‘Ndrangheta e Open Fiber tra Marche, Umbria e Calabria: arrestato imprenditore calabrese

Dalle prime ore di oggi, i carabinieri del Ros stanno eseguendo, nelle province di Ancona, Perugia e Reggio Calabria, un fermo di indiziato di delitto emesso dalla procura Distrettuale Antimafia di Ancona, nei confronti di tre professionisti marchigiani e di un imprenditore calabrese per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio commessi con l’aggravante mafiosa. Contestualmente sono in corso decine di perquisizioni con l’impiego di oltre 100 carabinieri. L’operazione è denominata “Open Fiber”.

Open Fiber è la società attraverso la quale il Gruppo Enel insieme a Cdp ha cominciato ad operare nel mercato della fibra ottica italiano. Come lascia intuire il nome, non fornisce offerte ai consumatori in maniera diretta. Si tratta infatti di un operatore wholesale, vale a dire che opera nel mercato all’ingrosso offrendo la propria infrastruttura ai provider autorizzati.

L’indagine ha permesso di accertare dei contatti tra gli arrestati e la cosca ‘ndranghetista degli Alvaro di Sinopoli, in provincia di Reggio Calabria. L’imprenditore arrestato, Domenico Laurendi, infatti, è considerato affiliato alla cosca ed è attivo proprio nel campo della fibra ottica. Ora dovranno rispondere di riciclaggio e autoriciclaggio commessi con l’aggravante mafiosa. Inoltre i militari hanno sequestrato nelle Marche alcuni immobili per un valore complessivo di 1.500.000 euro, nonché sono state eseguite numerose perquisizioni nei confronti di altri tre indagati, nonché di soggetti e società che, dislocati in varie regioni del territorio nazionale e all’estero, sono emersi nel corso delle attività d’indagine.

L’intervento odierno scaturisce dagli esiti dell’indagine “Open Fiber”, avviata dal Ros dei Carabinieri nel gennaio 2018 a seguito di alcune segnalazioni per operazioni sospette, pervenute dall’Uif della Banca d’Italia.

Operazioni per le quali sono stati accertati stabili rapporti economici tra l’imprenditore calabrese e i professionisti marchigiani destinatari del provvedimento di fermo di indiziato di delitto. Le indagini hanno documentato un complesso meccanismo di triangolazioni finanziarie tra Italia, Inghilterra e Svizzera, che ha coinvolto altri professionisti indagati ma non destinatari del provvedimento di fermo, mediante il quale cospicue somme di denaro riconducibili all’organizzazione criminale sono state riciclate, tramite l’imprenditore calabrese, attraverso l’acquisto dei beni immobili sottoposti a sequestro preventivo. Nel contesto delle indagini, vi è stato un costante e puntuale coordinamento della Procura Nazionale Antimafia, dato che lo stesso imprenditore calabrese risultava coinvolto in un’inchiesta sulla medesima cosca degli Alvaro, condotta dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria.