Rende. La foto della “mazzetta”, i media e le tappe della deriva di Manna

FOTO GAZZETTA DEL SUD

L’avvocato Marcello Manna, già sindaco mafioso di Rende, che i lettori di Iacchite’ conoscono meglio con il nome di “Mazzetta” (per motivi… professionali) o di quaquaraquà (dalla divisione in categorie degli uomini di Leonardo Sciascia), era molto preoccupato già da tempo e all’alba del 1° settembre aveva trovato conferma alle sue angosce quando gli hanno notificato gli arresti domiciliari. Poi era stato scarcerato ma non certo “assolto” e in questi ultimi mesi ha capito che la Dda di Catanzaro e la procura di Salerno non lo avrebbero lasciato nel posto in cui era arrivato, guarda caso, proprio grazie a una Commissione d’accesso antimafia. Grazie alla quale (insieme alle provvidenziali dimissioni del sindaco dell’epoca, tale Cavalcanti) era diventato sindaco nel 2014 e a causa della quale adesso è stato cacciato a calci in culo con l’aggravante sacrosanta della mafiosità. 

La Dda di Catanzaro ha prima depositato e poi vinto un ricorso in Cassazione integrato con nuove prove per chiedere che Manna venisse nuovamente arrestato. La Cassazione pertanto ha annullato la revoca degli arresti domiciliari per il faccendiere, disponendo una nuova udienza al Tribunale del Riesame. 

E la procura di Salerno aveva chiesto per Manna una condanna a 6 anni di carcere per la celeberrima vicenda della mazzetta elargita al giudice Petrini per far assolvere il boss Patitucci. La condanna (a 2 anni e 8 mesi) è arrivata e per la “tagliola” della Legge Severino Manna è stato sospeso per 18 mesi. Fine dei giochi, prima ancora che il Viminale arrivasse con l’inevitabile decisione dello scioglimento del Comune per mafia.

Per quanto ci riguarda, non teniamo in nessun conto la penosa operazione della procura di Cosenza, praticamente già smontata dal gip nell’immediatezza dei fatti, che è servita soltanto a “dare una mano” a Manna in attesa della nuova offensiva della Dda. 

Se fino a qualche tempo fa Manna aveva solo il forte sospetto di essere stato filmato dalle telecamere della Dda di Salerno mentre corrompeva il giudice Marco Petrini con una “mazzetta” o “bustarella” che dir si voglia per comprarsi l’assoluzione del boss Francesco Patitucci, successivamente non solo l’ha saputo ufficialmente – con tanto di “schiaffi in faccia” presi nel corso dell’incidente probatorio del 13 ottobre 2020 dove Petrini ha confermato tutte le accuse – ma ha toccato anche con mano che la Procura di Salerno e quindi anche Gratteri lo volevano in galera (e per questo avevano prodotto ricorso in Cassazione dopo che il Riesame aveva previsto la sospensione di Manna per un anno dalla professione forense). Un appuntamento che è stato soltanto rimandato… 

E come se non bastasse, due anni e mezzo fa, aveva preso atto che anche la Rai nazionale attraverso PresaDiretta lo aveva sputtanato urbi et orbi senza nessuna pietà e senza nessun “favoritismo”. Con tanto di foto della “mazzetta”! Sembrava quasi di sognare in tutte queste vicende, viste le ampie “coperture” massomafiose di stato, ma ormai tutti sapevano chi è questo soggetto.

Insomma, anche i media di regime non lo tutelavano più come in passato. Basti pensare che la foto umiliante che campeggia in copertina era stata pubblicata addirittura sulla prima pagina della Gazzetta del Sud del 6 settembre 2020. E la circostanza non poteva certo essere casuale. Così come non sono casuali i pesanti attacchi alla “Gazzetta” da parte del soggetto in questione, del tutto simili – come vedremo -a quelli indirizzati ad un altro colosso dell’informazione calabrese come la Rai. 

I media di regime, dunque, non solo non tutelavano più Manna ma – diciamocelo chiaramente – lo trattavano per quello che è, denunciandone molte magagne e sbattendolo ormai costantemente in prima pagina. Il caso del Parco Acquatico solo qualche tempo fa aveva già ridotto Manna praticamente in mutande e la sua natura inequivocabile di quaquaraquà ovvero di anatra starnazzante era emersa in tutto il suo disarmante squallore  quando il soggetto aveva reso noto il tragicomico testo di una lettera inviata al direttore del Tg3 Rai Calabria Pasqualino Pandullo. Lo riportiamo di nuovo anche noi, in maniera tale che chiunque lo legga possa farsi innanzitutto quattro risate e poi dedurre la caratura “morale” dell’anatra esperta in mazzette e per giunta prestata alla politica.

Egregio Direttore,

con la presente mi preme rilevare l’azione denigratoria che codesta redazione sta portando avanti nelle recenti edizioni del TGR Calabria nei confronti di questa Amministrazione Comunale, pubblicando servizi su fatti e accadimenti ricadenti sul territorio di Rende che, per le modalità di rappresentazione, forniscono una visione distorta della realtà, con particolare riferimento alle attività di vigilanza e controllo che competono a questo Ente e che vengono effettuate regolarmente, per come è facilmente desumibile dagli atti in possesso degli uffici comunali competenti.

Mi riferisco, per ultimo, al servizio in onda nel TGR Calabria delle ore 14:00 del giorno 17/06/2020 relativo a versamenti di liquami direttamente nel torrente Surdo, lungo le sponde che ricadono nel Comune di Rende. A tal fine, si precisa che gli uffici comunali competenti sono impegnati quotidianamente nelle verifiche di eventuali immissioni nei fiumi legati al cattivo funzionamento delle reti fognanti e, subito dopo la denuncia su un quotidiano locale del presunto sversamento di liquami nel territorio comunale a confine con il Comune di Castrolibero, hanno effettuato immediati sopralluoghi, interessando, altresì, il Consorzio Valle Crati (che gestisce apposita rete consortile) e gli uffici competenti del comune limitrofo.

Nel caso in esame, a seguito dell’iniziativa di questo Ente, è stato riscontrato uno scarico nel Comune di Castrolibero, che si è impegnato ad intervenire nel più breve tempo possibile. Eppure, nel servizio sul TGR Calabria è stata rappresentata una visione errata dello stato dei fatti che evidenzia l’inerzia di questo Ente!

Analogamente, i molteplici servizi televisivi inerenti il “caso Parco Acquatico”, oltre alle vicende che hanno coinvolto il direttore tecnico della società che gestisce la struttura e la giornalista Erika Crispo – alla quale questa Amministrazione ha espresso da subito solidarietà, richiedendo altresì al concessionario di adottare immediati provvedimenti disciplinari nei confronti del proprio dipendente – evidenziano quasi un comportamento “omissivo e latitante” da parte dell’Ente che, al contrario, ha avviato una continua azione di controllo con numerosi solleciti e contestazioni che sono regolarmente contenuti in atti d’ufficio.

Anche le dichiarazioni rilasciate dal sottoscritto nel corso delle recenti interviste sono state “tagliate a piacimento”, in modo da mostrare al telespettatore un’immagine della stessa mia persona “confusa e quasi presa alla sprovvista dal vostro servizio”.

Caro Direttore, concludendo, mi sembra alquanto strano lo spazio che si stia dedicando alle suddette problematiche che interessano il Comune di Rende nel corso dei recenti TGR Calabria, tralasciando servizi su fatti ben più rilevanti che quotidianamente accadono sul territorio regionale. Mi sembrano, tuttavia, ancora più strane le modalità di riproduzione delle informazioni da parte del TGR, che sono finalizzate a screditare l’azione di questa Amministrazione Comunale.

Pertanto, con la presente la invito a fornire una interpretazione veritiera dei fatti, ricostruendo con lucidità l’effettivo andamento degli stessi e tralasciando il semplice “scoop”, che non può rientrare nel confezionamento di un telegiornale.

Sono fiducioso che il comportamento professionale che la contraddistingue potrà garantire in futuro il rispetto dei “principi di correttezza e imparzialità” in ogni edizione del TGR Calabria. In caso contrario, mio malgrado, sarò costretto a denunciare i fatti all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che legge la presente per conoscenza, al fine di tutelare l’immagine dell’Ente.

Fin qui il quaquaraquà. Questa invece la replica del caporedattore del Tg3 Calabria dell’epoca Pasqualino Pandullo, che rispediva al mittente tutte le squallide accuse. E il buon Pandullo, lo sanno tutti, non è certo conosciuto come un impavido “cuor di leone”…

In una lettera a me indirizzata e pubblicata sul suo profilo Facebook, il sindaco di Rende, avv. Marcello Manna, muove accuse gravi e inaccettabili all’operato del TGR Calabria da me diretto a proposito dei recenti servizi giornalistici riguardanti il Comune da lui amministrato.

Quello sul ‘Caso Parco Acquatico’ – aggiunge Pandullo – trae origine da un filmato pubblicato su Instagram dal figlio di un assessore di quel Comune e da un’iniziativa sindacale concernente il mancato pagamento dei lavoratori della struttura. Il sindaco Manna è stato sentito in proposito e sull’argomento sono state riportate le sue affermazioni, supportate da documenti da lui stesso richiamati. Quello sui Liquami nel torrente Surdo, che parte dalla segnalazione, arrivata in Redazione, di un gruppo di cittadini, è  stato affrontato definendo correttamente i termini del problema. Sono stati pertanto rappresentati senza censure né pregiudizi due argomenti di vivo interesse sociale.

Dai servizi sul Parco Acquatico inoltre, sono scaturite minacce di morte nei confronti dell’autrice, che il Sindaco Manna, dopo averle espresso solidarietà, nella sua nota su Facebook ora tende a screditare. Nessuna corsa allo scoop (dopo la nostra inchiesta l’Assessore si è dimesso), nessun intento denigratorio dunque, come afferma l’avv. Marcello Manna nella sua missiva dove, piuttosto, s’intravede il tentativo del sindaco di Rende di consigliare ‘servizi su fatti ben più rilevanti che quotidianamente accadono sul territorio regionale’.

E’ questo ciò che va denunciato all’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, alla quale siamo pronti a dar conto di ogni aspetto della questione sollevata”. “La Redazione del TGR Calabria – conclude il caporedattore della Tgr – continuerà a lavorare con scrupolo e senza condizionamenti, come avvenuto finora, nel pieno rispetto dei fatti, delle persone, dei ruoli.

Ora, tutti sanno che la Rai, specialmente quella calabrese, non solo non ha mai perseguitato nessun politico ma ha sempre – con decenza parlando – leccato il culo a tutti gli esponenti più o meno in vista di tutti i partiti (nessuno escluso). La goccia che – secondo Manna – avrebbe fatto traboccare il vaso è il servizio sullo sversamento dei liquami nel torrente Surdo, che, accoppiata al caso Parco Acquatico, rivelerebbe il complotto della tv di stato ai danni del sindaco di Rende.

Bene, tutti sanno nella nostra area urbana che il torrente Surdo in questi lunghi anni di sindacatura Manna è stato ed è costantemente violentato dagli amici e dagli uomini di questo squallido soggetto. Per informazioni basta leggere questo articolo nel quale si ricorda anche il sequestro di un tratto del torrente ad opera (addirittura!) della procura di Cosenza, avvenuto soltanto un anno e mezzo fa proprio per questioni riguardanti l’inquinamento di cui sopra (http://www.iacchite.blog/rende-torrente-surdo-preso-con-le-mani-nel-sacco-max-aceto-luomo-dei-manna/). E non si può certo dire che la Rai calabrese, all’epoca, sia stata attenta su questa vicenda, anzi diciamo pure che l’ha clamorosamente “bucata” per non urtare la suscettibilità dell’avvocato dei poteri forti.

Quanto al caso Parco Acquatico, anche i bambini hanno capito che ci troviamo davanti ad un caso eclatante di malamministrazione. La gestione di un servizio pubblico lasciata in mano al buzzurro che ha minacciato e insultato una giornalista è la cartina di tornasole dell’attività di Manna e la Rai è stata fin troppo tenera nei confronti dell’amministrazione rendese perché ancora non aveva rivelato ai suoi spettatori che al Comune di Rende la ‘ndrangheta regnava sovrana.

In primis per le attività dello stesso Manna, che “compra” processi per far assolvere un boss della criminalità organizzata ed è stato eletto per due volte solo grazie ai voti dei mafiosi. Ma anche attraverso soggetti come Annamaria Artese, sorella di un condannato per associazione mafiosa, che ha ricoperto il ruolo di assessore e poi di vicesindaco e come Pino Munno, meglio noto come il pistolero perché andava in giro con una pistola… Dunque, la Rai calabrese, che finalmente aveva dato timidi segnali di risveglio, neanche diceva tutto quello che avrebbe dovuto dire rispetto al malaffare che dilagava nel Comune di Rende.

Era stato proprio allora che avevamo associato il nomignolo quaquaraquà a Marcello Manna, ricordandogli la divisione degli uomini in categorie secondo Leonardo Sciascia, e mandandogli a dire con tutto il fiato che avevamo e abbiamo ancora in corpo che lui, Marcello Manna, appartiene di diritto a quella dei quaquaraquà. Non lo batte nessuno. E allora, se anche la Rai si era finalmente svegliata e aveva cominciato a far capire alla gente che soggetto è il sindaco di Rende, è chiaro che Manna fosse molto preoccupato. Aveva capito, in sostanza, che il vento era cambiato e aveva capito, con altrettanta chiarezza, che non sarebbe bastata una lettera scritta in un incerto italiano e con la solita puzza sotto il naso per cambiarne la direzione.

Ma ci ha provato ugualmente perché, come tutti sanno, l’ultimo a sapere delle corna della moglie è chiaramente il… marito. Beh, la notizia delle “corna” adesso è finalmente arrivata. Prima con tanto di filmato e persino di fotografia sulla televisione di stato e con tanto di incidente probatorio ormai cristallizzato, poi con la condanna di Salerno e con la nuova udienza al Tribunale del Riesame e infine con lo scioglimento del Comune.  Buona fortuna, quaquaraquà delle mazzette. Ne hai proprio bisogno…