Catanzaro, mazzette al giudice: chi ha paura di Manna?

In una città normale il sindaco Manna sarebbe stato già “dimissionato” dalla sua carica di primo cittadino di Rende dall’opposizione, dalla società civile e dai cittadini onesti e rispettosi della legge. Ma nessuna voce fino ad ora si è levata. E Manna è ancora seduto sulla poltrona da sindaco. Segno evidente della paura che infonde negli altri. Tutti lo temono, e nessuno ha il coraggio di chiedere le sue dimissioni.

In un paese normale l’avvocato Manna sarebbe stato, quantomeno, sospeso dall’ordine degli avvocati: non si può esercitare una professione così nobile dopo le confessioni, in sede di incidente probatorio, del giudice Petrini che accusa Manna di averlo corrotto. È chiaro che si è innocenti fino alla pronuncia della Cassazione, ma è anche vero che in questo caso siamo di fronte ad un video chiaro e nitido che immortala l’atto dell’avvenuta corruzione e la confessione del giudice che ammette che in quella busta c’era il denaro concordato con l’avvocato Manna per aggiustare una sentenza. Una prova che più prova non si può: la classica prova regina. La pistola fumante. Una verità inattaccabile. Ma nonostante ciò l’ordine tace, anzi, scrive comunicati di solidarietà a Manna, come se la confessione di Petrini e gli “imbarazzanti” video non esistessero. Eppure la “giustificazione” per sostenere una temporanea sospensione dall’attività di difensore, in attesa di ulteriori chiarimenti, c’è tutta: come sempre è solo una questione di opportunità, e stando ai fatti oggettivi venuti alla luce dopo le dichiarazioni di Petrini, è davvero inopportuno restare incollati alla poltrona.

Ma Manna non molla: è convinto di poter capovolgere ancora tutto, tipico di chi pensa di poter aggiustare le cose attraverso la corruzione e l’intrallazzo, anche se la sua difesa risulta disperata. È certo di poter convincere i fratelli a tentare il tutto per tutto per tirarlo fuori da questa spiacevole situazione. Ma la confessione piena e coerente di Petrini, a cui Manna non vuole arrendersi, non lascia spazio ad altre manovre.

Manna fa finta di non capire: i fratelli lo hanno mollato, la sua posizione è troppo compromessa, neanche un giudice super corrotto può tirarlo fuori senza creare casino. Il suo destino è già segnato. Anche perché Manna nella sua disperata difesa non ha mai spiegato il perché si trovasse con una bustarella in mano nell’ufficio del giudice Petrini. E questo conclamato reato non si può nascondere. Al di là della chiacchiere sul mancato rispetto della garanzie giudiziarie: Manna è stato più che garantito, se fosse successo ad un altro quello che è successo a Manna, ovvero essere ripreso nell’atto di donare una bustarella ad un giudice, questo sarebbe già in galera da un pezzo.

Noi non vogliamo Manna in galera, ma di sicuro pretendiamo che lasci subito la poltrona da sindaco e la toga di avvocato.