Caponnetto: “La mafia ha inquinato la magistratura con la massoneria”

Antonino Caponnetto è stato il padre del pool antimafia di Palermo. Il padre professionale (e qualcosa di più) di Falcone e Borsellino. 

Un suo pupillo, Gherardo Colombo, tra i moschettieri del pool Mani Pulite di Milano in poche, splendide righe contenute nel libro Il vizio della memoria, ne ha fatto un ritratto splendido poco tempo prima che lasciasse il mondo terreno.

“Caponnetto, oggi ormai ultimo simbolo dell’ufficio istruzione di Palermo, simbolo della svolta, simbolo dell’impegno. Caponnetto e la sua dirittura morale, il rigore, la profondità, l’umanità, la modestia, la ritrosia, la misura. Caponnetto, costretto per sicurezza a vivere anni, a Palermo, lontano dai suoi, in una caserma. Caponnetto, che adesso gira le scuole per insegnare ai ragazzi cosa sono le regole, e perchè seguirle, cosa sono la mafia, la corruzione, il potere colluso, le intese occulte e perché rifiutarle, comunicando entusiasmo e tenendo per sé la stanchezza degli anni, il dolore per gli amici caduti, quasi figli, fratelli”.

Siamo andati un po’ indietro nel tempo ed abbiamo trovato un lancio dell’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) risalente al 10 giugno 1994 quando Caponnetto fu a Paola a partecipare alla presentazione del libro di Luigi Michele Perri, “Come nasce una mafia” (edizioni Periferia). Il giornalista lo intervistò e Caponnetto, come sua consuetudine, non si tirò indietro snocciolando concetti ancora, purtroppo, drammaticamente attualissimi.

“La mafia ha fatto di tutto per inquinare la magistratura e gli apparati di polizia in Sicilia come in Calabria come nelle altre regioni ad alto rischio criminale e questo è avvenuto soprattutto tramite associazioni paramassoniche che hanno fatto da collante per collateralismi deviati, che hanno favorito anche aggiustamenti di processi”. 

Caponnetto ha sostenuto poi l’esigenza del risanamento dell’ordine giudiziario che presenta ancora secche inquinate, di cui si sono avuti segnali con l’arresto e il rinvio a giudizio di diversi giudici. “Fenomeni di compiacenza, di connivenza e di collusioni – ha concluso – hanno indebolito l’azione dello Stato contro la criminalità organizzata”.