Ursula, la regina dei sepolcri imbiancati e l’offerta “che non si può rifiutare”

(Andrea Zhok) – Ursula von der Leyen dice che se le elezioni “vanno male”, loro, cioè la commissione europea, “ha gli strumenti”. Mancava l’aggiunta “faremo un’offerta che non possono rifiutare” e la metamorfosi della baronessa in don Vito era completa.

Per comprendere il funzionamento del modello “democratico” europeo (l’unico modello, ricordiamolo, in cui il parlamento eletto dai cittadini europei NON elegge l’esecutivo, cioè la Commissione) basta vedere l’ultimo esercizio di democrazia nei confronti dell’Ungheria.

L’Ungheria ha un governo di tipo clerical-conservatore. Non precisamente il mio paradigma preferito, ma gli ungheresi continuano a sostenerlo da parecchi anni con il loro voto (e con un’affluenza alle urne con oltre il 70%).

Anche la Polonia ha un governo di tipo clerical-conservatore, in effetti molto più clericale e autoritario, e con all’opposizione un altro partito di destra.

In prima battuta da Bruxelles si è ritenuto di far sapere che entrambi i governi, per quanto eletti con ampie maggioranze in libere elezioni, non rappresentano la democrazia europea e andranno sanzionati.

E già qui qualcuno che fosse rimasto aderente alla vetusta nozione del rispetto del voto popolare, anche quando sgradito, potrebbe sollevare un sopracciglio.

Ma poi, siccome la Polonia è un fervente sostenitore della Nato contro la Russia, mentre l’Ungheria cerca di mediare con la Russia, allora d’un tratto l’Ungheria, e la sola Ungheria, viene dichiarata un “regime ibrido di autocrazia elettorale” (ottima definizione, me la segno per il Draghi 2). E per questo, perché i valori democratici non sono negoziabili, vivaddio, si procederà a sospendere l’erogazione dei fondi del Recovery Fund finché Budapest non emendi i propri comportamenti.

Naturalmente non si è mosso ciglio nelle proverbiali culle del libero pensiero occidentale. La pletora di giornalisti a libro paga, di maggiordomi di Washington e di beoti che si informano al tiggì non sono da tempo più in grado di discernere alcuna forma di doppiopesismo e pretestuosità.

L’atteggiamento di fondo – ma non ammesso neanche con se stessi – di questa gente, che è maggioranza nel paese, è: “tagliamo corto, se viene incontro alle mie opinioni è giusto e chi non è d’accordo, se non si può difendere, va schiacciato.”

Lo abbiamo visto nell’esibizione di ferocia sprezzante contro i dissenzienti nel periodo pandemico, così come lo vediamo nei continui doppiopesismi per cui ciò che vale per l’Ucraina non vale per il Kossovo, ciò che vale per la Russia non vale per Israele, ciò che vale per Taiwan non vale per l’Iraq, ecc. ecc.

E’ gente che ha una concezione dei rapporti di ogni genere completamente ed esclusivamente legati all’idea che il più forte ha sempre ragione, un concetto che ha avuto i suoi giorni di gloria negli anni Trenta del ‘900, ma che nell’Occidente liberaldemocratico è travestito con un vello di morbido dirittumanismo, di buonismo sceneggiato, di fuffa sentimentalprogressista.

Viviamo nell’epoca più falsa e ipocrita della storia, il regno dei sepolcri imbiancati, della malafede e della prevaricazione sorridente divenute seconda natura. La violenza e il ricatto illimitato di cui siamo portatori sono dissimulati in modo da non consentire ai più di vederla e di reagirvi, e questo rende i regimi attuali i più insidiosi che la storia abbia conosciuto.