TROPEA. MADONNA DELL’ISOLA, CHE SI ASPETTA AD INTERVENIRE?
Sul numero n. 4 del 2001 di geologia dell’ambiente il Prof. Fabio Ietto pubblicò uno studio da lui effettuato sulla Madonna dell’Isola di Tropea mettendo in evidenza la precarietà della situazione e gli interventi che bisognava effettuare con urgenza per mitigare la situazione e dare maggiore vita alla struttura. L’articolo nasce da uno studio accurato che portò a degli interventi che risalgono a circa 20 anni fa. Come dice lo stesso prof Ietto in alcune interviste rilasciate prima del crollo del costone. “ Tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000 partecipai alla realizzazione della barriera a ferro di cavallo che modificò il profilo dell’Isola. In quell’occasione fu anche abbattuta una buona porzione della parete dello scoglio dove poi si venne a formare la spiaggia denominata “Mare piccolo“.
Rileggere ora le conclusioni di allora fa capire la superficialità e l’indifferenza di questo ventennio e che riguarda tutta la classe dirigente regionale e comunale. Scriveva allora il Prof Ietto: “ Con l’esempio di Santa Maria dell’Isola di Tropea si è voluto porre in evidenza come col ricorso a tecnologie d’opera del tutto usuali e di impatto ambientale basso o nullo sia possibile attendere al miglioramento statico e al rallentamento della perdita nel tempo di un Bene di elevato valore paesaggistico e architettonico. Vale a dire: operare un recupero conservativo e al contempo una fruibilità in condizioni di sicurezza dello stesso Bene. Un intervento del genere è però ben lungi da un consolidamento s.s., il quale comunque non potrebbe mai mantenere inalterato ogni preesistente Valore dell’elemento recuperato e al contempo garantire nel tempo ogni sua caratteristica fisica ed estetica”.
Fino ad arrivare all’allarme lanciato all’allora e che nessuno ha mai ascoltato che: “Con gli interventi citati infatti, l’Isola, come ammasso litologico coinvolto da neotettonica attiva (IETTO & CALCATERRA, 1988; GHISETTI & VEZZANI, 1980), resta completamente esposto a fenomeni di disarticolazione e crolli connessi ai processi estensionali e di sollevamento in atto (sismotettonica).Una tale discrasia rende, quindi, inattendibile qualsivoglia progetto “definitivo” che imponga la necessità di conoscere “a priori” quelle realtà geologiche di dettaglio che solo “a cantiere aperto” possono essere rilevate”. In pratica il prof Ietto conclude avvertendo la classe amministrativa e politica di non illudersi che gli interventi fatti fossero sufficienti e che bisognava mettere in campo interventi di monitoraggio continui e non invasivi e che bisogna impedire l’accesso dei turisti in quell’area.
Arriviamo all’oggi. Più volte il Prof Ietto ha espresso seri dubbi sull’ intervento che la regione Calabria ha finanziato con oltre 300 milioni volto alla “ ricalibratura e potenziamento della barriera sommersa”. L’obiettivo di tale intervento dovrebbe portare a ridurre il degrado delle rocce rivolte a mare dovuto all’erosione del mare e degli agenti atmosferici. Il prof Ietto sostiene che questo tipo di intervento può causare maggiori danni rispetto alla situazione attuale. Infatti ha manifestato seria preoccupazione sulla riuscita dell’intervento a salvaguardia delle spiagge e dei lidi esistenti tra l’Isola ed il porto turistico. Ietto manifesta queste perplessità in base allo studio che oggi ripubblichiamo e che il Comune di Tropea e la regione Calabria sembrano aver dimenticato. In base a queste indagini geologiche effettuate all’epoca, con tanto di studio delle correnti e alle relazioni tecniche depositate al Comune di Tropea esce fuori che, usiamo le sue parole : “ le due cavità principali dello scoglio dell’Isola sono frutto di uno sgrottamento causato da due diverse linee di faglia che corrono proprio sotto lo scoglio. La roccia, di qualità molto scadente che caratterizza l’area, fa sì che tutta la parte sovrastante sia assai fragile. Per quanto possano risultare attraenti per i turisti queste due cavità, bisogna sottolineare che invece esse sono molto pericolose per l’incolumità pubblica. All’interno delle stesse, di fatto, sono visibili diversi blocchi poco stabili sul soffitto. Motivo per il quale in passato una delle due grotte venne interdetta per crolli».
La conclusione a cui arriva Ietto è che l’intervento programmato dalla Regione Calabria e dal Comune di Tropea sono interventi invasivi e rigidi e potrebbe causare l’effetto contrario. L’intervento e riprendiamo le affermazioni del prof Ietto: «è di carattere molto invasivo e potrebbe causare l’effetto contrario. Queste difese rigide a vista non vengono più effettuate poiché si è studiato che i danni superano i benefici». Tutto ciò perché «prolungare l’ampiezza dell’attuale barriera, senza interromperne il tratto per consentire il naturale apporto di sedimenti alle spiagge, significherebbe costruire un vero e proprio muro. Una trappola per il transito dei sedimenti sotto costa che giungono tra Isola e porto dai torrenti. Quindi l’incremento del moto ondoso non farebbe altro che accrescere il fenomeno erosivo. Optando per una protezione interrotta a tratti si avrebbe un risultato diverso».
La critica del prof Ietto non si limita all’intervento per la Madonna dell’Isola ma si allarga all’intera aerea in quanto un intervento così massiccio impedirebbe l’alimentazione delle bellissime spiagge di Tropea intrappolando i sedimenti in transito e impedendone l’alimentazione si avrebbe un arretramento delle spiagge stesse (mare piccolo e roccette). E arriva a toccare il porto di Tropea su cui lancia l’allarme che uno degli ingressi del porto sia stato costruito nella foce del torrente “la Grazia” con il pericolo di accumulo di sedimenti e di eventuali esondazioni. E denuncia anche come esita una vera e propria bomba ad orologeria costituita dal depuratore costruito con fondi europei nell’alveo del torrente.
Alla notizia del crollo del costone il Prof Ietto ha denunciato come «Da vent’anni non si interviene. Ho fatto continue segnalazioni scritte». La relazione geologica sullo stato della Madonna dell’Isola giace da 20 anni depositata presso il Comune di Tropea. Noi oggi la vogliamo pubblicare nella versione apparsa sulla rivista Geologia dell’ambiente.
Ad oggi ancora nessuna risposta è arrivata né dal presidente occhiuto e né tanto meno dal Sindaco Macrì forse impegnato a smaltire il jet lage giapponese. Il silenzio sembra piombato su questa vicenda. Eppure servono interventi immediati anche perché questa volta è andata bene ma se fosse successo in periodo estivo le conseguenze sarebbero state catastrofiche. Sempre ietto denuncia come avesse piu’ volte avvisato che bisognava interdire quell’area dalla frequenza dei turisti: “ abbiamo potuto prendere visione che le spacche presenti erano innumerevoli e che quindi non saremmo mai riusciti, in nessun caso, a mettere in completa sicurezza lo scoglio. Ecco perché siamo arrivati alla conclusione che interdire l’area sottostante la falesia sarebbe stata l’unica soluzione per tutelare l’incolumità pubblica dal serio rischio di crolli improvvisi. Di fatto le persone, specie i turisti che ignorano il pericolo, sono sempre andate a posizionarsi in spiaggia proprio a ridosso dell’Isola. Fortunatamente nulla di grave è mai successo finora, ma sono vent’anni che, anche con segnalazioni scritte da parte mia, non si interviene e non si monitora quella falesia che, invece, continua ad essere di libero accesso”.
Cosa aspettano il Presidente Occhiuto e il sindaco Macrì ad intervenire? Che ci scappi il morto?
ESTRATTO DAL NUMERO 4/2001 DI GEOLOGIA DELL’AMBIENTE |
ASPETTI GEOLOGICI E NORMATIVI DEL RECUPERO CONSERVATIVO DEI BENI AMBIENTALI CULTURALI: LO SCOGLIO DI SANTA MARIA DELL’ISOLA DI TROPEA (CALABRIA) DI FABIO IETTO
I Beni Ambientali, intesi come Ricchezze paesaggistiche, architettoniche e insediamenti urbani, costituiscono in Italia un patrimonio d’ordine superiore; spesso in tali condizioni di degrado da non garantire la sua persistenza nel tempo. Degrado strutturale, cattivo uso antropico, terremoti ed erosione si sommano ad una consolidata mancanza di attenzione sociale e, quindi, di manutenzione e salvaguardia; eccetto che in limitate zone di particolare interesse per storia e tradizione. Di recente, la mutata sensibilità verso i problemi ambientali, la quale ne recepisce non solo l’aspetto culturale quanto anche i possibili vantaggi economici indotti da un loro recupero, sta promuovendo una serie d’interventi pubblici su tutto il territorio nazionale e in Calabria in particolare.
Il Recupero delle Ricchezze Ambientali richiede di norma l’utilizzo di diverse tecnologie con Impatto Ambientale basso o nullo. La scelta e l’organizzazione delle tecniche da adottare costituisce quindi un primo problema. Un secondo è di tipo normativo, il quale guida l’intervento: dalla progettazione all’appalto, all’esecuzione. Tale secondo problema scaturisce dalla parziale attendibilità delle previsioni di progetto rispetto alla realtà, quale spesso si presenta in corso d’opera. Sovente, infatti, l’intensità del degrado del Bene oblitera quelle evidenze che possono rendere realmente “esecutiva” una progettazione. Evidenze, che una volta messe a giorno, impongono interventi di consolidamento immediati ed efficaci. Il progetto diviene così solo un elemento di previsione che necessita di sostanziali adeguamenti tecnici progressivi, i quali sono di fatto impediti e in ogni modo non ammessi dalla normativa in vigore. Da tanto viene qui suggerita una modifica della Legge che attualmente controlla e governa gli appalti e la conduzione dei lavori di consolidamento e recupero dei Beni Ambientali.
In questo lavoro viene discusso a scopo esemplificativo il Recupero Ambientale dello Scoglio di S. Maria dell’Isola di Tropea e, per cenni, della Cittadella arcivescovile di Gerace (RC).
PREMESSA
Il recupero del patrimonio ambientale, qui inteso essenzialmente come difesa e fruizione compatibile dei beni paesaggistici, architettonici e insediativi urbani, comporta interventi artificiali, di norma, estesi su un ampio quadro di tecnologie d’opera: dal consolidamento di scarpate rocciose, alle difese costiere, alla ristrutturazione di fabbriche murarie e quant’altro.
Sennonché il valore del bene ambientale è proprio nel godimento tal quale dello stesso, una volta ripreso dagli ammaliamenti indotti dal tempo e/o dal cattivo uso antropico, avendone garantita al contempo la persistenza e la sicurezza d’uso. Una tale molteplicità di esigenze condiziona, però, fortemente sia la tipologia delle opere di stabilizzazione e conservazione ammissibili (impatti bassi o nulli) che le procedure di progettazione.
Un ampio programma di recupero dei beni ambientali è stato avviato da qualche anno in Calabria, con il consolidamento e recupero degli abitati di Gerace, Tropea, Pizzo e con progetti specifici tra i quali: la Cittadella Arcivescovile di Gerace e lo Scoglio di Santa Maria dell’Isola di Tropea.
Il presente lavoro si imposta esclusivamente sulla conservazione e il recupero ambientale dello scoglio di Santa Maria dell’Isola in Tropea, giacché, tra i casi citati, è quello che presenta le necessità d’intervento più diversificate: dal miglioramento statico dell’ammasso roccioso emerso alle difese a mare.
Per quanto concerne l’aspetto normativo (dalla progettazione all’appalto, all’esecuzione), ove necessario, si farà anche riferimento al consolidamento ed al recupero conservativo della Cittadella arcivescovile di Gerace ed al consolidamento della rupe di Tropea, data la diretta conoscenza delle rispettive tematiche
– L’ISOLA DI TROPEA: QUADRO GEOLOGICO, GEOTECNICO E STRUTTURALE
Il blocco roccioso che forma il rilievo denominato l’isola, sul litorale di Tropea e sul quale insiste l’antica chiesa altomedioevale bizantina di S. Maria, è formato da un frammento relitto del grosso tavolato in arenarie che, a tergo, forma una scarpata continua che perimetra il centro storico di Tropea.
L’isola e la Rupe perimetrale culminano attorno ai 35 m. Dati storici e antiche stampe dell’inizio del XVIII secolo riportano effettivamente l’Isola” separata dal ripiano di Tropea da un braccio di mare. Più recenti documenti della Curia Vescovile fanno cenno a fenomeni di piena dei torrenti prossimi (il torrente S. Lucia in corrispondenza dell’attuale porto) i quali avrebbero progressivamente colmato il tratto di mare tra la rupe di Tropea e l’Isola, costituendo un collegamento emerso quale ancora oggi si ritrova, e come le prime carte topografiche italiane (1870) rilevano. Dalla prima levata aerofotogrammetrica IGM (1953) si riscontra, inoltre, che l’Isola presentava, verso mare, una fascia di spiaggia ampia dai 50 agli 80 m. Fotografie degli anni ’70 riportano ancora (in periodo estivo), questa fascia di spiaggia anche se ridotta sui 20-30 m.
La roccia che forma l’intero ammasso emergente, così come la retrostante rupe di Tropea (NICOTERA, 1959), è costituita esclusivamente da una successione pressoché tabulare di grosse bancate stratoidi di arenarie grossolane e conglomerati matrice-sostenuti. Il sedimento è costituito da clasti di origine cristallino-metamorfico, con netta prevalenza di quarzo e feldspati nella frazione sabbiosa medio-fine.
Frequente e bene esposta è una netta gradazione normale del sedimento. Tale elemento, assieme ai conglomerati matrice-sostenuti, porta a individuare l’insieme del corpo sedimentario come un deposito marino di base scarpata, alimentato più da torbide lineari che da flussi canalizzati, al margine di una stretta piattaforma fortemente alimentata. Ciò viene anche confermato dalla presenza, nella successione, di estese superfici di troncatura intraformazionale, su angoli dell’ordine dei 10-15° (fig. 2a), oltre che dalla persistenza di un fuso granulometrico variabile dai clasti di massimo 20 cm al silt.
La dinamica deposizionale caratterizzata da processi di risedimentazione veloci e diffusi su fronti estesi, si traduce in una variazione laterale di granulometria nell’ambito dello stesso strato e su brevi distanze. Il materiale terrigeno è privo di coesione per cui il corpo sedimentario derivante affida le proprie resistenze meccaniche alla resistenza d’attrito, allo stato d’addensamento e alla quantità variabile di cementazione carbonatica. Il cemento carbonatico delle arenarie e dei conglomerati, generalmente scarso, fa si che le porzioni basali degli intervalli si torbida (i conglomerati matrice-sostenuti) con granulometria più assortita si presentino in affioramento con consistenze meccaniche più elevate, da sublapidee a lapidee (per volumi limitati).
Le porzioni, invece, a granulometria più sottile (arénarie fini e silt) tendono a presentare consistenza meccanica più bassa fino alla disgregabilità manuale.
Tali caratteri, tradotti in termini geotecnici, tendono a definire parametri, statisticamente testati, dell’ordine: coesione nulla; attrito interno variabile da 37° a 42-43° (IAEG, 1981). Con tali valori, è stato ritenuto prudente discriminare l’ammasso roccioso in questione con i criteri della Meccanica delle Terre, più flessibile e cautelativa.
Per le rocce in questione, però, più che le resistenze meccaniche di picco, che per certi versi potrebbero ritenersi elevate, il fattore di maggiore interesse è la resistenza all’erosione. In tal senso, i terreni che formano l’Isola, data la loro porosità, la scarsità e la natura del cemento tra i grani, offrono scarsa resistenza agli atmosferili e, in particolare, l’acqua e il vento, ancor più se in ambienti altamente aggressivi come quello costiero.
La dissoluzione del cemento calcitico è rapida; mentre, per altra via, la porosità consente la penetrazione dell’azione disgregatrice molto al di sotto della superficie esposta. Ne deriva, sui fronti d’affioramento, un’erosione generalmente intensa e fortemente differenziata per punti, la quale si somma a situazioni localizzate di maggior debolezza quali cataclasiti da faglie, fratture, solchi di drenaggio naturale, vecchie linee di battigia.
Le scarpate perimetrali dell’ammasso dell’Isola presentano un succedersi di sgrottamenti profondi (per le porzioni più tenere) e volumi fortemente aggettanti (per le porzioni più lapidee), predisposti al crollo. Ne consegue un veloce arretramento dei fronti, favorito e intensificato dall’azione di generale scalzamento al piede ad opera del moto ondoso.
Il contesto geostrutturale dell’Isola risente e continua quello meglio rilevabile sulla retrostante rupe di Tropea. Le principali famiglie di fratturazione tendono a raggrupparsi in due sistemi principali: uno orientato NE-SO, con massimi N40-60°; uno coniugato avente direzione N100-120° (BURTON, 1971). Sistemi di fratturazione meno rappresentativi sono orientati N-S ed E-O. La spaziatura tra le maggiori discontinuità varia tra i 30 e i 100-120 m. Tra queste, un complesso sistema di fessurazioni incrociate tende a ridurre i volumi rocciosi in blocchi d’ordine metrico (ordine maggiore più frequente: 25-30 mc). Lo stato fessurativo dei volumi compresi tra le maggiori discontinuità viene comunque controllato anche dalla maggiore o minore competenza del litotipo interessato. Infatti su arenarie tenere Io stato fessurativo è poco sviluppato mentre, con l’aumentare della consistenza meccanica, tende a raffittirsi notevolmente fino a distanze decimetriche.
Il regime tettonico che controlla faglie e fratture è prevalentemente di tipo tensivo, con superfici di taglio ad alto angolo, non inferiore ai 60°.
La dilatazione generale, sia del piccolo ammasso roccioso dell’Isola che delle porzioni esterne della Rupe, per fagliamento tensivo e perdita di carico litostatico, induce, sulle masse rocciose esposte, l’apertura delle discontinuità fino a valori subdecimetrici: siano queste o meno superfici con spostamento evidente delle parti (fa- In questo contesto, l’ammasso emerso dell’Isola si presenta suddiviso in quattro grossi blocchi, tra loro accostati da superfici di faglia ad alto angolo (fig. 3), quasi tutte marcate da gallerie o grotte da erosione marina.
Per l’intera Isola ne deriva un’impalcatura estremamente fragile e vulnerabile, specie all’azione sismica, nonché di precaria durata nei tempo per azione erosiva diretta del moto ondoso.
QUADRO GEOMORFOLOGICO: EMERSO E SOMMERSO
I fattori geologici sopra descritti si traducono in un contesto geomorfologico che, sotto la prevalente azione erosiva del mare, porta il piccolo rilievo dell’Isola a essere perimetrato all’80% del suo sviluppo, da falesie subverticali.
Negli ultimi decenni, inoltre, l’arretramento delle spiagge in Calabria (D’ALESSANDRO et al., 1983; IETTO, 1998) ha anche interessato il litorale di Tropea, privando lo scoglio dell’Isola di quel poco di difesa naturale già rappresentata, ai bordi Ovest e Nord in particolare, da un arenile di spiaggia superiore ai 160 m. La completa asportazione della spiaggia ha di conseguenza determinato un abbassamento del piede esposto delle falesie di almeno 2,5-3 m, portandolo a diretto contatto col mare e, nel contempo, ha scoperto un vasto tavolato sommerso in arenarie, il quale prograda per circa 90m verso Nord su un’ampiezza Est-Ovest di almeno 60 m.
Le batimetrie di questo tavolato variano da zero a massimi di -5 m, con una morfologia molto aspra e irregolare (solchi e pinnacoli), culminando con due piccoli scogli, emergenti rispettivamente di +1,5 e +0,5 m s.l.m.
La porzione sommersa dell’area (fig. 3) è marginata, verso il largo, da un gradino d’erosione alto fino a 6 m su un fondale sabbioso.
L’evoluzione morfologica delle falesie perimetrali dell’Isola, prive di difesa naturale e per azione congiunta degli atmosferili e del moto ondoso, diviene così più intensa e rapida, specie per i settori rivolti a Ovest e Nord-Ovest maggiormente esposti al settore di traversia di zona.
Con riferimento alla Tavola dei toponimi (fig. 1b), da Ovest ad Est, il perimetro dell’Isola presenta i lineamenti morfologici e morfostrutturali che per grandi linee si descrivono di seguito:
Il blocco roccioso Ovest dell’Isola, tra il tunnel naturale e il mare, è risultato essere il volume roccioso più direttamente a rischio di collasso. Infatti esso risulta semplicemente “poggiato” sulla superficie di faglia con direzione NNE-SSO (in asse al tunnel), la quale per suo conto risulta fortemente indebolita come resistenze d’attrito residuo. Lo stesso blocco forma il tetto della faglia, inclinata verso mare sui 60°, ed è marginato da una falesia verticale;
- Falesia Nord:
La scarpata verticale, compresa tra il tunnel e l’estrema Punta Nord dell’Isola, costituisce il letto della faglia, più o meno rimodellato dall’erosione, della faglia N40° che determina il Tunnel Ovest.
- Punta Nord:
L’ultima propaggine Nord dell’Isola s’imposta su un affilato sperone traversato Est-Ovest, a livello mare, da un piccolo tunnel in asse ad una zona di frattura N80°;
- Falesia di Nord-Est:
La falesia che perimetra l’Isola a Nord-Est è anch’essa un elemento morfotettonico in fase giovanile di modellamento erosivo. Essa, infatti, è isorientata con la direzione di fratturazione principale N40° e, quindi, con il sistema fessurativo associato. In questo tratto di costa, lastre di spessore metrico e stretti diedri di arenarie vengono sollecitati al crollo per l’interazione tra superfici di frattura subverticali (isorientate alla scarpata) ed erosione differenziale secondo strato (suborizzontale), ai variare della consistenza meccanica dei terreni.
- La Grotta:
Col toponimo di La Grotta s’indica uno degli angoli paesaggisticamente più suggestivi di tutta l’Isola. Si tratta di un profondo scavernamento erosivo lungo una fascia di fratturazione limitata da due faglie parallele su direzione N40-50°, il quale, con un’altezza all’imbocco sui 20m, s’incunea profondamente all’interno dell’intero ammasso emerso.
Al contorno de La Grotta, le porzioni di maggiore instabilità sono state individuate nei volumi di volta, soggetti spesso a crolli progressivi per l’interazione di più fattori:
giacitura suborizzontale dei giunti di stratificazione;
consistenza meccanica dei terreni molto differenziata secondo strato;
- Falesia Est:
La falesia Est, la più protetta dal moto ondoso in quanto esposta a fetches di massimo 60 Km ripropone fattori di instabilità del tutto analoghi a quelli della falesia di Nord-Est e della falesia Ovest;
- Scarpata Sud:
La scarpata Sud dell’Isola, rivolta a terra verso il centro storico di Tropea, è quella che presenta il profilo meno acclive ed é, quasi per intero, interessata dalla via d’accesso alla chiesa di S. Maria.
3 – DINAMICA COSTIERA
Lo studio della protezione dal moto ondoso dell’esiguo perimetro a mare dell’ammasso dell’Isola (appena 200m circa), non è stato esente dalla ricerca di una definizione dei fattori marini agenti, quali: l’entità del moto ondoso e la deriva del trasporto solido lungo la costa.
A tal riguardo i dati dello studio meteomarino per il vicino costruendo porto di Tropea (venti, fetches, altezze d’onda — GENIO CIVILE, 1982), nonché l’osservazione diretta dei depositi di spiaggia nel tratto da Capo Vaticano (15 Km a sud) a Vibo Valentia Marina (20 Km a Nord) in accordo con PRANZINI (1981), e i dati meteomarini per la vicina zona litorale di Gioia Tauro, in D’ALESSANDRO et al. (1981), danno:
– venti prevalenti: da Nord-Ovest;
– venti dominanti: da Ovest; con massimi 7 BEAUFORT ( 28 nodi) ma con percentuale d’occorrenza molto bassa (1,3% circa) e li¬mitata al periodo invernale;
– settore di traversia principale: 290-340°;
– gruppi d’altezze d’onda massime teoriche al largo (Hm) con relativi tempi di ritorno (Tr), per tre direzioni di fetch massimo:
Fetch N30° (50 Km): Hm = 1,5; Tr = 5/1 anno Hm = 2,3; Tr = 1/1 anno Hm = 3,7; Tr = 1/50 anno
Fetch N360° (130 Km): Hm = 2,0; Tr = 5/1 anno Hm = 3,5; Tr = 1/1 anno Hm = 5,4; Tr = 1/50 anno
Fetch N330° (270 Km): Hm = 2,7; Tr = 5/1 anno
Hm = 7,0; Tr = 1/50 anno
Da tanto discende che la linea di costa di Tropea, sulla quale aggetta l’ammasso roccioso de L’Isola, è esposta a tutti i mari del IV quadrante, con settore di traversia principale aperto a N290-340°.
Trasferendo tali dati allo sviluppo planimetrico del perimetro dell’Isola, si rileva come la maggiore esposizione al moto ondoso si estende dalla Falesia Ovest alla Punta Nord, mentre relativamente protetta risulta tutta la Falesia di NE e ancor più la Falesia Est.
– OSSERVAZIONI SEDIMENTOLOGICHE
In termini di trasporto solido sotto costa, lungo tutto il tratto preso in osservazione (da Capo Vaticano a Vibo Valentia), pur in un contesto generale di prevalente erosione delle fasce di spiaggia, si riscontra una deriva netta verso Nord abbastanza attiva.
Ciò trova conferma nella presenza di fasce di spiaggia emersa e persistente sui bordi rivolti al 3° quadrante, per qualsivoglia elemento proteso a mare, sia esso un promontorio o una più recente struttura di difesa artificiale. Tale condizione si riscontra anche per l’ammasso roccioso dell’Isola il quale, con orientazione N-S, interrompe il profilo continuo dell’esile fascia di spiaggia aipiedi della rupe di Tropea, lunga circa 2 Km. Sul margine Ovest, infatti, il rilievo dell’Isola trattiene una spiaggia emersa, la quale prograda nella porzione sommersa con un profilo continuo, e valori angolari sul 20%, fino alla profondità di 6m circa. Dopo di che, il profilo del fondo sabbioso si appiattisce notevolmente e, ad una profondità di 7-8 m, perimetra il tavolato sommerso in arenarie. La spiaggia emersa che. invece, margina l’Isola a oriente presenta, nella contigua porzione sommersa, un gradino d’erosione alto mediamente sui 2m, con una scarpata tiva caduta di massi al piede (scogli de La prossima ai 45°. Nella zona di radice sempre a Est del piccolo promontorio, la spiaggia emersa presenta, inoltre, una profonda falcata in arretramento, tale da imporre la recente messa in opera di una scogliera artificiale radente a protezione della retrostante via lungomare di Tropea.
4 – CRITERI D’INTERVENTO
Dai dati rilevati si evince come un intervento di consolidamento e conservazione del’Isola, nei suoi aspetti e valori attuali, si è dovuto orientare su due direttrici principali e interattive, ovvero:
- a) protezione dall’azione erosiva del mare con opere non a vista;
- b) stabilizzazione e rimozione dei rischi da crolli, per le porzioni emerse; il tutto, nell’assoluta attenuazione degli impatti, per primo quello paesaggistico.
In tale prospettiva e con tali vincoli, le tipologie d’intervento sono state le seguenti:
4.1 – OPERE MARITTIME
L’obiettivo di tali interventi è stato quello di arretrare il frangente d’onda dalla base delle falesie, specie nei settori Nord e Nord Ovest di almeno 50-60 m. Tanto è stato possibile con una una barriera artificiale frangiflutti che le esigenze d’ordine ambientale hanno individuato in una scogliera soffolta, con berma mediamente attorno -1,5 m dal livello mare.
L’opera è stata realizzata in massi naturali ricavati da vicine cave di prestito, in graniti, nel rispetto del paesaggio di zona. Infatti, l’adiacente costa di Parghelia è impostata su una falesia in graniti, con relativa caduta di massi al piede (scogli de La Pizzuta).
La scogliera soffolta, a chiudere il settore di traversia principale (Fig.3), ha dimostrato una buona efficienza: dopo soli 4 mesi (luglio 2000) si è ricostituita una fascia di spiaggia a protezione della base della preesistente falesia, di circa +60m (Fig.2c) e in
attiva progradazione.
4.2 – OPERE A TERRA
Nel rispetto del valore ambientale e architettonico dell’Isola e nell’intento di conservarne la fruizione in condizioni di sicurezza, un intervento di consolidamento ed eliminazione dei rischi, tenuto conto della geomorfologia dei luoghi, è stato impostato sulle seguenti tecnologie:
- Disgaggi: Con tale termine s’intende la
rimozione dei massi isolati o comunque suscettibili di crollo dalle falesie. II recapito dei volumi rimossi è avvenuto direttamente a mare, dove ha favorito il ripascimento in
- Ancoraggi lunghi: Il ricorso ad ancoraggi passivi lunghi (fino a massimi puntuali di 25-30m) è stato adottato in tutte quelle situazioni ove faglie e/o sistemi di fratture disarticolavano l’ammasso roccioso secondo superfici continue nel substrato e ben ricostruite dai dati di superficie.
È questo, il caso, in particolare, della faglia che isola il blocco Ovest, nonché del sistema congiunto di faglie e fratture ai fianchi e al tetto della Grotta (Fig. 3).
Va tuttavia chiarito che gli ancoraggi non possono comunque da soli attendere alla stabilizzazione di grandi volumi, tipo il blocco Ovest, da eventuali fenomeni di collasso quanto invece collaborare, a tal fine, con gli altri interventi di riequilibrio;
- Chiodature: Corte barre metalliche, da 3 a 6-8m, con iniezioni dei fori, sono state previste per quelle situazioni, in vero le più frequenti, dove lastre e pinnacoli di arenane erano isolati dal substrato, da superfici di frattura più o meno disorientate col profilo topografico di zona;
n Sottomurazioni: Con giusta cautela e per piccole superfici, sono state previste delle sottomurazioni in quei punti ove profondi sgrottamenti, per erosione differenziale o vecchie battigie, potevano sollecitare al crollo i volumi rocciosi di tetto.
Nelle sottomurazioni, particolare cura è stata devoluta alla faccia a vista delle stesse. A tal fine si è fatto ricorso ad uso di carpenteria irregolare per il calcestruzzo, realizzato con inerti da frantumazione di blocchi di arenaria;
n Disboscamento: In un intervento di recupero ambientale, la salvaguardia della copertura vegetale spontanea, rappresen-
– ASPETTI NORMATIVI
Gli interventi di salvaguardia delle preesistenze naturali e antropiche di maggior pregio, quali si stanno avviando in Calabria e in questi, quello dell’Isola di Tropea, pongono problemi normativi e tecnici particolari e specifici. Cosi come relativamente “nuova”, o quantomeno giovane, è la sensibilità sociale che li promuove.
Il mantenimento nel tempo del Bene, sotto i suoi vari aspetti (paesaggistico, architettonico, statico), cosi come la necessità di assicurarne la fruibilità in condizioni di sicurezza, sono i due aspetti di uno stesso progetto, il quale, però, prefigura una molteplicità d’obiettivi, spesso tra loro non ben conciliabili.
Eliminare il rischio di crolli da una parete rocciosa che sorregge un’area urbana di grande valore storico e architettonico (Tropea, Pizzo); bloccare fenomeni di spandi-mento laterale (lateral spreading) di ammassi rocciosi rigidi poggianti su terreni molli (Gerace); consolidare e proteggere dall’erosione marina falesie attive in ammassi rocciosi teneri e detensionati (IsOla di Tropea); consolidare grandi complessi monumentali (La Cittadella di Gerace) le cui fabbriche illustrano la storia secolare delle tecnologie costruttive e i rifacimenti poveri delle stesse in aree ad elevata sismicità e ad economia marginale, sarebbero tutti obiettivi perseguibili, in assoluto, con tecnologie d’opera “a vista” (pareti e contrafforti murari; scogliere e moli frangiflutti; superfici trattate a gunite e ancorate e quant’altro). Tecnologie, quindi, di effetto
definitivo, relativamente poco onerose e d’uso corrente, ma il cui impatto può condurre proprio alla perdita di valore del Bene che, per altra via, si vuole recuperare e proteggere.
Nel caso specifico dell’Isola di Tropea, la pura conservazione dell’ammasso roccioso e la sua definitiva protezione dai fattori erosivi subaerei e marini, sarebbe stata certa e garantita nel tempo da interventi orientati su opere murarie più o meno continue al piede delle falesie perimetrali, oltre che su scogliere frangiflutti emergenti e di adeguata ampiezza. Con tali tecnologie non avrebbe avuto però più “volto” l’Isola di Tropea e anche per essa si sarebbe riproposto un unico o tanti segmenti di “lungomare attrezzato” di moderno disegno ma di alienante godimento paesaggistico e culturale.
La difficile conciliabilità tra usuali tecnologie di consolidamento definitivo e le moderne finalità dell’intervento, mirate al mantenimento della fruibilità culturale e paesaggistica del Bene, impone quindi, a nostro avviso, alcuni compromessi che tendano a mediare, tra i principali elementi informatori, i seguenti:
- a)garanzia d’incolumità ai fruitori del Bene;
- b)impiego di tecnologie di basso impatto ambientale, specie visivo;
- c)eventuale accettazione ponderata della perdita di una parte del Bene originario; bilanciabile con interventi aggiuntivi e migliorativi, quali, per esempio, un nuovo arredo.