Anche la Cina boccia il Ponte di Salvini

di Mario Primo Cavaleri

Fonte: L’Eco del Sud (https://www.lecodelsud.it/la-cina-boccia-il-ponte-sullo-stretto-di-salvini-li-si-lavora-oggi-a-un-progetto-di-1488-metri)

Dal paese dei mandarini alla terra della zagara, che distacco esagerato, quanta distanza. Progettualmente s’intende, o meglio parlando da pontifex ossia da costruttori di ponti.

Il divario è emerso, incidentalmente, ieri neIl’incontro promosso da La Sapienza su “Scienza e arte del costruire”, titolo dell’ultimo libro dell’ing. Remo Calzona, occasione per attualizzare i principi cardine che erano già nella visione di Vitruvio, l’eccelso architetto romano, autore di De Architectura, l’unico trattato sopravvissuto dall’antichità, in cui si afferma che tutti gli edifici dovrebbero avere tre attributi: firmitas, utilitas e venustas (forza, utilità e bellezza).

Un tema che ha riunito, nella sala di Michelangelo della Facoltà di ingegneria: Carlo Massimo Casciola, preside di Ingegneria; Francesco Napolitano, direttore del dipartimento Dicea; Massimo Sessa, presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici; Aurelio Misiti, presidente Consiglio nazionale manutenzioni; Remo Calzona, autore del libro “Scienza del costruire”; Fabio Casciati, progettista di ponti in Cina; Ruggero Lenci e Franco Purini, architetti di riconosciuto livello internazionale.

E nel discutere di progettualità, sicurezza e modernità, bellezza e utilità, criteri che nella scienza del costruire per il futuro coinvolgono, ovviamente, il ponte sullo Stretto e i più grandi ponti nel mondo, è emersa una verità praticamente sottaciuta.

Cosa si è detto a Roma? Che i cinesi, all’avanguardia nella realizzazione di ponti, non si avventurano neppure oggi a superare la soglia dei 1500 metri di luce unica: l’attuale progetto cui stanno lavorando, il più lungo al mondo (“Xihoumen Highway and Rairlway bridge”) sarà pronto fra quattro anni e si fermerà a 1488 metri di campata centrale. Dunque appena 80 metri più del ponte stradale-ferroviario che per ora detiene il record, cioè il terzo ponte sul Bosforo (Yavuz Sultan Selim, 1408 metri). Gli altri ponti con campata più lunga (Akashy e Dardanelli, circa duemila metri) sebbene citati spesso a capocchia dai laudatores del ponte-Salvini, non sono comparabili perché solo stradali, non ferroviari.

I dati tecnici e scientifici sono stati illustrati, spiegati con dovizia di particolari a Roma, dal prof. Casciati che vi ha lavorato. La ragione del perché nel paese dei mandarini si sono fermati sotto i 1500 metri è quasi elementare: i treni non possono tollerare deformazioni e oscillazioni che una campata superiore comporterebbe. Dunque in Cina, dove la politica del “culto del capo” non si spinge fino a stravolgere la ragionevolezza di una scelta, gli ingegneri lavorano a un ponte da completare nel 2028 con una luce unica più che dimezzata rispetto al progetto tra Scilla e Cariddi, di fatto bollando come improbabile e rischioso l’azzardo tricolore. Pechino non va oltre i 1488 metri, l’Italia rilancia e triplica spostando d’un botto l’astina a 3300!

Poiché la lezione viene da fior di cattedratici, non da politici di governo pronti a esaltare la beltà di un progetto insostenibile, né da tecnici obbligati a compiacere la dirigenza, forse vale la pena soffermarsi a riflettere, chiedere il parere del Consiglio superiore lavori pubblici prima di inerpicarsi su un percorso accidentato. Sarà il caso di porsi ancora qualche domanda sui costi da “opera industriale”, sulla fattibilità e se, in aderenza al “documento delle alternative progettuali”, sia da riconsiderare sin d’ora una variante in corso d’opera che salvi sogno e realtà.

Infine, un salto dall’Università di Roma a quella di Messina: sarà una mia ubbia, ma a ogni occasione di dibattito qualificato sul Ponte mi domando perché l’ateneo peloritano è sempre contumace, irreperibile, quasi distante e disinteressato. Da tempo il “nastro” che modifica l’insularità dovrebbe essere materia obbligatoria di insegnamento e di esame in diverse facoltà dello Stretto, massimamente ad Ingegneria, proprio per gli approfondimenti che merita sotto l’aspetto costruttivo, ingegneristico, ambientale, paesaggistico, economico, urbanistico, sociale, giuridico. Invece…fragoroso silenzio.

E’ così sin dagli anni novanta quando, udite udite, l’Università di Venezia, in raccordo con quella di Palermo, organizzò un convegno a Taormina sul Ponte di Messina… e Messina non c’era!
Trent’anni dopo, idem.

Poco importa se l’opera si farà o meno: studiarla nei vari profili, compararla, supportarla con analisi scientifiche sarebbe un contributo accademico d’obbligo; gioverebbe a delineare l’assetto futuro; servirebbe a sgombrare il campo dalle troppe fake news indotte da imposture e contraffazione di dati che disorientano. E fanno ritenere come imminenti gli espropri, mentre si è in attesa di capire se il progetto è definitivo, se sarà rivisto o destinato a tradursi tale e quale in esecutivo, così…da far arrossire i gialli asiatici.