Amantea, Franco La Rupa e la Giustizia: una telenovela infinita

Franco La Rupa

E’ di poche ore fa la notizia del nuovo provvedimento della magistratura nei confronti di Franco La Rupa, ex consigliere regionale ed ex sindaco di Amantea, al quale la Dda di Catanzaro ha sequestrato beni per 9 milioni di euro ad appena sei mesi di distanza dall’ultimo arresto. Si tratta dell’ennesima puntata di quella che possiamo definire ormai una telenovela infinita. 

Ma con una doverosa premessa: le battaglie che portiamo avanti contro la corruzione e il malaffare dilagante nei confronti del sistema politico e dei colletti bianchi non hanno come conclusione quella di tenere in carcere chi delinque. Il fine ultimo, la speranza è quella di non vederli più nè in prima persona nè come ispiratori in progetti politici. Il problema non è se La Rupa sta o meno in carcere ma il tipo di reato per il quale è indagato ossia voto di scambio e corruzione. E tutti dovrebbero aver capito ad Amantea che di certi personaggi non ci si può fidare. Tutto qui.

Detto questo, il discorso cade inevitabilmente sul solito La Rupa… Di seguito tracciamo i momenti salienti di questo tormentato rapporto con la Giustizia.

L’ultima volta prima di aprile 2018 e prima del sequestro di beni di ieri era stata il 21 luglio 2017 e non era certo il primo episodio eclatante della discutibile carriera politica di Franco La Rupa, ormai sulla scena da decenni in una vorticosa altalena di successi elettorali e di pesantissime indagini della magistratura.

Franco La Rupa era stato ritenuto responsabile di “voto di scambio” e “tentata estorsione” in concorso con il consigliere comunale Marcello Socievole. 

L’attività investigativa, svolta dai militari e coordinata dal procuratore della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni e dal sostituto procuratore, Anna Chiara Fasano, aveva permesso di accertare come le persone coinvolte, nel corso della campagna elettorale per le elezioni dello scorso anno che hanno portato all’elezione del sindaco Pizzino e del consiglio comunale di Amantea, abbiano esercitato “pressioni”, Socievole quale candidato poi eletto e La Rupa come sostenitore della relativa coalizione elettorale, nei confronti di un soggetto al fine di indurre la sua fidanzata e la famiglia della stessa a votare per il consigliere comunale arrestato con la minaccia che altrimenti a quest’ultima non sarebbe stato rinnovato il contratto di lavoro a termine presso la scuola materna gestita dal comune di Amantea attraverso una cooperativa.

La Rupa ha fatto tutta la trafila nella sua Amantea: consigliere comunale, assessore e poi anche sindaco prima di spiccare il volo verso il consiglio provinciale e, nel 2005, in quota UDEUR di Clemente Mastella (che i “campioni” se li raccoglieva tutti), al consiglio regionale.

L’anno 2007 (quando era stato eletto da due anni alla Regione) è quello in cui La Rupa viene messo a dura prova dalla magistratura. La Dda di Catanzaro lo accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Si trattava dell’operazione “Nepetia” scattata il 20 dicembre con l’emissione di 39 fermi a carico di altrettanti presunti appartenenti alla cosca Gentile di Amantea, tra cui il boss Tommaso Gentile. Anche il politico finisce in carcere.

A Franco La Rupa, il 19 marzo 2008, erano stati poi applicati gli arresti domiciliari per voto di scambio politico-mafioso in occasione delle elezioni regionali del 2005. Per gli inquirenti il politico avrebbe versato 83.000 euro alla cosca mafiosa Gentile in cambio di sostegno elettorale. La somma poi sarebbe servita per acquistare una motonave per fini turistici.

La Rupa avrebbe inoltre fatto affidare ad una società riconducibile a Tommaso Gentile la gestione del porto di Amantea con la compiacenza del dirigente tecnico comunale Concetta Schettini finita ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Il procuratore aggiunto Mario Spagnuolo e il pm Domenico Fiordalisi avevano inizialmente contestato a La Rupa il concorso esterno, ma il gip Antonio Giglio aveva ritenuto che la condotta del politico fosse ascrivibile solo alla fattispecie punibile con l’art 416 ter, il voto di scambio appunto. Poi, terminate le indagini preliminari, la Dda aveva aggravato il capo di imputazione: associazione mafiosa. Erano finiti ai domiciliari anche un sottufficiale dei carabinieri, Armando Mendicino e un appuntato della Guardia di Finanza, Domenico De Luca, per concorso esterno. I due avrebbero agevolato la cosca Gentile fornendo informazioni su indagini della Dda di Catanzaro.

Nel febbraio 2015, tuttavia, con la sentenza pronunciata dalla corte d’Appello di Catanzaro La Rupa era stato clamorosamente assolto (insieme a lui c’era anche quel Signorelli che alle ultime elezioni ha provato a battere senza successo ad Amantea il candidato di La Rupa ovvero Mario Pizzino) facendo crollare, in via definitiva, il castello accusatorio che legava il mondo della politica a quello della potente ‘ndrina amanteana.

La Rupa è coinvolto anche in un’altra inchiesta della procura di Catanzaro: l’operazione “Omnia” contro il clan Forastefano. Il 10 luglio 2007 (appena qualche mese prima dell’operazione “Nepetia”) il politico dell’Udeur veniva indagato per concorso esterno e voto di scambio.

Il pentito Francesco Elia aveva rivelato ai giudici i contatti tra Antonio Forastefano, capobastone di Cassano, e il solito La Rupa. Secondo il pentito, Forastefano avrebbe chiesto 80.000 euro a La Rupa, che ne avrebbe versati 30.000. Il politico, sempre secondo le rivelazioni del collaboratore, si sarebbe reso disponibile a favorire l’assegnazione di finanziamenti pubblici alle aziende agricole dei cassanesi. Un altro pentito della ‘ndrangheta, Adamo Bruno, ha parlato di 15.000 euro versati da La Rupa a Forastefano. Intercettazioni telefoniche effettuate dagli investigatori rivelavano che nel 2005 il boss di Cassano, il giorno degli scrutini, inviò i suoi uomini per visionare le operazioni di spoglio delle schede. Forastefano, venuto a conoscenza della vittoria elettorale di La Rupa, volle festeggiare con lo champagne.

La Rupa venne condannato a 5 anni comminati in primo grado dal Tribunale di Castrovillari. Poi la Corte d’Appello di Catanzaro lo condannò ad una pena di 4 anni.

Da qui il ricorso in Cassazione curato dall’ avvocato cosentino Gregorio Barba. E la Suprema corte – nel 2016 – accogliendo il ricorso aveva annullato la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro ed aveva rinviato il processo ad una nuova sezione della stessa sede giudiziaria. E dev’essere stato proprio questo il procedimento giudiziario che ha fatto scaturire il suo nuovo arresto. Con la pena ridotta a 3 anni ma questa volta da scontare in carcere. 

La Rupa è stato sotto inchiesta inoltre per un documento, secondo la Dda falso, presentato in Corte d’Appello a Catanzaro per sfuggire ad una condanna di abuso d’ufficio inflittagli in primo grado. Per questa vicenda è stata inoltrata richiesta di rinvio a giudizio.

Negli anni ’90 La Rupa subì un processo per presunte irregolarità nella conduzione degli appalti per la ristrutturazione del centro storico di Amantea. Ne uscì prosciolto perché le accuse risultarono infondate. Poi il nuovo capitolo con conseguente arresto e scarcerazione, attendendo la prossima puntata della telenovela. Che è puntualmente arrivata.