Cassano, la frana di dicembre 2020: le chiacchiere di Papasso e Gallo e il dramma delle famiglie

di Pasquale Cersosimo

Chi si ricorda del costone franato a Cassano allo Ionio il 14 dicembre dello scorso anno?

Stante ai fatti, pare che oggi a ricordarsi di quella brutta esperienza, purtroppo, sono solo le famiglie coinvolte. Eh sì, perché finito il clamore mediatico, sembra che le famiglie sgomberate siano state lasciate sempre più sole. Colpa sicuramente della burocrazia, ma quando per lo mezzo ci sono vite umane, le carte e le leggi diventano macigni a volta ancor più pesanti di quello staccatosi dal roccione e fanno danni, danni enormi, spesso anche irreparabili.

Perché se il dolore ed il malessere di un periodo della vita influiscono e di non poco sulla psiche della gente, allora il tempo che si sta perdendo sicuramente lascerà ferite che andranno ben oltre un semplice, brutto ricordo.

Era il 14 dicembre dello scorso anno e come si ricorderà, un tranquillo pomeriggio prenatalizio venne interrotto da un assordante rumore: un masso enorme si era staccato da uno dei costoni rocciosi che circondano la città vecchia, finendo rovinosamente su alcune automobili ed a pochi centimetri da una casa.

Immediata scattò la macchina dei soccorsi e della solidarietà, sul posto giunsero il sindaco della Città, Gianni Papasso e l’assessore regionale al Welfare, Gianluca Gallo. Il posto fu transennato, la zona interdetta e le famiglie vennero sgomberate.

Una decina di famiglie in totale, che da un momento all’altro si sono trovate senza casa.

Intanto la burocrazia iniziò il suo corso, dopo pochi giorni arrivarono la Protezione Civile ed i Vigili del Fuoco che consigliarono “di mantenere i luoghi non accessibili, rendendoli ancora più sicuri attraverso la messa in opera di barriere fisse di altezza antiscavalco, sia a valle che nella parte a monte del sito”.

Le famiglie vennero sgomberate ed a loro fu offerta la possibilità di un contributo per l’affitto di circa 250 euro.

Una somma irrisoria, se consideriamo il costo degli affitti e la scarsa propensione, da parte di tanti padroni di casa, di regolarizzare il contratto d’affitto.

Al danno si è aggiunta anche la beffa, con la risultanza che le famiglie sgomberate si sono dovute arrangiare con mezzi propri, non avendo ancora avuto alcuna risposta certa dalle istituzioni.

Ma c’è di più: le famiglie hanno dovuto lasciare dalla sera alla mattina le loro case, i loro affetti, le loro cose, i sacrifici di una vita ed oggi sono anche impossibilitati a raggiungere le loro case per prendere gli effetti personali: pensate a chi aveva sistemato il guardaroba, in questi mesi di calura estiva molto probabilmente non ha nemmeno i vestiti estivi da indossare.

Oggi, a distanza di quasi sette mesi, non si parla più del costone franato ma resta comunque il disagio delle famiglie che iniziano ad essere esauste e vogliono ritornare nelle loro case o quantomeno, avere la certezza di avere una casa, così come l’anno avuta fino al 14 dicembre scorso.

Forse in questa campagna elettorale oltre ai selfie ed alle belle promesse, chi si occupa del destino delle persone dovrebbe anche dare una risposta definitiva a queste dieci famiglie. Perché i fondi ci sono, le leggi ci sono e la casa è un diritto. Bisogna solo saperlo garantire.