Bomba a piazza Fera, la procura smentisce i carabinieri: non è una bomba

La procura di Cosenza, con la diffusione di un video, chiarisce parte della dinamica della grave esplosione avvenuta il 19 maggio, attorno alle 01,30 al Bilotti Cafè, sito in via Caloprese. Una esplosione tremenda che ha letteralmente sventrato il bar e l’ingresso del palazzo dove è ubicato lo stesso. Solo un miracolo, vista la potenza dell’esplosione, ha voluto che non ci sia scappato il morto, a cominciare dall’esecutore materiale di questo attentato. Sin dall’inizio le indagini si sono concentrate, dopo che la malavita cosentina si era affrettata a far saper agli investigatori che con questa esplosione non c’entrava niente, sul proprietario del bar, oggi arrestato, Gianfranco Parise, 62 anni.

La procura lo ritiene il mandante dell’esplosione del suo stesso bar, e specifica: “Non si è trattato  di un’ipotesi estorsiva ma di un tentativo di recuperare denaro con un contratto assicurativo”. Insomma la classica truffa all’assicurazione.  Infatti l’accusa che la procura muove al Parise è: ‘incendio e truffa assicurativa in concorso’  con un complice che ancora non ha un’identità. Del resto gli elementi contro Parise messi insieme dalla procura sono tanti e concreti. Ma c’è una cosa che non torna, e sulla quale battiamo da tempo: perché la procura si ostina a dire che quella esplosa nel bar non è una bomba? Infatti l’accusa a Parise è di incendio, e non di possesso di esplosivo. A parlare di ordigno ad alto potenziale furono proprio i carabinieri, dopo un sopralluogo degli artificieri, così come riportato dal quotidiano on line NuovaCosenza al quale rilasciarono questa dichiarazione:

La sequenza delle immagini che seguono dimostrano due cose: qualcuno entra nel bar, e dopo un po’ lo stesso esplode, per la procura è benzina. Ma guardiamo insieme la sequenza fotografica dove ognuno può farsi la propria idea.

In questa foto si vede qualcuno che si avvicina alla saracinesca del bar, sempre quel qualcuno inizia ad armeggiare, la procura dice che inserisce le chiavi per aprire la saracinesca elettrica. Come fa, come non fa, si vede chiaro che si abbassa per entrare nel bar.

Una volta dentro, sempre stando al video diffuso dalla procura dal quale queste foto sono tratte, e alla sua conseguenza temporale e cronologica, dopo pochi secondi iniziano a vedersi delle fiamme.

E subito dopo le fiamme una tremenda esplosione che accieca anche la telecamera posta a una decina di metri. L’uomo al momento della deflagrazione è dentro.

Tutto quello che si trova dentro al bar viene scaraventato dall’altra parte della strada, oltre 10 metri, compreso l’attentatore che si rialza ed inizia a correre.

L’attentatore, con il giubbino in fiamme, corre verso la traversina posta al termine del marciapiede, dove molto probabilmente qualcuno lo aspetta.

Ora, ognuno può credere a quello che gli pare, ma dire che questa esplosione che scaraventa le suppellettili a oltre dieci metri di distanza – compreso l’attentatore, evidentemente inesperto nell’uso di “certo materiale”-  non è prodotta da una bomba, è come dire che ad Hiroshima è scoppiato un petardo. Ci piacerebbe capire il perché  Spagnuolo vuole a tutti i costi tenere nascosta la storia della bomba. Che non può essere stata una tanica di benzina a produrre quell’esplosione che ha sventrato i muri del locale, lo capiscono anche i bambini, forse la benzina serviva come innesco. Ci piacerebbe leggere una spiegazione scientifica su questa esplosione. Nel mentre attendiamo l’arresto dell’esecutore materiale che potrebbe chiarire i non pochi dubbi in tutta questa storia.