Tragedia a Catanzaro. La famiglia Corasoniti e la sua storia di ordinario disagio sociale

CATANZARO – Vivevano nella solitudine e nel degrado i Corasoniti, padre, madre e cinque figli, di cui uno autistico, coinvolti nell’incendio del loro appartamento di Catanzaro avvenuto nella notte e nel quale hanno perso la vita tre fratelli (madre, padre e altri due figli di 12 e 16 anni si sono salvati ma sono rimasti ustionati gravemente). Gli inquirenti hanno escluso che le fiamme possano essere state innescate da una fuga di gas e la Procura ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per omicidio e disastro colposo. L’appartamento che ha preso fuoco si trova in uno stabile nel quartiere Pistoia, una specie di casba fatta di palazzi popolari di sei piani, tutti uguali, dove la vita scorre monotona, ogni giorno, tra bande di rom che gestiscono lo spaccio della droga. Qui il mondo sembra essersi fermato e il degrado è ovunque.

Quella della famiglia Corasoniti è una storia di ordinario disagio sociale alla periferia di una città che negli anni ha avuto enormi difficoltà a rispondere alle esigenze della fascia di popolazione più debole. La vita di Vitaliano Corasoniti e Rita Mazzei in gran parte, o almeno nelle numerose esternazioni pubbliche di cui si ha contezza attraverso gli articoli di giornale che nel tempo li hanno visti protagonisti, ruotava attorno alla figura del figlio più grande della coppia, Saverio, il 22enne deceduto nel rogo della notte tra giovedì e venerdì.
Il disturbo del neurosviluppo da cui era affetto il giovane insieme alle condizioni di fragilità sociale del nucleo familiare avevano infatti spesso indotto il padre a chiedere pubblicamente sostegno e aiuto quotidiano nella gestione della disabilità del figlio maggiore.

Nessuno tra i coinquilini ammette di conoscere la famiglia Corasoniti. Il solo a parlare è Pino Romeo, responsabile dell’associazione Un raggio di Sole. «Le loro difficoltà economiche erano note a tutti. Ogni mese facevamo visita a questa famiglia portandogli cibo e vestiario», dice Romeo. «Ci siamo fatti carico, senza nessun compenso, di portare a scuola Saverio, il figlio autistico della coppia, non senza problemi. Le prime volte è stato veramente difficile. La sua malattia lo rendeva spesso isterico e violento e ci voleva tutta la nostra professionalità per stargli accanto e tranquillizzarlo».

La tragedia di Catanzaro bisogna leggerla anche attraverso gli occhi di chi questa famiglia l’ha conosciuta e se n’è occupato in prima persona. Antonio Marziale – da poco nominato dal presidente Occhiuto garante per i diritti dell’infanzia – si era preso cura in passato dei Corasaniti. Nella triste storia di questo nucleo familiare disagiato, con un padre venditore ambulante e madre casalinga, con cinque figli da sfamare, senza sussidi, costretti a vivere spesso di offerte c’è chi, per ottenere il loro alloggio popolare, non ha esitato, cinque anni fa, attraverso minacce e furti e la distruzione dello stesso appartamento, a mandare fuori di casa i Corasoniti, costretti a cercarsi un nuovo alloggio.
All’epoca Vitaliano Corasoniti e la moglie, oltre che denunciare il sopruso subito, si sono rivolti ai servizi sociali del Comune. La risposta delle istituzioni è stata: «Non possiamo aiutarvi». «Quando all’epoca sono intervenuto – spiega Marziale – mi è stata prospettata l’ipotesi di trasferire in una struttura di Montalto Uffugo (a circa 80 chilometri di distanza, in provincia di Cosenza) madre e bambini, mentre il padre sarebbe rimasto a Catanzaro. Un’assurdità».
Dopo quell’episodio Vitaliano Corasoniti è diventato una sorta di paladino della legalità. Sempre in prima fila nelle manifestazioni pubbliche dove c’era da protestare per i diritti. Spesso anche in solitudine, senza mai, però, avere una risposta che potesse alleviare il suo disagio e quella della famiglia.

Rivendicazioni pubbliche, interviste e manifestazioni di piazza a più riprese hanno visto protagonista il 42enne, tutte occasioni in cui ha chiesto a gran voce che la storia di suo figlio Saverio non passasse sotto silenzio, momenti in cui si appellava alle Istituzioni affinché si costruisse attorno alle persone autistiche una rete di protezione sociale.

Tra le azioni di protesta, l’ultima lo scorso 8 giugno in occasione dell’arrivo, per la campagna elettorale, di Giuseppe Conte. In piazza Pola, il cartello di protesta di Corasoniti svettava in fondo alla folla. O il 4 aprile scorso, nel piazzale della Cittadella regionale, in protesta solitaria contro le Istituzioni regionali.
Molto attivi anche sui social network, Vitaliano Corasoniti e la moglie, con profili largamente aggiornati sulle principali piattaforme, da Facebook a TikTok passando per Instagram: proprio sui social emerge frequentemente il risentimento nei confronti delle Istituzioni, tanto verso quelle locali, quanto verso quelle nazionali e sovranazionali. Diversi anche i riferimenti contro la campagna vaccinale.
Ecco perché qualcuno avanza oggi l’ipotesi che l’incendio potrebbe non essere stato un fatto accidentale.
I Vigili dicono che il fuoco ha aggredito rapidamente ogni sostanza combustibile, tanto che tutto nelle sei stanze e due bagni, è andato completamente distrutto. Ieri pomeriggio arriveranno da Roma per i rilievi gli specialisti del Nia (il Nucleo investigativo antincendio).