Cara ministra Grillo, la Calabria è come un funambolo (di Emilio Grimaldi)

di Emilio Grimaldi (https://emiliogrimaldi6.blogspot.com)

Cara ministra Grillo,

ho saputo che sta per emanare un decreto speciale per la Sanità in Calabria. I calabresi la ringraziano di cuore perché sta dimostrando grande coraggio.

La Sanità, il diritto alla Salute in Calabria, non è più un diritto, ma un piacere. Ti curano solo per restituirti un favore, che poi è un dovere. È così che funziona ormai. È strano come la culla della Magnagraecia e di molte eccezionalità che nel corso dei secoli si sono sempre distinte sia ridotta così, ad un favore. Focolaio di idee, scienza e genialità, la Calabria si è ridimenzionata. Anche io me lo domando, come se lo chiedono tutti i miei compaesani. Poi capita che quando meno te lo aspetti ti rispunta il genio e allora chini il capo dinnanzi a tanta intelligenza. E nessuno sa come sbrogliare la matassa.

Poi, un giorno mi è capitata una cosa che mi ha illuminato. Non è raro che succedano ‘ste cose, sono all’ordine del giorno. E ci riempiono i polmoni di speranza. Perché c’è molto da sperare. D’altra parte, come lei sa: la speranza è l’ultima a morire.

Dunque, mi è capitato una volta di sentire una storia assurda. Pazzesca e simpatica nello stesso tempo. Una coppia anziana di Bisignano e con poche risorse fa uno dei tanti viaggi della: speranza, come li chiamano dalle nostre parti appunto. Ad ogni modo, lui aveva un problema alla prostata che i medici di stanza in Calabria non sapevano come curare. E gli stessi avevano avuto la compiacenza di dirgli di recarsi al Nord. In una città del Nord dove i medici sono più bravi e anche i macchinari sono più moderni. Prenotano il biglietto per Milano.

A Milano c’erano stati solo in gioventù. Poi, può immaginare: per mandare avanti la famiglia, la numerosa famiglia: quattro figli, non riuscirono più a recarsi nel blasonato Nord. Ebbene, in vecchiaia, per ragioni superiori, costretti anche dai figli che gli volevano bene, si recano nella città più europea d’Italia. E anche più cinese, ma questo è un altro discorso. Fanno le valigie, non più di cartone: non ci sono più, dai cinesi con 10 euro ne trovi anche piuttosto grandi che non basterebbe un mese per fabbricarle, non ho mai capito come ci riescano.

Ad ogni modo, arrivano a Milano e vanno in ospedale. Lo so, questa coppia, come tanti, non fanno altro che arricchire il Nord perché alla fine del trattamento ti chiedono il paese e la regione di residenza. E quando dici Calabria, ecco che è fregata la Calabria. Con la Lombardia che addebita il prezzo del ricovero alla regione. E sono dolori per la Calabria perché accresce quel famoso debito del Pil di cui tanto si sente parlare. Allora, prendono posto in un B & B. Solo lei. Lui in ospedale.

Dopo alcuni giorni, curioso, il signore di Bisignano chiede di poter parlare con il luminare di cui tanto aveva sentito parlare. Che gli avrebbe risolto il problema. Tra qualche giorno, gli dicono, prima ci sono le visite di routine. Dopo cinque lunghi giorni finalmente lo incontra. È gentile, premuroso. Però aveva qualcosa che non lo convinceva. Possibile diceva alla moglie? Cosa? Chiedeva lei. Mi sembra strano. Mi sembra delle nostre parti. Si fa coraggio e gli dice: “Ma voi di dove siete?” “Perché me lo chiedete?” Ecco, il “voi” anziché del “lei” lo tradisce come un lapsus. Perché il “voi” si usa quasi solo nel Meridione per una riverenza culturale verso le persone che meritano rispetto, e i medici lo meritano più degli altri.

“Sono di Bisignano”, risponde il primario. Il vecchio non ci voleva credere. Ma come? Sono qui per niente? Perché non siete tornato voi in Calabria? Il suo sguardo parlava da solo. Poi il medico l’abbraccia e lo rassicura. “Tranquillo, ci penso io. Ti curo e ti aiuto io. Amico mio.”

Cara Ministra Grillo,

con questa storiella non voglio influenzarla. La Calabria è così. Come un funambolo. In perenne conflitto tra la perdizione e l’ebbrezza dell’eccellenza. In fondo è una caratteristica come tante. Tutti ne hanno almeno una. Il vero problema non è l’eccellenza, questa fa sempre piacere. Ma il contrappasso che siamo costretti a sopportare. Per ogni talento c’è un contrappasso. E il contrappasso della Calabria che nel mondo semina eccellenza è la bassezza che rilasciano questi figli quando se ne vanno. Ovviamente, parlo per grandi linee perché ci sono delle eccellenze che rimangono in Calabria. Testardi come capre. E sono quelle che permettono ad altre di volare.

Ecco, cara ministra,

nel decreto che sta per produrre, la prego. Cacci via a pedate quelli che tagliano le ali alle eccellenze che già abbiamo in loco. Sa, fanno male questi. Sono quelli che fanno morire le persone per una febbre o per una infezione. Li mandi via. Li rimandi a studiare. E poi riguardo ai calabresi che lavorano fuori, faccia in modo che ritornino. Non solo per la Calabria, ma per quel famoso Pil che tanto filo torcere dà agli economisti che non sanno che pesci pigliare quando devono fare i conti con una Sanità del Nord che va bene e si arricchisce sulle spalle del Sud grazie a quelli del Sud. Non è facile far quadrare i conti. Se rimangono al Sud è più facile. Me lo dice anche mio nipote che fa la terza elementare. E che ha imparato a fare le divisioni e le moltiplicazioni, oltre alle sottrazioni. Due più due fa quattro. E anche due per due.

Cordialmente