“Ci pentiremo non solo per le parole e per le azioni delle persone cattive, ma per lo spaventoso silenzio delle persone buone.”
E così ci sono riusciti: ho chiuso “Il Leccaculo”, il blog satirico di “riflessioni eretiche” che si occupava prevalentemente dei fatti cariatesi
Basato su sarcasmo, ironia, trasgressione, dissacrazione e paradosso, avevo scelto come bersaglio privilegiato i potenti di turno, convinto come sono della mia visione “anarchica”: ogni forma di “potere”, ancorché legittimamente costituito, è un nemico da combattere.
Mettevo, o cercavo di mettere, alla berlina il personaggio al di sopra di tutti, l’intoccabile per definizione, esaltandone i difetti e ponendolo sullo stesso piano dell’uomo medio.
Qualcuno dice che, da questo punto di vista, la satira è un formidabile veicolo di democrazia, perché diventa applicazione del principio di uguaglianza. Non a caso è tollerata persino nei sistemi autoritari, fortemente motivati a mostrare il volto “umano” del regime.
La satira, a differenza dell’umorismo, non deve strappare sorrisi, ma invitare alla riflessione. E se l’umorista è un pessimista con serenità, il satirico è un ottimista con rabbia, perché crede che qualcosa si possa cambiare.
Invece, il sistema parandranghetistico locale ha accusato il colpo e predisposto contromisure formidabili, sino a “ricattare” un’intera famiglia ed i suoi interessi.
Non sono un “cuor di leone”, ed ho abdicato, soprattutto per carità filiale.
I mafiosi sono riusciti nel loro intento, ma hanno vinto, per ora, una battaglia, ché la guerra è lungi dall’approdare all’epilogo.
Avevo toccato i “fili” e, si sa, “chi tocca i fili muore”.
Ora saranno felici gli “house organ” del grande gruppo che amministra Cariati; saranno felici i signori che siedono, in tutta legalità, in consiglio comunale; saranno felici i sudditi che sanno delle malefatte e tacciono; saranno felici i tifosi della prosperosa famiglia.
Ovviamente, nel clima di torrida paura che si vive a Cariati, nessuno, tranne pochissime e lodevoli eccezioni, ha pensato di esprimere un gesto, magari simbolico, di solidale partecipazione. Eppure “Il Leccaculo” lo leggevano tutti, ma proprio tutti.
Una voce che si spegne non è per sempre: una piccola traccia, che si farà clamore, forse è rimasta.
Pasquale Loiacono