Cosenza, le tre ispezioni “insabbiate” al porto delle nebbie (prima parte)

La notizia era di quelle importanti ma i giornali di regime (di carta e online, senza differenza) hanno cercato di “nasconderla” per quanto era imbarazzante e fastidiosa. Ormai più di 4 anni fa (luglio 2018) il Movimento Cinquestelle aveva chiesto un’ispezione ministeriale al Tribunale di Cosenza meglio noto come porto delle nebbie per chiedere conto di decenni di insabbiamenti, di corruzione e di malagiustizia, per come noi raccontiamo ormai da quasi 5 anni su Iacchite‘. E questo spiazzava tutto il sistema di potere che si muove intorno al “palazzaccio”. Ma purtroppo nulla si è mosso: l’allora ministro Bonafede, che pensavamo potesse essere diverso dai suoi predecessori, si è comportato allo stesso modo e ha ricevuto l’ordine di insabbiare. E da allora non è accaduto più nulla, a parte le “tarantelle” di Cozzolino, al cui passaggio ormai ride tutta la città. 

E non è certo la prima volta che il Tribunale di Cosenza finisce nell’occhio del ciclone. Dal 1987 ad oggi sono state ben tre le ispezioni ministeriali che si sono “insabbiate” nel porto delle nebbie e oggi è arrivato il momento di raccontarle in tutto il loro perverso intreccio di poteri forti e interessi inconfessabili.

Trentacinque anni fa, nel 1987, quando il Tribunale di Cosenza subisce la prima ispezione ministeriale, Mario Spagnuolo – attuale procuratore della Repubblica – è già uno dei cardini degli ingranaggi del porto delle nebbie. In particolare, dal 1981 al 1988 svolge funzioni giudicanti presso il Tribunale di Cosenza quale componente e presidente del collegio penale e di quello di prevenzione nonché di giudice a latere della Corte d’Assise.

L’ispezione ministeriale si materializza sull’onda di una protesta sempre più dilagante per come la procura cosentina insabbiava i procedimenti penali per l’Esac (oggi Arsac, ex Opera Sila) e per la Carical (Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania, oggi Carime), due dei più grandi carrozzoni clientelari targati Democrazia Cristiana e – in parte – Partito Socialista. Malaffare e corruzione vengono denunciate a getto continuo, eppure al porto delle nebbie non si muove nulla: decine di procedimenti fermi sul tavolo del procuratore Oreste Nicastro, che ereditava comunque una situazione già disastrosa dal suo predecessore Cavalcanti.

Il più strenuo avversario della magistratura corrotta è Guido Pollice, nato ad Avellino nel 1938, eletto deputato in Lombardia nel 1983 nelle file di Democrazia Proletaria e poi senatore, sempre in Lombardia, nel 1987 risultando l’unico eletto della X Legislatura di Democrazia Proletaria a Palazzo Madama (oltre che unico senatore nella storia ad essere eletto nelle file di DP).

Guido Pollice

Nell’ottobre del 1987, grazie soprattutto al lavoro di Guido Pollice (ma non solo lui) vengono svolte presso la procura della Repubblica di Cosenza un’ispezione straordinaria ed una inchiesta, disposte entrambe dal Ministro Giuliano Vassalli, esponente di spicco del Psi di Bettino Craxi ma il presidente del Consiglio è il democristiano Guido Goria, che cederà ben presto il testimone a Ciriaco De Mita.

Il braccio destro di De Mita è un politico cosentino, Riccardo Misasi, grande capo della Dc calabrese e grande manovratore di incarichi e prebende. Misasi dà il via libera all’ispezione, nonostante tutto il macello che c’è in Tribunale perché il procuratore Oreste Nicastro sta morendo (aveva un tumore) e può tranquillamente diventare il capro espiatorio per anni e anni di malversazioni e omissioni, anche se lo stesso Nicastro ne ha fatto di cotte e di crude per dare linfa alle lobby di potere di cui ha fatto parte insieme ai suoi “fratelli” (di sangue e di loggia). E così l’ispezione – per quanto strombazzata –  alla fine si risolve nella solita bolla di sapone e viene archiviata.

L’INTERROGAZIONE DI POLLICE

Ma ecco l’interrogazione parlamentare d’annata di Guido Pollice dalla quale emerge tutto il verminaio della procura cosentina.

POLLICE ~ Al Ministero di grazia e giustizia.

~ Premesso che il Ministro di grazia e giustizia, in risposta ad una precedente interrogazione parlamentare, ha incredibilmente comunicato:

a) che presso la procura della Repubblica di Cosenza esistono ben 42 procedimenti penali a carico di amministratori dell’ESAC (dei quali peraltro non vengono significativamente forniti gli estremi), dei quali gran parte trasmessi alla locale pretura, per competenza;

b) di aver disposto per l’archiviazione dell’inchiesta ispettiva a carico di detta procura, a seguito del decesso dell’ex responsabile dell’ufficio, dottor Oreste Nicastro,
si chiede di sapere:

CARICAL ED ESAC: I DUE GRANDI BUBBONI

se il Ministro interpellato si renda conto, anche per la lunga esperienza di giurista, della estrema gravità di una decisione che, nella misura in cui concede aperta copertura a certo notorio stato di cose e lascia disciplinarmente e penalmente non perseguite precise responsabilità di alcuni ben individuati settori della magistratura cosentina, finisce con il coinvolgere nel giudizio negativo dell’ opinione pubblica e col vanificare l’opera meritoria di quei magistrati onesti che, nello stesso distretto giudiziario, hanno sempre svolto il loro magistero senza quei condizionamenti e quei legami con la politica locale, che appaiono evidenti in alcune scandalose situazioni di insabbiamento delle indagini sui reati contro la pubblica amministrazione e, in particolare, della CARICAL e dell’ESAC;

se si renda conto che la stessa esistenza di 42 procedimenti penali su un solo ente ~ parecchi dei quali risalenti a moltissimi anni addietro, e ciò nonostante tuttora in fase di atti relativi ~ denuncia con immediatezza, che non richiede esperienza di giurista, una generalizzata situazione di insabbiamento delle indagini, che non poteva far capo alla sola responsabilità del defunto titolare della procura di Cosenza, coinvolgendo invece direttamente quanti, titolari delle varie inchieste sull’ente di sviluppo, avevano l’obbligo ed il potere di perseguire, con autonoma iniziativa, quelle situazioni di gravissimo illecito, invece lasciate impunite nel tempo;

LE INCHIESTE E LE DENUNCE

se sappia conciliare l’archiviazione dell’inchiesta con il perdurare di un quadro che risale ad epoca precedente alla nomina del dottor Nicastro e che non trova precedenti nell’intero paese per disfunzioni della giustizia, come appare dalle martellanti ed inascoltate denunce che, da decenni, provengono da ogni parte politica, anche attraverso interrogazioni parlamentari lasciate senza seguito, malgrado la gravità delle accuse mosse nei riguardi di alcuni settori della magistratura cosentina.

Franco Ambrogio

A cominciare da quelle, lontane nel tempo, dell’onorevole Franco Ambrogio del Partito comunista italiano (che, sin dal 1979, accusava apertamente la procura di Cosenza di «insabbiare gli scandali dell’ESAC»: si veda l’ «Unità» del 19 settembre 1979), per finire con quelle dell’onorevole Gianni, dell’onorevole Costamagna, degli onorevoli Aloi e Valensise, dell’ex sottosegretario alla giustizia Frasca, dell’ex senatore Martorelli, dell’onorevole Luciano Violante e, di recente, dell’onorevole De Julio, tutte rivolte contro le indagini a rilento e l’insabbiamento delle inchieste, sino alle clamorose ed inquietanti dichiarazioni alla stampa dell’ex Alto Commissario antimafia, prefetto Verga, che, in una famosa intervista al «Corriere della Sera» dell’8 giugno 1988, accennava apertamente, dal particolare osservatorio che gli consentiva di parlare, al fatto che i procedimenti giudiziari sull’ESAC “vanno molto a rilento… Non dico che ci siano intimidazioni nei confronti dei magistrati ma in effetti c’è un’atmosfera tale che tutto si blocca“, in un contesto che non poteva e non può riguardare la sola posizione del defunto procuratore della Repubblica, venendo invece in essere, sotto il profilo omissivo, l’inosservato obbligo di vigilanza del procuratore generale e del presidente della corte di appello di Catanzaro, per la totale mancanza di iniziative d’ufficio a rimozione del notorio degrado della procura di Cosenza;

LA GRAVITA’ DELLE ACCUSE

se si sia fatto carico di rilevare, a ragione dell’ufficio, che, in molti casi, quelli riguardanti l’ESAC sono veri e propri procedimenti penali, tuttavia mantenuti in fase di atti relativi, nonostante il tempo trascorso ed i sufficienti elementi di colpevolezza degli imputati, lasciati tranquillamente ai loro posti, con libertà di accesso alle prove, malgrado la gravità di fatti come quelli oggetto dei procedimenti n. 391/88 PM per peculato ed altro e n. 1775/88 RG~C, per i quali solitamente si procede alla emissione di mandati restrittivi;

se sia a conoscenza o meno dei motivi per i quali non si procede in alcun modo, neanche con mandato di comparizione (per non parlare dell’applicazione, quanto mai opportuna, dell’articolo 140 del codice penale), nei riguardi del direttore generale dell’ESAC, ingegner Faustino La Verde, e del commissario, dottor Mario Petrillo, ad onta di un gran numero di procedimenti penali lasciati a decantare;

se intenda, finalmente, far conoscere, nel dettaglio, tutti i procedimenti penali a carico di amministratori e funzionari dell’ESAC ed i motivi dei gravi ritardi verificatisi nella loro definizione, a ripristino della tanto a lungo violata legalità in seno all’ente di sviluppo, oggetto di un’inchiesta da parte dell’ Alto Commissario antimafia, anche questa a rilento.

GUIDO POLLICE: 222 INTERROGAZIONI PARLAMENTARI!!! COPERTE RESPONSABILITA’ BEN PRECISE

A questo punto vi diamo conto della seduta pubblica del dicembre 1991 nel corso della quale Guido Pollice circostanzia ancora di più le sue accuse.

Signor Presidente, una questione di estrema importanza come la vicenda dell’Ente di sviluppo dell’agricoltura in Calabria finalmente approda alla cronaca nazionale e ho dovuto in pratica sudare otto anni perché si parlasse di tale questione.

Tuttavia non se ne parla con i responsabili della vicenda, cioè con i vari Ministri dell’agricoltura, con i vari Presidenti del Consiglio o con i vari Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio: sono costretto a parlarne con il Sottosegretario per la grazia e la giustizia perché della questione dell’Ente di sviluppo dell’agricoltura in Calabria, fonte di malaffare, fonte di ruberia, fonte di discredito, fonte di metà o di tutti i mali della Calabria, non si è mai potuto discutere e lo si fa oggi, perché, nonostante ben 42 procedimenti penali a carico degli amministratori dell’Ente di sviluppo dell’agricoltura della Calabria siano stati definitivamente archiviati, alla domanda per quali ragioni fossero stati archiviati il Ministero di grazia e giustizia ~ autorità competente ~ praticamente se l’è presa con il procuratore generale della Repubblica di Cosenza che, nel frattempo, è morto.Ora, se questa non è una vicenda all’italiana, se non è una vicenda di ordinaria follia, se non è una vicenda di ordinario malcostume, ditemi voi di che cosa si tratta.
All’Ente di sviluppo dell’agricoltura in Calabria (a questo ente aggiungerei anche la Cassa di Risparmio della Calabria: sono due bubboni della gestione pubblica, per cui non c’è da meravigliarsi che in Italia si parli male della Calabria, delle regioni meridionali, ma in modo particolare di questa martoriata regione) si permette e si continua a permettere ~ con l’impunità e con l’immunità concessa a questi mascalzoni ~ di fare quel che vuole, nonostante le denunce alla Procura della Repubblica.

Tali denunce restano lettera morta per la bellezza di dieci anni, trascorrono talmente tanti anni che questi procedimenti penali vengono archiviati. Ditemi allora con chi se la devono prendere i cittadini e l’opinione pubblica in generale. Vorrei far notare che mi si risponde oggi ad una interpellanza che ho presentato il 14 marzo 1989 (siamo a dicembre del 1991, ndr).

A ciò vorrei aggiungere che sulla vicenda dell’ESAC ho presentato 222 interrogazioni (ripeto: 222 interrogazioni) ed è la prima volta che mi si risponde in Aula. Tutte le volte che mi è stata fornita una risposta scritta mi è stato detto che non si poteva dar seguito alle mie interrogazioni perché erano aperte delle inchieste giudiziarie. Tutte le mie interrogazioni hanno avuto questa risposta.

Finalmente, quando mi rispose il Ministro di grazia e giustizia, mi disse che ~ ahimè ~ non poteva più rispondere in quanto tutti i procedimenti erano stati archiviati. Sotto quel documento la firma era quella di un illustre parlamentare che oggi ricopre un’importante carica istituzionale, il ministro Vassalli. Si può ben immaginare ~ visto che non ritengo che la risposta sia stata scritta da Vassalli ~ che gli uffici siano stati incauti nel mettere in bocca all’ex Ministro, attuale giudice costituzionale, una risposta di tale irresponsabilità che non trova assolutamente riscontro.

Si sono insabbiate le indagini, si è coperta la ruberia di Stato e quella regionale, si sono coperte responsabilità ben precise. Chiedo allora al Sottosegretario per la grazia e la giustizia le ragioni di questa vicenda, una vicenda della quale si sono occupati decine di parlamentari di tutti i partiti. Non sono il depositario della verità su tali fatti, però sia ben chiaro che per quanto riguarda l’Ente di sviluppo della Calabria non terminerà qui la nostra battaglia.

Ho già pubblicato un «libro bianco» su tale vicenda e sono stato denunciato. Ecco, sottosegretario Castiglione: sulla denuncia presentata nei miei confronti si è aperta immediatamente un’inchiesta. Ciò vuol dire che ci sono dei magistrati felloni, dei magistrati in combutta con chi ha rubato e sta rubando in Calabria. È incredibile: ho presentato migliaia di denunce e queste sono state archiviate dopo che era passato tanto tempo; vengo denunciato io e dopo pochi mesi si apre un’inchiesta contro di me e contro chi ha preso tale iniziativa insieme a me a Cosenza. Allora vuoI dire che i magistrati sono in combutta.

LA RISPOSTA DEL GOVERNO

A Pollice risponde un oscuro sottosegretario, tale Castiglione…. 

In primo luogo ~ credo che questo sia ben noto al senatore Pollice ~ nell’ottobre del 1987 furono svolte presso la procura della Repubblica di Cosenza un’ispezione straordinaria ed una inchiesta, disposte entrambe dal Ministro. Quali cause dell’insoddisfacente situazione dell’ufficio furono, attraverso questi accertamenti, individuate l’insufficienza di organico dei magistrati, le continue scoperture dell’organico, la giovanissima età dei sostituti, nonchè le precarie condizioni di salute del dottor Nicastro (allora procuratore della Repubblica, poi deceduto pressochè in concomitanza dell’attività ispettiva); infine gli accertamenti hanno indicato la complessità istruttoria dei vari procedimenti penali pure pendenti presso quella procura nei confronti della criminalità organizzata, procedimenti, questi, che richiedevano una priorità istruttoria rispetto a quelli di cui si chiede notizia da parte dell’interpellante.

Oreste Nicastro (terzo da sinistra)

Nel corso dell’anno 1988 l’inchiesta si concluse con l’archiviazione degli atti per la sopravvenuta morte del dottor Nicastro, nessuna altra responsabilità essendo stata ravvisata per i magistrati in servizio; l’ispezione fu altresì archiviata, su proposta della direzione generale della organizzazione giudiziaria del Ministero di grazia e giustizia, non ravvisandosi elementi di espressione disciplinare; nel contempo furono segnalate al procuratore generale di Catanzaro le disfunzioni riscontrate, affinchè il neoinsediato procuratore della Repubblica di Cosenza vi ponesse rimedio entro congruo termine.
n procuratore della Repubblica di Cosenza con nota del gennaio 1989 segnalava l’avvenuta regolarizzazione di alcuni servizi, nonchè un notevole abbattimento delle pendenze dei procedimenti penali riscontrate alla verifica ispettiva. Nondimeno asseriva di essere stato nell’impossibilità di smaltire completamente l’arretrato, adducendo carenze di organico e la necessità di far fronte all’imminente sessione di Corte di assise.

Nondimeno, il Ministro, nell’ambito delle proprie prerogative istituzionali, ha disposto, in data 23 luglio 1991, per il tramite dell’ispettorata generale del Ministero, l’avvio di un’inchiesta per l’approfondito accertamento di eventuali disfunzioni o anomalie nella gestione, presso gli uffici giudiziari di Cosenza, dei procedimenti penali a carico dei responsabili dell’ente predetto.
I risultati degli accertamenti compiuti sono in corso di acquisizione e formeranno oggetto di ogni possibile approfondita valutazione ai fini dell’adozione di ulteriori iniziative di competenza; ci è appena pervenuto il fascicolo e in breve saremo in grado di fornirne gli elementi.

L’AMAREZZA DI POLLICE

E questa è la controreplica, amara e rassegnata, di Guido Pollice. 

Signor Presidente, voglio rispondere, anche se non ce l’ho con il sottosegretario Castiglione, ma con questo vergognoso sistema giudiziario, che ora finalmente si apre una inchiesta sui magistrati e sulla gestione della magistratura in quel di Cosenza e più in generale in Calabria, ma io so già come andrà a finire.

Lo dico qui, così diventa un atto pubblico: alla fine dell’inchiesta metà della responsabilità ricadrà sul giudice che è morto, il quale un giorno, alla procura della Repubblica, mi portò in una stanza e mi fece vedere allineati sul suo tavolo gli incartamenti relativi ai 42 procedimenti penali, dicendomi che erano alla sua attenzione. Erano infatti alla sua attenzione, erano sul tavolo e così si è andati avanti ancora tanto tempo da far scattare i termini dell’archiviazione.

Sottosegretario Castiglione, non posso non farle rilevare l’estrema lentezza dell’istruttoria; conosco il meccanismo della giustizia in Calabria, come in Sicilia, in Puglia o a Milano. Il problema non è di carenza di personale o di mancanza di giudici, non è che, i giudici giovani non siano capaci di fare il loro mestiere, ma è che, continuando questo stato di cose, chi ha rubato in Calabria continuerà a rubare eternamente.

Purtroppo, infatti, il problema della giustizia non si risolverà nè domani nè tra due anni e quindi chi ha profittato di un posto di potere all’interno di enti di gestione economica, come l’ESAC ~ che è un centro di potere, di procura di voti e di malaffare ~ continuerà a farlo eternamente, perché la situazione della giustizia non si risolverà; lo abbiamo visto e lei sa meglio di me che questa situazione non si risolverà in breve tempo.

Non mi sembra casuale che tra tutti i procedimenti che lei ha richiamato uno di quelli ancora aperti sia rivolto contro uno dei funzionari che ha denunciato la gestione dell’ESAC. Ma porca di quella miseria! È mai possibile che chi denuncia chi ruba venga denunciato mentre chi ha rubato ~ dimostrando di aver rubato, vessato e approfittato del suo ruolo attraverso 100.000 prove ~ nel migliore dei casi veda archiviata il procedimento nei suoi confronti oppure, se si è arrivati al processo, venga assolto?

Tutto questo è desolante, non so più cosa fare e in che modo comportarmi. Ho parlato di 222 interrogazioni e voi sapete, onorevole Presidente, illustrissimo rappresentante del Governo, cosa è successo nel frattempo. È successo che il consiglio regionale della Calabria ha sciolto il consiglio di amministrazione dell’ESAC, ha nuovamente nominato il presidente del consiglio di amministrazione; il CORECO non ha mai approvato questo atto, il TAR neanche e chi gestiva l’Ente di sviluppo dell’agricoltura in Calabria continua a gestirlo. La regione non è mai intervenuta, complice essa stessa, gestita dai socialisti e dai democristiani e, per una fase, anche dai comunisti. Infatti, è un centro di potere vergognoso in Calabria, e si continua come se niente fosse.

La magistratura ~ lo dico esplicitamente perchè bisogna assumersene tutta la responsabilità ~ ha fatto da controcanto a questo stato di cose; se non ci fossero stati magistrati in combutta con l’Ente di sviluppo per l’agricoltura in Calabria, e con la CARICAL, che era l’ente finanziatore (10.000 volte, 100.000 volte sotto inchiesta, poi sciolta, dove sono stati rubati soldi, dove si sono registrate molte «sofferenze», dove non è mai intervenuta la magistratura), le cose non sarebbero andate così.
Aspetto i risultati di questa inchiesta: cosa devo fare? Aspetterò e vedrò cosa direte, ma posso già immaginare la risposta. Succederà quanto si è verificato in occasione di quel famoso concorso, per cui uno dei partecipanti, prima delle prove, ha consegnato ad un notaio l’elenco dei vincitori, vincendo così una scommessa, fatta con i suoi amici, sui nominativi.
Io vincerò la scommessa ancora una volta, poichè sicuramente tutte le responsabilità ricadranno sul procuratore della Repubblica che è morto.

Nella seconda parte vi racconteremo il resto di questa amara farsa.

1 – (continua)