Che fine hanno fatto tutte le inchieste sull’eolico in Calabria? Se lo chiedeva qualche tempo fa “Report”, la trasmissione di inchiesta di Raitre di Milena Gabanelli e, in particolare, il giornalista Alberto Nerazzini, inviato sul “campo”.
“Quando ci sono in tutte le indagini coinvolti anche ambienti dell’imprenditoria e della politica calabrese, tutto deve tacere”.
Così parlava Angela Napoli, che quando era deputata di Alleanza Nazionale prima e di Fli dopo, ha fatto di tutto per sensibilizzare la magistratura ad andare fino in fondo.
La politica finisce dentro un’inchiesta in particolare. Non a caso denominata “Eolo”. Che è la matrice di tutte le inchieste, perché indaga sull’intero sistema dell’affare del vento in Calabria. È un lavoro d’indagine immenso, rafforzato dalle dichiarazioni di un imprenditore con interessi nell’eolico che quando finisce nei guai decide di parlare. Il testimone è Mauro Nucaro, già presidente del Cosenza Calcio, e i pm lo ritengono attendibile. Ma l’inchiesta diventa vittima della competenza territoriale e intraprende una vita spericolata: nasce alla procura di Paola, passa agli uffici di Cosenza, e poi finisce a Catanzaro. Intanto gli anni passano. Ne saranno passati almeno tre, forse quattro…
Tutto sta nell’informativa Eolo della Digos di Cosenza. Nell’inchiesta finiscono le riunioni dei vertici della politica regionale per scrivere le linee guida seguendo le indicazioni delle multinazionali compiacenti. E ci finisce una maxitangente di due milioni e 400 mila euro. Ne scrive il Quotidiano della Calabria e tre giorni dopo l’autore degli articoli, Paolo Orofino, subisce una perquisizione e viene indagato.
Quello che è messo peggio di tutti è l’ex numero uno dei Ds in Calabria, Nicola Adamo, ma ci sono anche l’ex assessore all’Ambiente Diego Tommasi, il dirigente regionale (oggi consigliere) Giuseppe Graziano, alcuni uomini delle multinazionali e di imprenditori del vento, come Antonio Speziali, figlio del senatore del Pdl, Vincenzo.
Tutta l’inchiesta adesso è nelle mani di un solo magistrato, Carlo Villani. Sarà pure giovane e valoroso, ma chi potrebbe muoversi agilmente in mezzo a questi 126 faldoni? C’è la minaccia delle prescrizioni e ci sono migliaia e migliaia di pagine di interrogatori, dichiarazioni del testimone chiave, intercettazioni. “Quando il processo passa da due tre procure la riservatezza è impossibile – osservava a “Report” il procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo -. Tra l’altro: i tempi si moltiplicano e la riservatezza se ne va a quel paese…”.
Insomma, rischi concreti di insabbiamento e di prescrizione.
Ma è arrivato il momento di approfondire tutti i temi legati a quel processo e lo faremo presto, molto presto.