Riace, per liberare Mimmo non bastano più le solite “iniziative”

La solidarietà è un atto concreto. Non può e non deve esaurirsi dopo una “stretta di mano” o un bel “siamo tuttimimmolucano”, al termine, magari, di una bella giornata di lotta. Certo, l’incontro, la comunicazione, la visibilità restano un punto fondamentale della lotta contro l’ingiustizia e il malaffare, ma non bastano più. Con il caso Mimmo Lucano l’apparato repressivo illegale, voluto da certa politica con l’appoggio di certa magistratura (servizi segreti annessi), da tempo utilizzato contro i nemici della paranza politica (vedi processo No-Global), ha dato il meglio di se. Bene fanno i compagni, le compagne, i sindacati di base, gli artisti, gli intellettuali, i cantanti, la gente comune, a stringersi attorno a Mimmo: quando si finisce nell’infame rete della malagiustizia gestita da magistrati corrotti e politici collusi, il calore umano, che si sprigiona da iniziative come quella di oggi a sostegno di Mimmo, al momento, resta l’unico antidoto. Ma pensare di poter competere nella lotta contro un sistema che si avvale dello stato e dell’antistato, o di poter fermare “l’esecuzione della pena” ribaltando una vergognosa sentenza frutto di un accordo tra massomafiosi, con qualche comunicato, qualche birra in piazza, e qualche apparizione in TV, permetteteci di dirlo, è un po’ da ingenuotti.

Dice l’accusa nei confronti di Mimmo: non esistono “reati a fin di bene”, facendo leva sulle tante irregolarità amministrative commesse da Mimmo in qualità di responsabile dei progetti Sprar a Riace. Carte alla mano, dice il procuratore capo di Locri, i reati sono più che evidenti. Ed è questo il loro punto di forza, anche se tutti sanno che Mimmo non si è mai arricchito, né tantomeno ha stornato fondi per dirottarli in affari illeciti, le irregolarità amministrative commesse da Mimmo sono state tutte finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita dei migranti, e i fatti parlano chiaro, nessuno può dubitare dell’onestà di quest’uomo che ha sacrificato gran parte della sua vita per aiutare il prossimo e dare speranza a chi speranza non ha più. E scusate se è poco. Ma per l’accusa Mimmo ha violato il codice penale, e se a fin di bene o no, in entrambi i casi, merita la galera. È la Legge che lo dice. Ed è quello che con molta probabilità succederà: in appello la condanna a 13 anni, che ha suscitato uno sdegno generale, sarà diminuita, magari a 5 o 6 anni con cosenguente conferma  da parte degli ermellini della Cassazione e per Mimmo si apriranno le porte del carcere. E nessuno, tranne il presidente della Repubblica, potrà fare più niente.

Ecco, è questo finale (altamente probabile) che a noi non piace. E allora bisogna passare a una nuova narrazione del “caso Lucano”. Certo, la responsabilità di Mimmo in questa triste vicenda, è evidente, e va detta: avrebbe dovuto dire sin da subito quali erano le sue intenzioni rispetto alla gestione del denaro pubblico. Avrebbe dovuto dire, ispirandosi a personaggi che Mimmo conosce benissimo come ad esempio Martin Luther King, Gandhi, o Sant’Agosrtino: “Le norme imposte dallo stato per la gestione dei fondi a sostegno dei migranti non tengono conto della realtà e dell’umanità di questa “missione”, perciò ho deciso di trasgredirle”. La gente oggi, magari, avrebbe meglio compreso la sua vicenda. Invece Mimmo non ha mai spiegato pubblicamente come per tanti anni è avvenuta la gestione dei fondi (milioni di euro) dei progetti Sprar. In tanti neanche sapevano che il “modello Riace” fosse finanziato completamente dallo stato, pensavano che tutto si reggesse sulla buona volontà di Mimmo e la solidarietà di molti calabresi. Sta qui “l’equivoco”. Ma ciò non toglie che Mimmo resta vittima a tutti gli effetti di un complotto massopolitico pensato e messo in atto da pezzi deviati dello stato.

Ecco, è di questo che bisogna parlare, e su questo tema mobilitare qualche parlamentare, anche europeo, in grado di portare nelle sede istituzionali, tutti i dubbi legati al “caso Lucano”. Bisogna fare pubblicamente i nomi e i cognomi dei loschi personaggi che si celano dietro la vicenda Lucano. Mimmo è vittima di personaggi come Minniti e Salvini (rappresentato in Calabria da pezzi di malacarne) che da tempo non tolleravano più la sua “grande visibilità”: distruggere Riace, e quindi Mimmo, per fermare una idea di accoglienza sempre più popolare, vista da certa politica come un ostacolo all’avanzata del “populismo”. Ridimensionare Lucano per non concedergli più parola in materia di “immigrazione”, sminuendo la sua mondiale autorevolezza. Questo lo scopo di Salvini, del Prefetto, di Minniti, dei commisari Sprar, e dei tanti che hanno partecipato, dietro lauto compenso, al complotto contro Mimmo. In questa storia la politica ha ordinato e la magistratura ha eseguito. E infatti tra le tante stranezze della vicenda Lucano, quella che più salta agli occhi è proprio la strana promozione del giudice che ha condannato a 13 anni Mimmo. Noi lo abbiamo scritto, ma a nessuno sembra interessare. Lo riproponiamo in questo pezzo con la speranza che possa arrivare, tramite qualche politico serio e onesto, alle orecchie del ministro della Giustizia. Perché è da qui che bisogna partire per liberare Mimmo e fare Giustizia fino in fondo.

Questo l’articolo sul giudice che ha emesso la sentenza Lucano

http://www.iacchite.blog/riace-la-miracolosa-promozione-del-giudice-accurso-e-la-strana-mazzata-a-lucano/