Catanzaro, la Chiesa come una holding economica-massonica

CATANZARO, MOVIMENTO APOSTOLICO. LO SCISMA DELLE COMARI E LO SCANDALO SILENZIOSO

prima parte (https://www.iacchite.blog/catanzaro-movimento-apostolico-lo-scisma-delle-comari-e-lo-scandalo-silenzioso/)

seconda parte

Mentre egli diceva loro queste cose, giunse uno dei capi della sinagoga, che s’inchinò davanti a lui, dicendo: «Mia figlia è morta or ora; ma vieni, posa la mano su di lei ed ella vivrà». Gesù, alzatosi, lo seguì con i suoi discepoli. Ed ecco una donna, malata di un flusso di sangue da dodici anni, avvicinatasi da dietro, gli toccò il lembo della veste, perché diceva fra sé: «Se riesco a toccare almeno la sua veste, sarò guarita». Gesù si voltò, la vide, e disse: «Coraggio, figliola; la tua fede ti ha guarita». Da quell’ora la donna fu guarita. Quando Gesù giunse alla casa del capo della sinagoga e vide i suonatori di flauto e la folla che faceva grande strepito, disse: «Allontanatevi, perché la bambina non è morta, ma dorme». Ed essi ridevano di lui. Ma quando la folla fu messa fuori, egli entrò, prese la bambina per la mano ed ella si alzò. E se ne divulgò la fama per tutto quel paese. (Matteo 9:18-26)

Le minacce della “santona” del Movimento Apostolico sono l’altro lato dell’equazione che vede la Chiesa locale asservita e sorda ai richiami alla prudenza ed alla verità per un motivo di complicità che è la caratteristica sotterranea della curia catanzarese, moltiplicatosi negli anni tanto da toccare l’apice proprio sotto la guida dell’illuminato arcivescovo Vincenzo Bertolone.

Se non credi in me resterai muta per tre giorni…” è la minaccia storica passata alle cronache e la prima del Vangelo secondo Maria Marino in Marraffa. Avviene a Guardavalle Marina il 22 maggio 1979 in chiesa dove la “santona” si reca con la sua falange armata, s’inginocchia davanti all’altare, segue i suoi vocalizi; poi va all’ambone a parlare. Finita la predica lancia il suo anatema contro una ragazza, rea di aver affermato di credere solo in Dio e non nel suo dire, dopo il rimprovero per la mancanza di fiducia nella sua persona e nella sua misticità imposta, scatta la macumba. Per la cronaca la ragazza non ebbe alcun fenomeno di afasia, continuò a parlare, a pensare ed a credere autonomamente nonostante la minaccia della mistica con il gladio.

Non basta dare belle e colorite definizioni ad un movimento ecclesiale per accreditarlo e farlo accogliere come merce pura e genuina. Occorre esprimere i contenuti più pesanti ed esigitivi della dottrina evangelica, quale la Croce, la mortificazione, l’umiltà, la povertà, il rinnegamento di se stesso, per poi viverli in modo più intenso ed eroico. Il Movimento Apostolico questa faccia nemmeno la sfiora; si adagia nel terreno labile del sentimentalismo, puntando il suo successo unicamente sulla persona della Marraffa “carismatica” contrattualizzata direttamente al divino, intorno a cui tutto ruota e prende ossigeno.

Il Movimento Apostolico e Maria Marino in Marraffa sono una delle tante “ombre del Made in Catanzaro”, la città della massomafia e della complicità organica della curia di Bertolone. Quella città che dovrebbe essere capace di accendere i riflettori non tanto sulle presenze, sulle annunciazioni divine, sulle ombre delle nuove e vecchie dinastie politiche, dei paramenti sacri sporcati dal profitto, sui disordinati della parola e dei divulgatori di pizzini tradotti in omelia, del politicamente scorretto; quella città, annientata e ferita a morte dal sistema Catanzaro, ma inetta quanto incapace di difendere autonomamente un bene comune, scacciando lontano, con i fatti, ogni ombra.

La storia della città di Catanzaro anche nel capitolo del Movimento Apostolico suona come una sorta di resa dei conti, che mette sullo stesso piano chi dice di averla scritta i cosiddetti vincitori e chi l’ha subita, incapaci di mettere neanche la punteggiatura sulla storia di vinti. La cupola massomafiosa benedetta dalla curia locale, dopo l’esplosione atomica silenziata che ha raso al suolo per volere di Papa Francesco l’esperienza lobbistica a tratti criminale in termini teologici del Movimento Apostolico, ha sul piatto un Vaso di Pandora che se rotto in piccoli pezzi distribuirà “erga omnes” non più benedizioni o pentimenti, ma tanto fango capace di seppellire anche la credibilità del vescovo Bertolone.

Quel vescovo Bertolone che planato circa dieci anni addietro sulla diocesi di Catanzaro-Squillace come una meteora perché benedetto e protetto dai poteri di oltre Tevere è riuscito nel tempo, lontano dal valore della carità, dell’umiltà e della povertà a trasformare la curia cittadina in una specie di holding economico-massonica dal dubbio valore di fede, stringendo alleanze impossibili con pezzi di politica e di ‘ndrangheta e circondandosi di sacerdoti fenomeni, dal dubbio valore morale, quelli che tramano nel buio delle vie cittadine, nelle cui tasche non sgranano il rosario, ma mazzette di euro di provenienza anonima.

Lungo il decumano della vergogna, la via che porta ai sacri palazzi della curia di Catanzaro si consumano le adulazioni del vescovo Bertolone intessute anche con il Movimento Apostolico e con la sua presunta “Giovanna d’Arco”. Colei che nei fatti è riuscita meglio di Mosè a separare le acque del Mar Rosso, se le acque sono il potere che genera potere e se, l’adorazione si trasforma in adulazione, perché se brilla il vescovo Bertolone brilla pure il Movimento Apostolico e la sua santona dal dubbio valore evangelico.

Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
(Matteo 9, 9-13)

Sarà molto lungo ed articolato il “testamento” spirituale che il vescovo Bertolone lascerà alla comunità dei fedeli della diocesi di Catanzaro-Squillace visto che il suo tempo sta ormai per scadere, quel giorno che tanti aspettano come una resurrezione di verità e di libertà. Di certo non gli sarà riservata, grazie ai suoi padrini di oltre Tevere, l’onta di venire dimesso come è toccato al suo omologo il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo, le cui “inadeguatezze manifestate” per le quali chiede perdono sono nei tratti uguali a quelle di Bertolone se narrate e scritte con la penna della massomafia, dell’affarismo sfrenato, delle morti nascoste che gridano vendetta e del silenzio ecumenico, sempre imposto, che non sempre è evangelico perché mafioso.

L’eredità che Bertolone lascia alla Chiesa di Catanzaro-Squillace è pesante ed a tratti devastante: l’avere spezzato un legame di amore con la città e con la chiesa dei fedeli. La nostra non è gratuita blasfemia, ma soltanto la rilettura di tanti fatti contestati, dove la regia è sempre unica domiciliata nei palazzi della curia dove le azioni hanno sempre visto come vittime i fedeli, dove la smania di potere ha portato ad una valutazione strabica su tanti fenomeni, la cui mancata denuncia è complicità e fenomeno criminale. Non ultimo il Movimento Apostolico, quella specie di “rito esoterico” dove proprio Bertolone ha reso il nemico della Chiesa più forte, partecipando al banchetto, tanto da scegliere pure le insalate! Ha consentito così ad una comunità di esaltati del potere di tenere in scacco la diocesi di Catanzaro e la Calabria ionica.

La storia non ci smentisce mai. E’ quella riletta dei vinti, gli incapaci della comunità catanzarese, che lascia sulla Bibbia di Bertolone non già la classica polvere, ma una colata di calcestruzzo tipicamente usato per la lupara bianca, quella tecnica conosciuta dal postulatore delle vittime di mafia: conosciuta ed inversamente applicata nel suo governo della fede.

Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili” (Rosario Livatino).

E’ il potente arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, potente per le frequentazioni con le porpore romane e per le sue aderenze segrete, che applica il Vangelo della Marraffa nella diocesi. Promuove e santifica il Movimento Apostolico aumentandone la forza distruttiva di una leadership ambigua, mentre sull’altro versante desertifica ogni manifestazione genuina di fede, quella fatta di obbedienza alla Chiesa cattolica. Emblematica è la vicenda di una piccola suora venuta dalla Repubblica Democratica del Congo, suor Apollonia Kasay, vittima della furia di Bertolone e del Movimento Apostolico, colpevole di aver edificato una casa di preghiera, la Casa di Nazareth a Cropani Marina, grazie alle donazioni di tante persone che credono in lei. Suor Apollonia fu testimone delle virtù eroiche della serva di Dio Nuccia Tolomeo, la cui intercessione le consentì di evitare un intervento chirurgico nell’ospedale Pugliese-Ciaccio nel 2013: «Essendo in preda a lancinanti dolori addominali che mi avevano prostrata e portata alla fine, mi ricoverai presso il reparto di ginecologia dell’Ospedale “Pugliese” di Catanzaro. Mentre ero in attesa di essere trasportata in sala operatoria nel tentativo di salvarmi la vita, ricevetti, durante il mio doloroso delirio, la visita di una donna che poi riconobbi come la Serva di Dio Nuccia Tolomeo. Ella fece il gesto di toccarmi l’addome. Subito cessarono tutti i dolori che mi avevano torturata tanto. I medici che stavano per operarmi, nel trovarmi seduta e sorridente, riconobbero la mia guarigione,  non bisognando più di alcuna cura», una dichiarazione pubblica che fu resa al circolo culturale di Catanzaro Lido “Parrocchia Sacro Cuore” il 5 ottobre 2016.

La ghigliottina di Bertolone si abbatte sulla piccola suora congolese l’8 marzo 2015, come pubblicato su Comunità Nuova, l’organo di diffusione ufficiale della diocesi catanzarese, infatti a pagina 9 viene riportato il decreto: “che vieta alla suora la diffusione dei contenuti dei suoi messaggi, rivelazioni o locuzioni interiori; di consegnare oggetti di particolare devozione; e di tenere riunioni nelle case della diocesi”, sotto pena “di interdetto comportante il divieto di ricevere i sacramenti”. Di fatto quello che appare è una scomunica vergata da Bertolone che nomina una “commissione” di sacerdoti prudenti, saggi ed esperti per verificare l’autenticità delle rivelazioni di suor Apollonia Kasay ed affidandone la guida a don Francesco Brancaccio, docente di teologia nel seminario di Cosenza e assistente diocesano del Movimento Apostolico. Le “rivelazioni”, di cui parla il provvedimento ecclesiastico, sono le stesse che hanno permesso a suor Apollonia di realizzare una casa di preghiera fin dalla fine del 1980. È da allora, infatti, che la suora appartenente alla congregazione “Legione dei testimoni di Dio”, ha raccolto offerte e prestazioni d’opera gratuita d’accordo con la curia e i vescovi che si sono succeduti, monsignore Antonio Cantisani prima e monsignore Antonio Ciliberti dopo. Ora che la casa è finita, e soprattutto con l’arrivo di Vincenzo Bertolone alla guida della diocesi di Catanzaro-Squillace, qualcosa è cambiato. I suoi “messaggi” non vanno più bene.

2 – (continua)