Rende, la banda di Marcello “Mazzetta”: Massimino Aceto, dove passa lui non restano alberi…

L’11 dicembre del 2018 i carabinieri forestali hanno proceduto al sequestro di un tratto del fiume Surdo, che era stato “pulito” (si fa per dire!) da una ditta con le mani in pasta che ne aveva scandalosamente approfittato per rastrellare tutto il materiale possibile da riciclare per i suoi sporchi interessi. Abbiamo cercato di sapere il nome di questa ditta ma non c’è stato verso: i carabinieri non avevano gli atti, il porto delle nebbie non è autorizzato a fare nomi, i consiglieri comunali devono vedere le “carte” e compagnia bella.

Finalmente, dopo tanti tentativi, è uscito fuori il nome magico: Massimino Aceto, per gli amici Max, vecchia conoscenza delle pagine di cronaca nera e – soprattutto – dei tagli indiscriminati di legna nei territori di Cosenza e Rende.

Massimo Aceto, tra la fine degli anni 90 e all’alba dei Duemila, era finito nella rete dell’inchiesta “Tamburo” del magistrato Eugenio Facciolla. Aceto e la sua ditta facevano parte del calderone delle infiltrazioni mafiose nei lavori d’ammodernamento dell’autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria. C’era una cupola con tanto di mafiosi che decideva la spartizione di subappalti e mazzette e c’erano funzionari eccellenti dell’Anas. Tra gli imprenditori rinviati a giudizio figuravano, appunto, Daniele e Massimo Aceto di Rende, Dino Posteraro di Lago, Franco Rovito di Cosenza, Alberto e Stefano Schiavo di Salerno. Tra i presunti boss, invece, Franco Abbruzzese di Cassano, Ettore Lanzino e Domenico Cicero di Cosenza, Nicola Acri di Rossano e Carmine Chirillo di Paterno Calabro. Insomma, un bel “quadretto”… L’inchiesta, tuttavia, finì in una bolla di sapone, sapientemente “silenziata” dal porto delle nebbie cosentino con le sue propaggini “catanzaresi” ed è stato in quel periodo che Max Aceto ha iniziato il suo sodalizio con i Manna, soprattutto Marcello, che era il legale che lo difendeva, ma anche con quelli della piscina, principalmente Carmine “belli capelli”, tanto per capirci. 

Da allora il buon Max ha accoppiato l’attività “cementizia” delle sue ditte (delle quali riferisce la relazione del prefetto che ha portato allo scioglimento per mafia del Comune di Rende e della quale vi daremo conto nelle prossime ore) con un nuovo e super redditizio business ovvero quello della legna.

Tra Cosenza e Rende ormai da un po’ di tempo è partita una singolarissima “gara della legna”. Ovvero: chi riesce a tagliarne di più? E vi assicuriamo che sono scesi in campo veri e propri “Campioni”. L’obiettivo finale è quello di rifornire la centrale a biomasse di Rende. Sì, perché i nostri Campioni del taglio selvaggio degli alberi e della legna in generale, vanno a finire tutti lì.

L’impianto termoelettrico è stato realizzato da Silvateam a Rende, con una caldaia alimentata a biomassa, costituita per il 60% da legno (appunto…) e il 40% da sansa esausta.

La centrale è entrata in esercizio nel gennaio del 2001 al termine di un programma triennale di investimenti. Ha usufruito delle incentivazioni derivanti dalla produzione di energia elettrica utilizzando fonti rinnovabili, CIP6, che sono terminate nel 2008. Attualmente la centrale è di proprietà del Gruppo Falck.

Riepilogando: la centrale elettrica a biomasse, tra i pochi impianti di questo tipo in Italia, produce energia dai residui di lavorazione del legno.

A Cosenza e Rende ci sono due ditte, la Co.Imm e la Agriforest, che hanno avuto l’affidamento diretto del servizio, a titolo gratuito senza alcuna spesa per le amministrazioni comunali, di disboscamento, di taglio di alberi, canneti e rovi compresi il trasporto e lo smaltimento, sui rispettivi territori comunali. E il deus ex machina di queste ditte è proprio lui, Max Aceto. 

Praticamente Cosenza e Rende pagano questo “eroe” e i suoi tirapiedi con la legna che tagliano. Più tagliano, più guadagnano. Senza gara né manifestazione d’interesse. Per investitura dello “spirito santo”… E non si capisce come fanno a decidere quali alberi devono essere potati o tagliati. Fanno tutto loro. A Villaggio Europa a Rende i cittadini hanno denunciato a più riprese questi tagli selvaggi. A Cosenza, qualche tempo fa, molti cittadini hanno protestato perché è praticamente sparita la villetta di Città 2000.
Premesso che la procedura è sostanzialmente legale ma anche che a nostro avviso non rappresenta una buona prassi amministrativa, ricostruiamo il meccanismo attraverso la Determina n. 273 del 16/12/2014 del Comune di Rende.

Il Dirigente del Settore Lavori Pubblici evidenzia come “si renda necessario provvedere con urgenza alla messa in sicurezza degli alvei fluviali mediante pulizia degli stessi da canneti, rovi e alberi pericolanti nonchè al taglio degli alberi a rischio caduta”.

Considerato che due ditte specializzate fanno richiesta all’Ufficio Tecnico Comunale rendendosi disponibili GRATUITAMENTE all’esecuzione dei lavori, al pagamento di ogni onere all’espletamento delle attività, all’ottenimento del rilascio di tutte le autorizzazoni necessarie in cambio (art. 1 comma 2) o meglio “a condizione che il materiale legnoso venga dato alla stessa ditta esecutrice a compenso dei lavori medesimi” (Traduciamo, tu azienda mi fai i lavori gratuitamente ed io ti pago in natura), ci chiediamo – essendo sempre i soliti malpensanti: non è che il Comune che ha un bilancio dissestato si è messo d’accordo con la ditta per un tot di alberi sani o marci in cambio dei lavori di manutenzione realizzati nell’alveo dei fiumi?

Beh, quello che è accaduto al torrente Surdo conferma in pieno questa ipotesi e il fatto che ci sia di mezzo Max Aceto taglia la testa al toro. Una specie di bingo! Con un’aggravante: in questo caso i lavori non sono autorizzati e quindi sono “illegali”.A dire il vero, nel migliore dei mondi possibili, questa pratica sarebbe addirittura geniale se effettivamente la ditta tagliasse solo gli alberi pericolanti e marci. Purtroppo, al contrario, conosciamo le dinamiche del nostro mondo imperfetto e quando la ditta ti dice che deve tagliare “una quarantina di alberi”, comincia da quelli verdi dicendo che nella lista non ci sono tre alberi secchi segnalati dal comitato da sei mesi e procede a tentoni chiedendo ai residenti quale albero è più opportuno tagliare, qualche dubbio viene.

Il dubbio dilaga quando poi nella determina si legge che la ditta procede “allo smaltimento del materiale legnoso estratto dai lavori in oggetto, presso gli impianti a biomassa”. Il cerchio si chiude, il bilancio in rosso, l’urgenza della messa in sicurezza, il patrimonio naturale del verde urbano da “valorizzare”, la centrale a biomasse che insiste in un’area già fortemente inquinata (zona ex Legnochimica).

Ricordiamo che le centrali a combustione diretta di biomasse hanno un impatto ambientale molto gravoso. Tutte le biomasse bruciate liberano in atmosfera quantità enormi di sostanze altamente inquinanti che per ricaduta vanno ad inquinare l’ambiente e in particolare i terreni agricoli, oltre a formare ulteriori aggregazioni chimiche inquinanti che vanno a depositarsi anche nei polmoni di animali e umani. Infatti a temperature elevate, fino ad 800° C, gli impianti liberano fumi con molte sostanze inorganiche che volatizzano per poi ricombinarsi sotto forma di polveri sottili ovvero di particolato. E tutti sappiamo che la centrale a biomasse della zona industriale di Rende produce i suoi effetti negativi in tutto il comune.