di Mario De Vito
Fonte: il manifesto
ARTICOLO DEL 25 GIUGNO 2025
La miccia dell’ultima rissa all’interno dell’antimafia l’ha accesa l’ultima puntata di Report con un servizio sull’ex generale del Ros Mario Mori, assolto con formula piena al processo sulla cosiddetta trattativa stato-mafia, ma ancora indagato dalla procura di Firenze che tiene ancora aperto un fascicolo sulle stragi del 1993. Stando a quanto rivelato dalla trasmissione di Raitre, tra il 2023 e il 2024 la Direzione investigativa antimafia avrebbe intercettato Mori mentre, con vari interlocutori – per lo più politici, avvocati e giornalisti – parlava di come inserire alcuni consulenti all’interno della commissione parlamentare presieduta da Chiara Colosimo (Fratelli d’Italia). Così fan tutti, si dirà, ma la questione non può che fare rumore in un campo, quello dell’antimafia, del quale da almeno vent’anni si parla più a causa dei suoi veleni che in virtù dei suoi successi investigativi (con lodevoli eccezioni).
Il generale, nelle sue conversazioni intercettate, segnalava quattro nomi: il professore Giovanni Fiandaca, il magistrato Alberto Cisterna, l’avvocato Basilio Milio e il giornalista del Dubbio Damiano Aliprandi. Cosa hanno queste persone in comune? Tutti – a parte Fiandaca, che sul punto ha più volte espresso i suoi dubbi e infatti Mori lo ha subito escluso dal suo listino – sono convinti che l’indagine mafia-appalti sia il reale movente dell’omicidio di Paolo Borsellino. Una versione della storia opposta rispetto alla pista politica della trattativa tra lo stato e cosa nostra, naufragata per via giudiziaria ma ancora viva in diversi saggi, articoli e trasmissioni televisive.
Da qui l’accusa di Report: Mori sta cercando di manipolare la commissione antimafia. Dall’uscita delle intercettazioni, invece, deriva l’inevitabile codazzo di polemiche: il cdr del Dubbio ha accusato Report di «indebolire il lavoro di chi ogni giorno cerca di fare informazione nel rispetto della verità». Poi, all’unisono, Pd, M5s e Avs hanno chiesto di acquisire il fascicolo di Firenze con le intercettazioni di Mori: «Sono elementi di pesante gravità che se confermati, svelerebbero un tentativo di gravissimo inquinamento dei lavori della commissione». E infine Forza Italia che a Firenze vorrebbe mandare gli ispettori del ministero della Giustizia per capire com’è stata possibile la fuga di notizie verso Report. «Lo scopo della puntata sembrerebbe quello di delegittimare le testimonianze che contrastano con la ricostruzione del senatore Roberto Scarpinato».
Già, perché in commissione antimafia siedono, per il M5s, sia Scarpinato – che per tanti anni ha lavorato in procura a Palermo – sia Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia fino al febbraio del 2022. Non è un dettaglio di poco conto, perché, in fasi diverse della loro carriera, si sono occupati a più riprese di inchieste derivate dal teorema della trattativa tra lo stato e la mafia. Il sapore politico dello scontro è dunque piuttosto marcato, e anche qui parliamo di qualcosa che non è affatto una novità nell’eterno romanzone italiano dell’antimafia. Dove non sempre le indagini sono solo indagini e non sempre la politica è solo politica.









