Willy, e se fosse toccato a mio figlio?

di Alberto Laise

Sulla morte di Willy ci sarebbe da scrivere un’infinità di cose. A me viene da riflettere sul fatto che, al posto di Willy e di Colleferro, poteva esserci un qualunque altro ragazzo ed una qualunque altra cittadina italiana.

Il nostro Paese è oramai pieno di soggetti subumani come quei quattro. Li vedi andare in giro, ridicoli, con i muscoli ipertrofici, imbottiti di steroidi, con tatuagi che li rendono più simili ad una pagina di Postalmarket che ad altro. Inneggiano al fascismo, alla purezza della razza (il che è ridicolo visto che spesso sono figli di padre incerto e sicuramente di padre che vedendoli non si chiede “ma quel giorno perché non mi sono accontentato di una sana pratica “onanistica”?), alla difesa della patria… poi provi a sentire cosa hanno da dire e ti rendi conto che hai d’avanti un encefalogramma piatto… una sottospecie di ficus.

Le loro storie sono tutte uguali: spaccio, risse, criminalità di bassa lega, usura. Ed è lì che ti chiedi: ma se tutti sanno, se tutti vedono… perché non sono in carcere? Perché non li sbattono dentro con la stessa leggerezza che usano con i poveracci?
Ed è difficile non pensare al fatto che troppe volte quegli ambienti neofascisti siano brodo primordiale dove trovano ispirazione troppi uomini in divisa. Ma questa è un’altra storia.
La storia che possiamo vedere nelle nostre città è quella di banditi che impunemente sfoggiano la loro arroganza e la loro violenza e che sono li a rappresentare un pericolo reale per i ragazzi normali.

E ti chiedi perché nessuno si faccia una semplice domanda: come cazzo è possibile che gente senza arte ne parte possa sfoggiare auto da 70mila euro? No… per carità… il pericolo è il nero che sbarca in spiaggia e che si rompe culo nei campi di pomodoro a 2 euro a cassetta.
Ergastolo, pena di morte… urlati nelle chat fasciste e leghiste, ora sono sospiri che ipocritamente lasciano spazio ad un, certamente più opportuno, “si punisca il colpevole”. Ed è giusto…è la legge a dover fare il suo corso. Ma dev’essere così sempre. Non solo se il carnefice ha tatuato un fascio littorio sul culo (che è l’unico posto adeguato su cui tatuarselo).

E non illudiamoci che “in fondo era solo un extracomunitario” sia lo sfogo di un parente annebbiato dalla stessa merda che compone il cervello di quei quattro delinquenti. Quel pensiero accompagna e corrode gli animi della maggioranza di questo Paese. C’è la convinzione profonda che Willy, in fondo, non merita la stessa pietà e la stessa rabbia di un Marco dagli occhi azzurri… È il risultato di anni di odio vomitato addosso alla gente. Di informazione sgangherata e tendenziosa made in Mediaset. È il prodotto di Libero e di tutta quel pattume che non verrebbe buono, in un Paese sano, nemmeno per impacchettare gli scarti per il cane.
Ed a Willy in fondo è andata bene… ha una comunità che lo piange. Ha la pietà dei suoi amici…
A tanti altri, ammazzati come lui, non resta nemmeno quello.
Ed allora, parafrasando certi film, pensate per un minuto: e se fosse toccato a mio figlio?
In questo contesto mi sento di invitare il consiglio comunale della mia città, Corigliano-Rossano, a proporre un minuto di silenzio per tutte le vittime d’odio e di violenza squadrista. La sensibilizzazione delle coscienze passa anche attraverso questi piccoli gesti di dignitosa ribellione e solidarietà.