. E siamo all’oggi. Se è vero che in Italia, e ovunque, considerato lo straordinario processo di concentrazione economica, non esistono editori puri, Romeo spicca per “impurità”, nel senso della varietà dei suoi affari, oltre che per la condanna, in primo grado, a due anni e sei mesi, per corruzione in uno dei filoni della maxindagine sul caso Consip. Una vicenda nella quale è emersa anche l’estrema competitività tra i soggetti che vogliono accaparrarsi appalti pubblici, in particolare la rivalità tra Romeo e Verdini, ma su cui si pronuncerà il tribunale di secondo grado.

Torniamo a L’UNITA’.  Ieri Piero Sansonetti presentando l’ennesimo ritorno in edicola con la nuova proprietà si è fatto trasportare dall’entusiasmo: «Torna l’ Unità, torna Gramsci». E’ dalla fine della direzione di Colombo e Padellaro voluta dai dirigenti dell’epoca del Pd perché poco ubbidienti alla linea politica che si passa da imprenditori a imprenditori, da direttori a direttori, da dichiarazioni roboanti a fallimenti clamorosi. Adesso scende in campo il duo Romeo/Sansonetti. I migliori auguri vanno indirizzati anche se lo scetticismo è tanto. Nei fallimenti delle varie proprietà de l’Unità  Sansonetti non ha alcuna colpa perché non c’era. Sansonetti è stato capo redattore e vice direttore quando il giornale era guidato da Walter Veltroni e Calderola ed il giornale ebbe una stagione felice di iniziative editoriali interessanti. Dopo quell’esperienza i risultati non sono stati soddisfacenti. Sorvoliamo sull’esperienza al giornale Liberazione, organo di rifondazione Comunista, giornale finito in dissesto e economico, di certo i recenti risultati alla guida di altre testate non sono delle credenziali che lasciano ben sperare: Calabria Ora e l’Ora di Calabria, Il Garantista, il Dubbio… Il viatico degli ultimi anni non è dei migliori. In ogni occasione presentazioni in pompa magna e propositi altisonanti. Poi la dura realtà di vendite sotto le aspettative, di piani di ristrutturazioni, di polemiche e dimissioni.

Per ritornare a l’Unità. Romeo ha acquistato solo la testata de L’Unità, e non l’azienda. Giuridicamente non ha alcun obbligo ad assumere il vecchio personale. Ma come si fa a parlare di rilancio della sinistra quando intorno a se ci sono solo macerie, disoccupazione e diritti negati. La vecchia azienda lascia diciassette giornalisti e quattro poligrafici della vecchia Unità senza lavoro e senza stipendio. Il comitato di redazione della vecchia l’Unità ha dichiarato: “Abbiamo appreso da organi di stampa che presso il Tribunale fallimentare di Roma si è svolta l’asta per la vendita della testata dell’Unità, il giornale fondato da Antonio Gramsci. Al Cdr e alla redazione nulla di ufficiale, ma nemmeno di ufficioso, è stato comunicato”.

“Nell’attesa di comunicazioni ufficiali – prosegue la nota – siamo costretti ancora una volta a richiamare l’attenzione sulla situazione dei 21 dipendenti (17 giornalisti e 4 poligrafici) che dal primo gennaio vivono in un limbo, senza ammortizzatori sociali e senza prospettive di occupazione. Una situazione insostenibile iniziata con la società editrice Unità srl e, a partire dal 27 luglio data del suo fallimento, proseguita con il curatore fallimentare che a tutt’oggi non ha assunto alcuna decisione sulla sorte dei lavoratori. Chiediamo dunque con forza di non rinviare ulteriormente decisioni sugli ammortizzatori sociali e sul futuro occupazionale dei dipendenti, in base alle previsioni di legge e di contratto, così da porre fine a una situazione di disagio, danno professionale ed economico”.

Il Cdr, “accertato, inoltre, che si va verso la formazione di una nuova redazione”, chiede quindi “che il nuovo editore e il nuovo direttore tengano conto delle professionalità degli attuali dipendenti che sono parte integrante della storia di questo giornale, che hanno pagato un prezzo altissimo, che hanno lottato tenacemente per tenere in vita la testata opponendosi a chi poi, per imperizia e incompetenza, l’ha condotta alla fine…”:

Non conosco gli sviluppi di questo comunicato, mi auguro che l’imprenditore Romeo  e il direttore Sansonetti abbiano incontrato questi lavoratori e li abbiano o li vogliano  coinvolti nella nuova redazione.

Una cosa però è certa. LASCIAMO STARE ANTONIO GRAMSCI, NON DISTURBIAMOLO. QUELLO E’ CAPACE DI RIVOLTARSI NELLA TOMBA. Anche perché Gramsci scriveva: “Anzitutto l’operaio deve negare recisamente qualsiasi solidarietà col giornale borghese. Egli dovrebbe ricordarsi sempre, sempre, sempre, che il giornale borghese (qualunque sia la sua tinta) è uno strumento di lotta mosso da idee e da interessi che sono in contrasto coi suoi. Tutto ciò che stampa è costantemente influenzato da un’idea: servire la classe dominante, che si traduce ineluttabilmente in un fatto: combattere la classe lavoratrice. E difatti, dalla prima all’ultima riga, il giornale borghese sente e rivela questa preoccupazione”.