Catanzaro: magistrati, avvocati e massoneria. Pronto, è Pittelli? C’è da risolvere un problema…

Giancarlo Pittelli

Arriva fino a Catanzaro l’onda lunga dell’inchiesta di Lecce che ha portato in carcere due magistrati, Savasta e Nardi, che a Trani avevano messo su una sorta di mercato dei processi e delle sentenze. Uno dei due magistrati infedeli tentò di ‘aggiustare’ un processo a suo carico incardinato a Catanzaro, tramite un esponente di primo piano di Forza Italia e un legale, entrambi ‘fratelli’ massoni e deviati.

Un rolex Daytona in oro. Un viaggio a Dubai, diamanti, lavori di ristrutturazione per seicentomila euro, centinaia di migliaia di euro in contanti, richieste continue di denaro, anche di due milioni. E poi ancora rapporti con la massoneria, vecchi nomi di storie che sembravano ormai sepolte, come quelle di De Magistris in Calabria, che invece riaffiorano. Rapporti con la politica e con pezzi deviati dello stato. Tutto in nome della legge o per lo meno quella che hanno esercitato per anni nel Tribunale di Trani Antonio Savasta e Michele Nardi, i due magistrati arrestati lunedì dalla procura di Lecce con accuse pesantissime.

Michele Nardi, in particolare deve “aggiustare” un processo incardinato al Tribunale di Catanzaro e per arrivare al suo obiettivo “non esita di avvalersi dei suoi collegamenti con la massoneria -scrive il gip nell’ordinanza d’arresto – per avvicinare il giudice di un suo processo a Catanzaro in una causa per calunnia per ottenere una decisione favorevole”.

Contatta, allora, l’avvocato catanzarese Giancarlo Pittelli, wx parlamentare di Forza Italia, vecchia conoscenza di Iacchite’ e dei suoi lettori e del quale abbiamo diffusamente parlato dai tempi di Why Not fino a quelli di Calabria Verde e della Dama nera. Pittelli – come vedremo – era stato coinvolto nella celeberrima inchiesta di Luigi De Magistris. Non è un mistero che Pittelli sia vicino alla massoneria. Nei documenti della loggia del Goi (Grande Oriente d’Italia) si legge con grande chiarezza che “non ha fatto mancare la convinta solidarietà” alla loggia. Ma in Calabria non c’era bisogno di questi documenti per sapere che Pittelli è un “fratello”.

Pittelli, comunque, avvicinato da Nardi, incontra questo giudice del Tribunale di Catanzaro che doveva occuparsi della questione del servitore infedele dello stato e riferisce: “Mi ha detto: fammi chiamare dall’avvocato e ci mettiamo d’accordo perché va fatto comunque l’abbreviato…”.

L’avvocato Pittelli viene proprio indicato come “fratello” intendendo con ciò l’appartenenza alla stessa loggia del Goi e per questo motivo viene interessato della vicenda, che non sappiamo come si concluda ma che è certamente indicativa di un certo andazzo e che coinvolge, come al solito, sempre la vituperata Calabria completamente in mano ai cosiddetti poteri forti.

Ma chi è Giancarlo Pittelli e cosa ha combinato a De Magistris nel verminaio di Catanzaro ai tempi di Why Not? Ci viene in soccorso, come sempre, l’ottimo giornalista Carlo Vulpio.

“… Secondo le ricostruzioni investigative Giancarlo Pittelli veniva tenuto al corrente degli sviluppi dell’inchiesta di De Magistris dal procuratore di Catanzaro Mariano Lombardi (ora passato a miglior vita, il capo di De Magistris, ndr).
Pittelli, è vero, conosce Lombardi da una vita.

Mariano Lombardi
Mariano Lombardi

Ma da un certo punto in poi questa amicizia si rinsalda, perché Pittelli diventa socio del figlio della moglie di Lombardi. In fondo è solo uno dei tanti possibili esempi dell’Italia delle famiglie allargate, che colloca i suoi “figli di” in tutti i settori della vita pubblica e delle relazioni che contano, e che al Sud, dove la famiglia è qualcosa “di più” esprime al massimo le sue qualità.

E così il magistrato Lombardi, insieme con l’avvocato – senatore Pittelli e con il figlio della moglie del magistrato fanno famiglia, si sorreggono l’un l’altro, si tengono per mano dove nello stesso tribunale, nella stessa città, nello stesso collegio elettorale, nella stessa chiesa per la santa messa domenicale, sulle stesse spiagge e sullo stesso mare per le vacanze estive dove si gusta la granita, si spettegola e si inciucia, ma soprattutto si preparano le campagne d’autunno. Che con l’agricoltura ovviamente non c’entrano niente.
Chissà, forse Pittelli e Chiaravalloti erano proprio al mare quando Poseidone, seguendo le tracce dei soldi sborsati per opere mai eseguite o mai collaudate, smaschera una sorta di “interpartito” destra-sinistra.
Una consorteria che manovra un meccanismo divenuto “sistema” in cui si prodigano gruppi di pressione e logge massoniche trasversali che possono contare su uomini fidati, a tutti i livelli istituzionali…

(Carlo Vulpio, Roba nostra. Storia di soldi, politica, giustizia nel sistema del malaffare)

Ma se proprio non vi dovesse bastare, ecco un altro “assaggio” della grande pericolosità del Nostro.

PRONTO, PITTELLI?

Il signor Salvatore Domenico Galati non è mai stato eletto senatore né deputato. Eppure i magistrati, per analizzare una parte dei suoi tabulati telefonici, dovrebbero chiedere l’autorizzazione del Parlamento. E non si tratta di un caso isolato. Com’è possibile? Semplice. È sufficiente che la sua scheda telefonica sia intestata a un parlamentare. E dalle perizie del consulente informatico Gioacchino Genchi, che sono state al vaglio del Copasir (per i profani: SERVIZI SEGRETI), vien fuori che un solo senatore della Pdl – Giancarlo Pittelli – ha attivato tra il 2001 e il 2006 ben 12 schede sim.

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«Pittelli – scrive Genchi nel 2007 – non può aver utilizzato, da solo, tutte le utenze che abbiamo elencato. (…). Le utenze di Pittelli sono risultate in contatto con batterie di cellulari utilizzati per delle azioni pluriomicide e addirittura rinvenuti sul luogo di delitti ». Un motivo c’è.

«Pittelli esercita la professione di avvocato penalista», continua Genchi, ma il punto è un altro: «Nel momento in cui Pittelli diviene soggetto passivo dell’azione penale, il divieto di qualunque indagine telefonica si è esteso di diritto a tutte le utenze che possono essere state da lui utilizzate, in modo diretto o indiretto». È il caso, appunto, di Salvatore Domenico Galati, che nulla c’entra con gli omicidi, ma avrebbe avuto un ruolo, secondo Genchi, in «operazioni bancarie assai sospette, per conto del Pittelli, con ingente movimentazione di valuta». Pittelli – che aveva presentato le dimissioni (respinte) al Parlamento – è stato anche indagato dalla procura di Salerno, per corruzione in atti giudiziari, nell’ambito del «caso De Magistris». Nelle perizie di Genchi viene descritto come il «deus ex machina » d’una fuga di notizie che avrebbe danneggiato Poseidone.

L’ex pm Luigi De Magistris l’aveva inquisito in «Why Not» e «Poseidone», prima che venisse trasferito, e perdesse le inchieste. La posizione di Pittelli – sul quale l’ufficio antiriciclaggio aveva espresso dei sospetti – è stata poi archiviata dalla procura di Catanzaro. Per la precisione: dai magistrati che, poi, sono stati indagati dalla procura di Salerno (anche) perché avrebbero favorito Pittelli…

Tratto da “La Stampa”

Pronto Pittelli? Le dodici sim del senatore. Dalle perizie dell’archivio Genchi