Calenda ha di nuovo mangiato pesante (di Marco Travaglio)

di Marco Travaglio

Il noto leader europeista Carlo Calenda, balzato ultimamente agli onori delle cronache perché non riusciva a organizzare una cena e perché non riesce a organizzare una lista, è comprensibilmente nervoso. E non per le sue allarmanti condizioni psicofisiche, di cui ieri ha offerto un saggio imperituro postando sui social una raccapricciante foto in déshabillé al bordo di un lago dei cigni con un solo cigno perché gli altri se li era appena mangiati lui. Ma perché il Fatto osa nominare il suo nome invano, cioè senza il suo permesso.

Ieri, per l’ennesima volta, essendo stato citato di sfuggita (il massimo che merita) da Daniela Ranieri in un pezzo dedicato a Pisapia, se n’è avuto a male. E, anziché rassegnarsi all’idea di avere almeno un giornale che non gli lecca i piedi e il triplo mento, ha scatenato contro la reproba la consueta mutina di dobermann, rottweiler e barboncini da tastiera. Con questi alati concetti, tipici dei grandi leader europeisti che mangiano pesante: “La cosa interessante del Fatto e di Daniela Ranieri (la talebana dei talebani) è che decidono pure chi rappresenta qualcosa e chi no. L’apoteosi della protervia. Domanda: ma chi rappresenta e/o legge oggi il Fatto oltre Di Maio, Toninelli e Salvini?” (l’italiano approssimativo è tutto suo); “Finché sono io passi. Ma che la Ranieri accusi la Bonino di non (sic, ndr) rappresentare nessuno… Emma rappresenta più cose con il suo dito mignolo del piede sinistro che Ranieri, Travaglio e co (ri-sic, ndr) moltiplicati per 1.000”.

Infatti il Fatto, essendo un quotidiano, non si presenta alle elezioni, diversamente da Calenda (trombato nel 2013 e mai più ricandidato) e Bonino (in Parlamento dal 1976, ultimo risultato: 2,5% e zero seggi). Quindi Calenda & his troll si rassegnino: il sottoscritto, Daniela e chi lo vorrà continueranno a occuparsi di lui sul Fatto ogni volta che lo riterranno opportuno. Prima e dopo i pasti.

(Marco Travaglio F.Q. 27 febbraio 2019)