Catanzaro, Petrini si giustifica: “La Reillo s’è messa in mezzo”. Mario Santoro e… Iacchite’

Mario Santoro

di Gabriele Carchidi

L’analisi dell’ordinanza dell’inchiesta Genesi – quella che ha portato agli arresti del giudice Marco Petrini e dei faccendieri Pino Tursi Prato e Mario Santoro – ad un certo punto riserva una “sorpresa” anche per noi di Iacchite’. Si parla sempre del famoso ricorso di Tursi Prato alla Corte d’Appello di Catanzaro per riottenere il vitalizio della Regione revocato per la sua condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e del tentativo di corruzione nei confronti del presidente del Collegio giudicante. 

In data 13 febbraio 2019 veniva registrato un ulteriore incontro tra Emilio “Mario” Santoro e Marco Petrini presso l’ufficio della Commissione Tributaria di Catanzaro. Nel corso dell’incontro veniva captata la conversazione ambientale dalla quale emergeva che i due avevano discusso della tempistica relativa all’emissione della sentenza riguardante il ricorso presentato dal Tursi Prato che, a detta del Petrini, sarebbe dovuta uscire per la fine di febbraio ma che, tuttavia, in considerazione del notevole carico di lavoro assegnato al Collegio, avrebbe potuto subire ulteriori ritardi.

Il Petrini, inoltre, pareva attribuire alla dottoressa Reillo la causa del ritardo… “Eh sì, non lo doveva fare… non si doveva mettere in mezzo... è stata poco corretta lei… Sai che c’è? Alcune volte ci mette come una voglia sua di riscatto… che non c’entra niente no… e non puoi lavorare in questo modo… non c’entra niente, anzi allora quasi conferma quello che diceva prima (a proposito della voglia sua di riscatto, ndr)… se ti comporti così“.

Il 19 marzo 2019 Santoro e Petrini si incontrano nuovamente a Catanzaro lungo la via Mazzini, nei pressi del Palazzo di Giustizia. Petrini conferma che ci sono ritardi per la sentenza di Tursi Prato, in parte dovuti al carico di lavoro (anche 8/9 mesi per una sentenza) ma in parte dovuti anche all’atteggiamento della dottoressa Gabriella Reillo. Petrini infatti afferma testualmente: “Ho capito: è lei che si è messa in mezzo…”. E al riguardo il Santoro riferiva che la voleva distruggere mediaticamente facendo pubblicare, sul conto della giudice, degli articoli di stampa sulla testata giornalistica Iacchite’: “A lei la distruggo… su Iacchite’… la distruggo…“.

Ovviamente, come ben sanno i nostri lettori ma anche gli inquirenti, noi di Iacchite’ non siamo mai venuti a contatto con Mario Santoro né con persone a lui vicine. La prima e ultima volta che ho visto Mario Santoro è stata nell’inverno del 2004 allo stadio San Vito di Cosenza, nel periodo in cui Pino Tursi Prato, per conto di Nicola Adamo ed Eva Catizone, si occupava del Cosenza Calcio, appena reduce da un rovinoso fallimento che aveva fatto precipitare in Serie D i colori rossoblù. Nicola Adamo ed Eva Catizone (all’epoca sindaco di Cosenza) avevano fatto riferimento proprio a Pino Tursi Prato per cercare imprenditori disposti ad assumere la presidenza della nuova società. Ed era stato proprio Tursi Prato ad individuare un gruppo di imprenditori cariatesi. In quella compagine societaria c’era anche Emilio “Mario” Santoro, la cui pittoresca figura non era certo passata inosservata al suo fianco nel corso di quei travagliati mesi della ripartenza del calcio a Cosenza.

Santoro ufficialmente è un medico di Cariati, e ha lavorato per molti anni all’Asp di Cosenza prima di andare in pensione ma tutti sanno che faceva anche tante altre cose. Ha una struttura fisica imponente, diciamo pure che è un omone grande e grosso che incute un certo timore già di per se e con un carisma – riconosciuto da tutti – di grande tessitore, per usare un eufemismo.

In quel periodo lavoravo per una televisione privata e decisi di fare un’irruzione tipo “Le Iene” all’interno degli spogliatoi. Provocai a puntino Tursi Prato e ne uscì fuori un’intervista al fulmicotone che fece scalpore a Cosenza (https://www.youtube.com/watch?v=z4cAobh8OMI). Nel trambusto che si era creato per la mia irruzione insieme al cameraman Vincenzo “Guru” Iaconianni si era fatto spazio Mario Santoro, che già all’epoca era fedele sodale del Tursi Prato (il fermo immagine è stato ricavato proprio da quell’intervista) e ricordo perfettamente che alla fine dell’intervista con Tursi Prato, il mio cameraman, che tra l’altro era di Cariati come lui, mi fece conoscere Santoro, il quale – con modi tutt’altro che “amichevoli” – ci invitava a sostenere la squadra e a lasciare in pace Tursi Prato… Quasi superfluo sottolineare che non ci sono stati più rapporti successivi tra di noi. E doveroso purtroppo ricordare che Vincenzo “Guru” Iaconianni è venuto a mancare nel luglio 2018 e quindi almeno sei mesi prima delle intercettazioni nelle quali Santoro parla di Iacchite’. Come conferma anche il fatto che non abbiamo mai “distrutto” la dottoressa Gabriella Reillo.

Tuttavia, cercando in archivio, abbiamo trovato un riferimento alla dottoressa Reillo ma per una vicenda nella quale era protagonista la sorella, che era stata impelagata in una sorta di “patata bollente” relativa ai traffici della Regione nel Dipartimento Ambiente e in particolare sull’Arpacal, noto carrozzone di malaffare e di clientele, non solo clamorosamente ignorato dalla magistratura ma in un certo senso “protetto” per come emergeva da una vasta inchiesta che avevamo condotto.

L’ex direttore generale Sabrina Maria Rita Santagati, nonostante abbia coperto bilanci farlocchi, non viene inspiegabilmente toccata dalla magistratura nonostante siano praticamente acclarate gravi irregolarità. Chi le protegge le spalle è certamente il marito, Pietro Cutrupi, capitano della Finanza ed esperto di servizi segreti, che a quanto pare conosce molti scheletri che sono ancora rinchiusi nell’armadio di famiglia dell’ex commissario straordinario dell’Arpacal Maria Francesca Gatto (oggi approdata nel caravanserraglio del Turismo del “camerata gonfiato” Orsomarso), sorella di Tonino, ex re della Despar, ma che si occupa anche di altre attività. Ed è per questo che molte carte arrivano anche alla procura di Salerno. 

Ma ecco il passaggio che riguardava le sorelle Reillo, naturalmente non collegato in nessun modo al ricorso di Tursi Prato. E che riproponiamo a beneficio del dottor Gratteri, che mai purtroppo si è interessato di queste delicate vicende di corruzione. L’articolo è stato pubblicato per la prima volta il 10 agosto 2016, pochi mesi dopo l’insediamento di Gratteri a Catanzaro ed è stato riproposto anche un paio di anni fa ma – purtroppo – senza risultati tangibili.

Il gran casino dell’Arpacal: la Regione continua a “salvare” la Santagati e i suoi complici

Oltre ad occuparci di Arpacal, in questa puntata, siamo costretti ad occuparci dell’ultimo cambio di guardia alla guida del dipartimento Ambiente della Regione Calabria.

La giunta regionale ha dato enorme risalto mediatico al provvedimento di affidamento degli incarichi dirigenziali e alla rotazione degli stessi come se stesse facendo qualcosa di innovativo, qualcosa di unico. In realtà stava solo adempiendo, e neanche del tutto, a quanto viene prescritto dalla “normativa nazionale per la Pubblica Amministrazione in materia di anticorruzione” .

Dopo le necessarie precisazioni, possiamo formalmente informare il procuratore della Repubblica Nicola Gratteri (a volte sembra venire anche lui dall’iperuranio!) che gli “incogniti” burattinai hanno pensato proprio a tutto ed in particolare a creare le condizioni affinché la procura di Catanzaro, specie da quando è arrivato il magistrato di grido, anche se si volesse occupare dei reati ambientali, troverebbe ulteriori difficoltà oltre a quelle già in essere.

Il groviglio o la matassa che la procura di Catanzaro si vedrebbe costretta a risolvere riguarda il rapporto di parentela della dottoressa Orsola Reillo (che a nostro avviso è persona perbene e che nulla c’entra con gli intrallazzi vari) nominata direttore generale del dipartimento Ambiente.

La signora Orsola infatti è sorella della dottoressa Gabriella Reillo (per la quale vale quanto già detto per la sorella) che è un magistrato in forza presso il tribunale di Catanzaro.

In questa vicenda ovviamente, e lo ribadiamo a scanso di equivoci, le due sorelle non hanno nessuna responsabilità, anzi al contrario di quello che succede in genere in questa regione, pare che siano persone preparate e capaci per svolgere questi ruoli oltre ad avere i titoli per poterli svolgere, requisito quest’ultimo non consono a molti degli attori che andremmo trattare. Ma la presenza di una delle due al dipartimento Ambiente sembra essere stata prevista proprio per mettere un “tappo” al marciume che c’è. 

Altro fatto concretizzatosi qualche tempo fa, e quindi non riportato tra le carte in mano alla procura di Salerno, riguarda la particolarissima riunione del Comitato d’Indirizzo dell’Arpacal così composto: presidente della giunta Regionale, assessore regionale alla Sanità (adesso sostituito dal Commissario), assessore regionale dell’Ambiente. Ai quali si aggiunge un rappresentante nominato dell’associazione delle province calabresi e un delegato dell’associazione dei comuni calabresi.

Durante la seduta ci sono stati due eventi che in un qualsiasi paese normale non sarebbero potuti capitare in un silenzio assolutamente assordante.

Francesco Caparello
Francesco Caparello

Il primo riguarda la presenza di Francesco Caparello in rappresentanza dell’associazione delle province calabresi. Caparello è un sindacalista della Uil che ha collezionato rinvii a giudizio passando anche per il sequestro cautelare di una somma pari a 300.000 €. Ma è stato anche dirigente del personale presso l’Arpacal mentre aveva incarichi sindacali e non poteva farlo perché violava il comma 1- bis dell’art. 53 del d.lgs 165/01 che recita:

“1-bis. Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni”.  

Detto reato veniva consumato con la netta e tacita complicità dei dirigenti Arpacal, che pur conoscendo la vicenda e vedendo partecipare ai tavoli di contrattazione decentrata lo stesso Caparello, nulla hanno mai eccepito o denunciato alle competenti autorità.

Ebbene, il signor Caparello ancora (!!!) siede tranquillamente nei tavoli dedicati alla soluzione dei problemi dell’Arpacal. Vi pare possibile? E Gratteri che ci sta a fare? 

L’altro elemento strano riguarda una relazione presentata dall’attuale Commissario riguardante la gestione finanziaria dell’Arpacal per il periodo di competenza dalla precedente gestione, ovvero Santagati-De Sensi-Ielacqua. In questo documento sarebbero  “denunciate” molte violazioni.

Domenico Maria Pallaria

Questa denuncia suona molto strana, se si considera che la Regione tramite il Dirigente (Pallaria) a maggio 2015 aveva dato avvio ad un procedimento di decadimento che si esplicitava per tutto l’iter ad eccezione della fase “conclusiva”, proposta e mai adottata dal presidente della Regione.

Va ricordato che la conclusione del procedimento non rientra tra i poteri discrezionali del presidente della Regione ma è un atto “obbligatorio”, si deve concludere nei termini e con un provvedimento conforme alla proposta o, se sussistono condizioni difformi, con le motivazioni che hanno portato all’adozione di un provvedimento difforme a quello proposto.

Alla proposta del dirigente Pallaria, il presidente e la giunta regionale non hanno mai dato seguito per come imposto dalla legge, cosa che certamente avrebbe portato alla nomina di un commissario straordinario dotato dei poteri necessari a superare le criticità evidenziate nel provvedimento di Commissariamento stesso.

Ma il Commissario che oggi opera in Arpacal (la dottoressa Maria Francesca Gatto, sorella dell’imprenditore di Siderno Antonino Gatto, ex re della Despar, incappato diverse volte in inchieste giudiziarie) non ha il potere di Commissario straordinario, infatti la nomina è conseguente presa d’atto delle dimissioni della dottoressa Santagati e non all’esercizio del potere ispettivo da parte del presidente della giunta, che con l’atto di nomina conferisce lo stesso tipo di potere al nominando Commissario.

Tuttavia, ritornando alle stranezze, non è facile comprendere le ragioni che hanno portato la dottoressa Gatto ad elaborare una relazione di questo tipo quando solo pochi giorni prima i dipartimenti Bilancio e Ambiente hanno illustrato prima alla giunta e poi al consiglio regionale i provvedimenti amministrativi di approvazione dei bilanci e dichiarato parere positivo affinché gli atti potessero essere approvati dal Consiglio. Giustificando la violazione dei termini prescritti dall’art. 57 della legge regionale 8/02 come conseguenti ad una serie di disguidi tecnici tra dipartimento e Arpacal.

Ovviamente, essendo in Calabria, nessuno si aspetti che almeno i consiglieri regionali di minoranza evidenzino che la spiegazione data poteva andare bene per il bilancio di previsione 2016 (che doveva essere approvato entro il mese di novembre del 2015) ma non certo per i bilanci previsionali del 2015 e 2014.

Su questi documenti avrebbero dovuto avviare le procedure imposte dalla normativa avvero “dichiarare decaduti gli organi inadempienti”. La dichiarazione di decadenza avrebbe attivato “l’innominabilità” nella Pubblica Amministrazione dei dirigenti responsabili della violazione.

Sabrina Santagati

In sintesi la dottoressa Santagati, il dottor Pietro de Sensi e il dottor Ielacqua, oltre alle eventuali responsabilità del Dipartimento regionale Ambiente (per omessa vigilanza), dovevano essere dichiarati decaduti.

La Corte dei conti avrebbe dovuto procedere all’accertamento e condannare al risarcimento del danno disponendo il recupero delle somme illegittimamente spese nell’ente (trattasi sostanzialmente di tutte quelle che secondo la legge non sono obbligatorie e quindi iscritte nello specifico capitolo di bilancio).

Sia il provvedimento avviato dal Dirigente Pallaria che l’approvazione dei Bilanci da parte del consiglio regionale avrebbero dovuto portare, secondo quanto prescritto dalla legge, al medesimo risultato avvero alla decadenza dei tre manager, cosa che per le stranezze che rendono la materia ambientale “incognita” non è accaduta e non certo per caso.

Proprio per queste ragioni invitiamo ancora una volta il dottore Gratteri, quando avrà un po’ di tempo e non avrà un microfono sotto il naso, ad approfondire gli argomenti trattati e invitiamo anche la procura di Reggio Calabria a voler accertare eventuali ipotesi di reato consumate nella sede del Consiglio Regionale.

Il tutto sempre e come al solito a futura memoria…