Alfredo Cospito. Fino all’ultimo respiro (di Gioacchino Criaco)

Alfredo Cospito. Fino all’ultimo respiro

di Gioacchino Criaco

L’ora d’aria, al 41bis, è davvero una sola ora d’aria al giorno. Un solo colloquio al mese. Un solo pacco. Un solo libro…
“Uno solo”, la metafora perfetta per gli 800 fantasmi del carcere duro.
30 anni di legalismo medioevale hanno chiuso occhi, orecchie, cuore a quasi tutti. I più evitano l’argomento, chi ci si cimenta si cautela con premesse filosofiche e chilometriche. Eppure non c’è da premettere, solo da essere chiari, con se stessi soprattutto.
Alfredo ha fatto una scoperta terribile, purtroppo per lui, da qualche mese: il 41 è la forma di punizione penale più spaventosa che il regime delle sanzioni si poteva inventare. La morte è un buffetto al confronto. Perché è morte propinata lentamente. In due anni il cervello si frigge e vaghi, fra gli anfratti delle nuvole, entri nell’ultimo dei gironi dell’inferno e non ne esci più.
E a ognuno, questa terribilità, può stare bene. Ma lo si deve ammettere: meritano l’orrore, e si è per l’orrore. Dente per dente, anzi, il più delle volte, vendetta sproporzionata.
Così, senza alibi.
Chi vuole la durezza. Questa durezza la deve conoscere per ciò che è.
Il 41 è orrore. Non c’è nulla di umano in esso o, forse, c’è l’umanità per ciò che essa veramente sia: ancora, totalmente immersa, nella caverna. Il dire che chi lo subisca sia disumano, significa essere alla pari: male e male
Alfredo Cospito, qualunque sia la sua storia, ha deciso di donare la propria vita, non perché il 41 cessi per lui, perché tutti, senza finzioni, sappiano cosa sia il 41.