Catanzaro, le verità e i conflitti di interesse che non piacciono ai clientes et parentes di Casadonte

di Danilo Colacino, L’Irriverente Blog

Che la Calabria disinteressata, se avrà la pazienza di leggerci fino in fondo, sappia tutta la verità. Almeno la nostra, per carità. E poi giudichi liberamente la kafkiana vicenda narrata. Altro che…. articolo boomerang sull’Mgff (traduci: Magna Magna Festival), quindi, come detto da 4 o 5 ascari persino querelabili (ma non ne vale la pena!) per le loro gravi affermazioni, e soprattutto insinuazioni social, nei nostri confronti e non solo. Ma adesso vediamo i nostri fatti (fatti!), tranne forse che per quanti (4 o 5 non di più fra cui un parente del diretto interessato) ci hanno strumentalmente attaccato sulla pagina FB di Iacchite’. Precisiamo però che questo è un editoriale con purtroppo inevitabili, frequenti e ripetuti, riferimenti alla nostra persona (nei pezzi si ricorre alla prima persona plurale per riferirsi a se stessi!), di cui ci scusiamo unitamente alla lunghezza pletorica dell”articolo con i lettori!

La premessa

Abbiamo subito commenti negativi e probabilmente alcuni anche diffamatori (di cui abbiamo “copia”) anche da parte di “parenti” e noti amici del patron della kermesse (si rifletta su questo!), perché – si è rimarcato forse per intimidirci – “Catanzaro è una piccola città e ci conosciamo tutti” adombrando l’ipotesi di segreti inconfessabili o ‘code di paglia’. Ecco quindi la dimostrazione plastica di quanto siamo intimiditi. Basta leggere alcune precisazioni rispetto alla pubblicazione di Iacchite’ del nostro (e solo nostro) pezzo malgrado il rapporto di “colleganza” con il direttore Gabriele Carchidi. Che, lo precisiamo, ha fatto benissimo a riprendere l’articolo, avendo ritenuto opportuno farlo (https://www.iacchite.blog/catanzaro-i-segreti-di-casadonte-tra-pubblico-e-privato-una-macchina-da-soldi/).

Primo fatto inconfutabile

Il nostro articolo attaccato da 4 o 5 persone (anche questo è sintomatico e la dice lunga sulla grottesca vicenda) risale a una settimana fa. E quindi non è affatto a… orologeria.

Secondo fatto in risposta alle insinuazioni di una paladina del patron e la solita “favoletta” dell’invidia per screditare il contenuto del nostro pezzo

Abbiamo tanto da nascondere che precisiamo come abbiamo avuto 7-8 editori (tra cui l’ultimo) in 22 anni e 2 mesi di carriera, allo stato tutti incensurati e soprattutto imprenditori privati con cui mai abbiamo rotto per soldi (quelli, in generale, bisogna saperli fare, anche leccando, ma non è ‘arte nostra’) bensì spesso per limitazioni della nostra, sacra e inviolabile, libertà di azione. Quindi mai percepito quattrini pubblici, se si eccettuano due chiamate occasionali dal 2001 (quando iniziammo quest’avventura o sventura) a oggi da altrettanti esponenti politici regionali con il coinvolgimento in progetti giornalistici singoli da un paio di migliaia di euro complessivamente e della durata totale di circa 6 mesi cadauno.

Il 90% dei nostri colleghi, anche scarsicelli forte ma simpatici come il patron, ci sputerebbe in faccia per tanta pochezza. Da precisare, inoltre, che uno dei due affidatari dell’incarico circa un anno prima di conferircelo, ci aveva minacciato di querela per un pezzo contro di lui salvo poi dirci: “S….i di carattere, ma onesti e liberi”. Proprio un amicone, insomma. Non si faccia dunque confusione…. ad arte. Finora non siamo (mai!) stati organicamente in una struttura politica.

Nel frattempo, a 27 anni, eravamo praticanti in Gazzetta del Sud dopo appena 4 mesi di collaborazione esterna oltre ad aver maturato, qualche tempo dopo, collaborazioni con Il Sole 24Ore e con la..  Rosea, sulle edizioni online e cartacea. Senza “aiutini” e senza leccare con l’intera famiglia purtroppo residente in via Francesco Paglia (al cimitero) diciamo (tutto facilmente riscontrabile su Google, digitando Danilo Colacino giornalista. Escono un po’ di schermate). A ciò si aggiunge poi, sebbene lavoro in redazione e arbitraggio, una laurea magistrale quadriennale all’Umg (anche se presa molto fuori corso) in Giurisprudenza (vecchio ordinamento, non 3 più 2 o “per corrispondenza” tipo molte di quelle in voga attualmente) a differenza del Nostro (critico cinematografico, non sappiamo se con laurea magistrale o meno) che pure a giudizio di 4 o 5 suoi aficionados invidieremmo. Vabbè! Ma con il paradossale metro adottato da una sua appassionata tifosa, ad esempio tutte le migliaia di dipendenti di giornali e tv dell’ormai defunto Silvio Berlusconi (in vita condannato in via definitiva e coinvolto persino in procedimenti legati alla mafia) avrebbero qualcosa da celare. O, peggio, di cui vergognarsi. Viene da ridere. Ma sorvoliamo, perché l’invidia è brutta (d’accordo) ma l’adulazione del dante causa di turno, primo sport catanzarese, è persino peggio!

Repetita (forse) iuvant

In Italia chi fa il giornalista è per forza di cose un dipendente privato, quindi con un datore di lavoro privato, tranne che se lavora in Rai, azienda di Stato, dove peraltro ha una matricola il nostro portentoso patron ogni tanto invitato. Lo sanno pure le pietre, tranne l’appassionata tifosa del Nostro.

Siamo noi a scrivere male o chi legge in modo… interessato a non saper, o non voler, capire?

Qualcuno ha scritto che la Magistratura, se avessimo ragione noi, starebbe dormendo. Lunare! Chi ha mai parlato di reati? Dove lo avremmo fatto nell’articolo in questione, unico e solo vergato da noi e di cui rivendichiamo la paternità, poi ripreso da Iacchite’? Siamo dunque noi che non sapremmo scrivere in italiano o qualche simpatizzante, con “parente” annesso, che ha difficoltà a capire la lingua di Dante? Perché, sapete, c’è il piccolo particolare che prima di scrivere di reati un giornalista (o chiunque) deve avere delle prove. E se le avessimo avute, statene certi, avremmo già scritto come una freccia. Ma non possiamo inventare. Sarebbe gravissimo da parte nostra, pur con tutta l’asserita invidia del caso.

Le nostre mangiate e bevute, oltreché i viaggi, insieme al patron. Ma anche in compagnia di tanti politici locali, e non solo, alcuni dei quali ancora in auge adessoApprofondiamo un po’…

Ricorda sempre la tifosona sui social, pensando forse di metterci il bavaglio (“pia” illusione, carissima!), le nostre mangiate, bevute e viaggi (l’ultimo dettaglio lo aggiungiamo noi, perché lei questo ha preferito non dirlo), con il Nostro nel biennio 2017-2018. Stravero. Innegabile. Ma su sua chiamata, evidentemente per piacere o fine a noi ignoto, con tanto di messaggi whatsappa (oltreché simpatico video con un politico locale) conservati a… suffragio. Senza contare la frase: “Siete fra i pochi mai avvicinatisi per chiedermi di lavorare con me (parole rivolte in prima persona singolare come ovvio, ndr)”.

Eppure lo avevamo conosciuto, scrivendo di lui ai tempi della nostra collaborazione con il Domani della Calabria, quando eravamo entrambi alle… prime armi nel 2003 e 2004. Quando l’Mgff era tutt’altra cosa, prima di sbocciare meritatamente a Catanzaro cioè. Ma, attenzione, perché vi è di più. Molto di più. Tipo, cari lettori, gli influenti politici locali che erano con noi negli stessi ristoranti e alberghi top level con tanti altri al seguito. Tutto legittimo, per carità. Solo che noi c’eravamo perché avevamo una formale mansione lavorativa (su questo torneremo a breve, avendo le prove dei circa 100 articoli e relazioni redatti per il Nostro oltre a tanto altro lavoro non solo giornalistico fatto). Mentre loro, invece, non sempre abbiamo capito a che titolo ci fossero (anche con familiari al seguito) da catanzaresi e calabresi ad esempio a Taormina  (dove la Calabria neppure era citata) e Venezia? Erano invitati a spese del Nostro? Certo che sì, è sicuro, riteniamo. Neppure ci interessa particolarmente. Ma il nostro compito, da liberi giornalisti, è però anche e soprattutto porre e porci delle domande. Mica siamo carabinieri o magistrati. Cerchiamo fatti per i nostri articoli, non svolgiamo indagini di Pg.

Ma a che titolo lavoravamo per il patron? Boh…

A che titolo lavoravamo per il patron? In forza di quale contratto e con quali… “controlli”? E con quale retribuzione? Alla fine della fiera, interamente o parzialmente corrisposta? Chissà. Tante sono le domande anche nel caso di specie, E purtroppo per noi ancora una volta con poche, o nessuna, risposte. Ma perché, se avevamo motivo di doglianza, non abbiamo protestato allora? Forse per una gravissima malattia concomitante, da cui siamo quasi completamente usciti solo a fine 2019. Patologia di cui a Catanzaro pure i lampioni sanno. E che dovremmo citare quale altra triste pagina dell’ormai annosa, e perniciosa, vicenda con il patron?

Ma non è che invece di invidia fosse rancore o tutt’e due? Sarà il pensiero di qualche lettore, soprattutto degli aventi causa del Nostro. Curioso, però, lo diceva pure il citato Cav degli ex suoi dipendenti (stipendiati d’oro, non a noccioline come noi!) Montanelli e Travaglio… 

Qualcuno, se ha avuto la pazienza di leggere tutto fin qui, starà pensando: “Allora forse non era invidia, era rancore quello del respingente giornalista nei confronti dell’empatico patron. O addirittura tutt’e due?” Eh, sospiriamo invece noi, se solo sì guardasse al di là della facciata: la favela dietro al grattacielo insomma. Ma a prescindere da questo, non è curioso che più o meno lo stesso dicesse il Cav di Indro Montanelli e soprattutto Marco Travaglio suoi ex dipendenti da decine e decine di milioni di lire (allora) all’anno? Altro che le mangiate e bevute, e viaggi, di cui abbiamo beneficiato noi dal Nostro. Bricioline, in fondo.

“Macchina da soldi” è un titolo di Iacchitè e non nostro, che però ci interroghiamo su potenziali conflitti di interesse fra i ruoli pubblici e privati del Nostro

L’articolo in oggetto, ribadiamo per l’ennesima volta, sul nostro (piccolo) blog solo social, ma strumento di libertà, a dimostrazione dei nostri legami da nascondere con chicchessia (ci scappa da ridere di fronte alle grottesche insinuazioni di certi galoppini, scusate!), è stato visualizzato poco più di 900 volte con zero critiche. Non recava però il titolo “Macchina da soldi”, poi (ri)fatto da Iacchitè, ma sollevava – lo ribadiamo a beneficio di chi fa finta di non capire, leggendo – il dubbio di potenziali conflitti di interesse fra i ruoli pubblici e privati (e relativi incarichi legittimamente molto ben retribuiti) del Nostro che si intersecano e si sovrappongono in un groviglio non certo facilmente districabile e fra poco vi spiegheremo anche il perché.

La balla cosmica, non dimostrata e non dimostrabile, dei rimpianti di Soverato nel lasciar andar via l’Mgff, per la cronaca salutato senza rimorso alcuno anche da Montepaone, patria del patron, e la vecchia storia dei…. quattro pensionati portati a svernare in riva al mare!

Scrive poi un estimatore del Nostro per difenderlo, ed esaltarlo, evocando addirittura Marx (mamma impressione!), che a Soverato ancora rimpiangono l’Mgff. Bene che fornisca le prove di questa grande, gigantesca ca…ta, per dirla con il Trio Medusa. Ed ancora: tale tifoso colto non ometta, proprio un letterato come lui, che pure a Montepaone, peraltro patria del patron, per dirla in latino: “su pulizzaru veloce!”. E persino a Catanzaro, prima di aver fatto al solito il don Abbondio ovvero il debole con i forti e il forte con i deboli, aveva appunto tentato qualche mese addietro la prova di forza facendo trapelare sulla stampa locale nella fase del confronto con la nuova Amministrazione Fiorita di essere pronto ad andarsene a Tropea. Ebbene su circa 300 commenti da noi salvati dai social, intuendo la manfrina tipica del personaggio che ci prova sempre con la sua immarcescibile faccia di tolla, 270 erano del tenore: “E ancora qua sei? Arrivederci e grazie!”. Un dato che lo ha portato subito a “tornara u santu arretu!”, si traduce fare dietrofront, e mettersi buono buono a trattare. Perché non pensiate, questa è la sua quintessenza. Ma vi è di più, molto di più. Ci pare di ricordare un intellettuale soveratese, evidentemente poi rammaricato come gli altri per la “partenza” della kermesse dalla perla dello Jonio, il quale definiva la manifestazione: un evento inutile che portava quattro pensionati a svernare in riva al mare.

I galoppini non capiscono il senso del nostro articolo, eppure una delle domande contenute è facile facile. Perché la manifestazione più “bella del mondo” sponsorizza tutta la stampa cittadina, esclusi noi (e Iacchitè) e ci mancherebbe altro, invece di farsi sponsorizzare per essere raccontata?

Una domandina facile facile per i galoppini che non capiscono quanto scriviamo: “Perché la manifestazione più bella del mondo, sponsorizza tutta la stampa cittadina, tranne noi come ovvio, per essere raccontata invece di farsi pagare dalla stampa per servizi? Accade, ad esempio, con il Festival di Sanremo? Paga forse, se esiste, la Gazzetta sanremese et similia. Suvvia, questa domanda la capirete pure voi. Rispondete in modo serio e convincente, allora.

Un portento che senza l’Mgff a Catanzaro avrebbe “zeru tituli” e la cui storia sembra quindi quella di Sven Goran Eriksson: “un perdente di successo

Ironia della sorte, la storia pre Mgff a Catanzaro del patron – curiosamente anche di fede interista – era quella grama di qualche avversario del suo ex iconico Special One. Vale a dire la storia di uno con zeru tituli! Perché? Ci raccontava lui stesso, proprio fra una mangiata e una bevuta, che era stato un attore mancato, un aiuto regista non passato alla storia, e infine un presentatore tv quantomeno rivedibile. Il suo programma sulla Tv di Stato fu infatti soppresso, per carità di patria, avendo fatto meno spettatori di “Televigata”, pur essendo come premesso invece trasmesso nientemeno che da Rai2. Insomma, per restare in ambito calcistico, il Nostro somiglia un po’ al grande Sven Goran Eriksson pre Lazio: un perdente di successo!

La vicenda ancora tutta da chiarire della concessione, non sappiamo dopo circa un mese e mezzo se a titolo oneroso o gratuito, del Politeama al suo sovrintendente ma anche patron dell’Mgff proprio per l’apertura o meglio il prologo della kermesse con il concerto di Russell Crowe (che oltretutto mentre si insinua sul nostro sponsor, mai neppure indagato finora, bisognerebbe capire dove abbia soggiornato in Calabria e prima di lui Richard Gere). Così, tanto per… porre le nostre consuete scomode domande

Ma c’è un’ultima cosa che taglia la testa al toro e ci riporta al potenziale conflitto di interessi, evocato prima, nel valzer di ruoli pubblici e privati del Nostro. La scrivo semplice anche nell’occasione, la domanda. Anzi, le domande:

Se un privato organizza un qualsivoglia spettacolo al Politeama, di norma paga l’affitto del teatro?

Se sì, com’è appunto di prassi, viene emessa una fattura o un documento equipollente ad hoc da Comune e Fondazione. Che invece devono giustificare con un diverso atto la concessione gratuita della struttura.

Questo dovrebbero capirlo tutti. Altrimenti passa il messaggio che il teatro, quando è…libero, è gratis.

Ebbene da circa un mese e mezzo noi però scriviamo articoli in cui chiediamo se per l’evento inaugurale dell’Mgff 2023 con il concerto di Crowe sia stato corrisposto un pagamento o meno per l’utilizzo di teatro e suo personale.

Tanto più che l’organizzatore privato dell’evento in questione è guarda caso sempre il Nostro. Che è anche (coincidenza!) il massimo dirigente stipendiato del Politeama (con compenso non certo decurtato, come il suo predecessore Mario Foglietti).

Cosa vogliamo dire? Niente. Solo che noi e i cittadini abbiamo il diritto, per un giornalista tesserato per giunta di origine costituzionale, di sapere. E si badi, noi non parliamo di irregolarità. Non ne siamo a conoscenza. Ma perché nessuno risponde alle nostre domande?

E se pure noi siamo gli ultimi dei fessi, che non contiamo “na mazza”, perché nessuno risponde all’accesso agli atti richiesto ufficialmente dal consigliere comunale di Rinascita Gianni Parisi?

Ecco, l’abbiamo fatta lunga, e quindi la chiudiamo qui. Ma vi è ancora di più, molto di più.