Chi è Alberto Liguori, il piccolo Gattopardo che ha insabbiato gli affari de iGreco a Terni

Il magistrato Alberto Liguori, classe 1963, procuratore capo di Terni da quasi 8 anni, continua a dare battaglia per non essere cacciato a calci nel sedere come merita ampiamente. Ma ieri ha ricevuto una sonora mazzata perché il Tar del Lazio ha respinto il suo ricorso contro la “non conferma” del Csm e di conseguenza è vicino alla sconfitta.

Alberto Liguori è di San Demetrio Corone, bellissimo paese arbereshe della provincia di Cosenza. I suoi biografi dicono che è felicissimo della sua origine albanese e che torna appena può nel vecchio liceo classico Alighieri dove ha preso la maturità.

La sua scalata si è compiuta in un decennio, fino a quando cioè, nell’anno di grazia 2010, è stato eletto al Consiglio Superiore della Magistratura al servizio della famigerata corrente Unicost (Unità per la Costituzione), quella di Palamara tanto per intenderci. Poi è stato un gioco da ragazzi “prendersi” una procura e si è piazzato in quella di Terni, dove c’era bisogno di insabbiare parecchio e di dare una grossa mano al cerchio magico di Renzi.

Alberto Liguori, allievo prediletto del Gattopardo

Liguori si è fatto le ossa in Sicilia, nel ruolo di pm a Enna. Ce l’aveva mandato il suo mentore, o il suo maestro come dicono che lo chiami, ovvero il Gattopardo del porto delle nebbie, al secolo Mario Spagnuolo, che poi lo aveva “promosso” a metà degli anni Novanta proprio come giovane pm alla procura di Cosenza, quando lui sguazzava da sostituto ormai anziano di Serafini e riuscì a neutralizzare addirittura il processo Garden per arrivare poi, grazie ai buoni uffici della massomafia, alla Dda di Catanzaro come numero 2 di Mariano Lombardi.

Liguori ha assorbito come una spugna gli “insegnamenti” del suo maestro di massomafia e sono in tanti a ricordarlo al suo guinzaglio nelle tragicomiche inchieste del porto delle nebbie. Pino Tursi Prato, tanto per fare un esempio, ricorda ancora tra serio e faceto quando il Gattopardo e il suo cagnolino lo prelevarono a casa per un interrogatorio della massima importanza… Eravamo all’indomani dell’operazione che portò all’incriminazione di Giacomo Mancini – da sempre vero obiettivo del Gattopardo – ma Spagnuolo e Liguori si dimenticarono che Tursi Prato alle elezioni del ’93 non si era neanche candidato e l’eterno capro espiatorio della malagiustizia cosentina si prese non solo la soddisfazione di ricordarglielo ma anche di sbattergli in faccia quel “patto” sottoscritto per il fratello “pecora nera” di Spagnuolo, Ippolito, che venne nominato capo dell’Ufficio Vaccinazioni proprio da Tursi Prato all’epoca della sua presidenza dell’Usl numero 9. Un reato grande almeno quanto le teste del Gattopardo e del suo allievo prediletto, da anni ormai al vaglio della procura di Salerno, che evidentemente non può toccarlo.
Forse anche per levarsi di dosso quegli anni torbidi, Liguori lasciò la magistratura inquirente e si buttò in altre prodezze, diventando presidente del Tribunale di Sorveglianza a Catanzaro, postazione dalla quale poi sarebbe stato proiettato prima al Csm e poi alla procura di Terni.

La nomina di Liguori a procuratore capo di Terni è praticamente contemporanea a quella del suo maestro Gattopardo nel porto delle nebbie di Cosenza. E si tratta di due procure nelle quali c’è da insabbiare tanta roba. Soprattutto a Terni, dove è stata perfezionata un’operazione spregiudicata come quella dell’acquisizione del Gruppo Novelli da parte di un gruppo di faccendieri della provincia di Cosenza, gli ormai famigerati iGreco, sponsorizzati dal cerchio magico di Renzi.

L’operazione è chiaramente irregolare e viene concretizzata solo perché al Ministero dello Sviluppo Economico sono entrati in azione i colletti bianchi di Renzi, che si sono infiltrati nel Gruppo Novelli e ne hanno preso le redini, grazie anche al supporto di alcuni soci “venduti”. Quando arrivano iGreco, con tutta la loro ineguagliabile ignoranza e rozzezza, la parte sana del Gruppo Novelli giustamente si ribella e presenta una articolata denuncia al Tribunale di Terni, un’azione di revoca per mandare a monte un’operazione assurda e ingiustificabile se non con le modalità paramafiose della malapolitica… Questa denuncia viene presentata meno di un anno dopo l’insediamento di Alberto Liguori, quindi nel 2017. Ebbene, sono passati ormai sei (6!) anni e il Tribunale di Terni, al riguardo, non si è mai pronunciato. Silenzio assoluto. Liguori, dunque, ha eseguito alla perfezione gli ordini del suo “caro amico” Renzi e in perfetto stile Gattopardo ha fatto calare una cortina fumogena sulla vicenda e neanche una richiesta di ispezione ministeriale è riuscita a smuovere nulla. D’altra parte, anche a Cosenza quella timida richiesta di ispezione avanzata dal M5s quando un magistrato corrotto era stato beccato a cena con uno dei “boss” vicini al sindaco, non aveva avuto esito.

Loro, sempre i famigerati iGreco, al Ministero dello Sviluppo Economico, tramite i buoni uffici dei loro compari, colletti bianchi renziani, promisero: zero licenziamenti, investimenti per milioni di euro, rilancio dell’azienda, e persino l’accettazione del concordato che il Gruppo Novelli aveva avuto dal Tribunale di Terni.
Ma una volta presa l’azienda, al prezzo di… 1 euro (una circostanza che avrebbe dovuto calamitare anche l’attenzione dei media, tutti invece venduti e silenti verso il potere renziano), iGreco iniziarono subito i licenziamenti, non investirono 1 euro, e le società in attivo, ovvero le aziende agricole, passarono sotto il mantello della società Poderi Greco, tanto per evitare ogni possibile ritorsione. Un disastro totale reso possibile, oltre che dal Ministero, anche dal piccolo Gattopardo insediato al Tribunale di Terni ovvero l’allievo di Mario Spagnuolo: Alberto Liguori da San Demetrio Corone. Perché – ed è più che mai opportuno ribadirlo e se necessario anche urlarlo – quella sacrosanta azione di revoca viene sepolta nei cassetti delle scrivanie del nuovo procuratore.

I componenti del CDA che hanno affossato il Gruppo Novelli: Musaio, Tarozzi e Alfieri

Stiamo parlando di un’azienda che fatturava anche in periodo di crisi 104 milioni di euro all’anno. IGreco non pagano nessuno, nessun creditore, fanno nuovi debiti e tutte queste entrate finiscono nelle loro tasche e in quelle dei loro complici.
Il Tribunale di Terni, concesso il concordato al Gruppo Novelli, guidato dal Cda esterno “renziano” composto dai colletti bianchi Musaio, Tarozzi e Alfieri, avrebbe dovuto controllare ogni 2/3 mesi i bilanci del Gruppo. Un’azienda in concordato deve “viaggiare” come su un binario e invece, a parte gli eredi di Luigi Novelli, il socio al 25%, che votarono sempre contro i bilanci del del Cda esterno guidato da Musaio, gli altri andarono avanti impoverendo l’azienda secondo il piano studiato a tavolino dagli avvoltoi di Renzi.

Intanto, il nuovo procuratore di Terni, “educato” e istruito alla grande, insabbia e copre ogni cosa. Lo guida e lo tiene per mano un altro dei compari di Renzi, tale Giampiero Bocci, sottosegretario del governo Renzi, capo del Pd in Umbria, che al Gruppo Novelli è sempre stato di casa. I giochi politici li fa portare avanti dalle sue marionette e lui lavora, al pari di Luca Lotti, per controllare e tenere al guinzaglio la magistratura corrotta. Ma mentre la faccia di pesce lesso di Luca Lotti la conoscono tutti, quella di Giampiero Bocci è ancora misconosciuta: questo furbacchione non figura mai eppure recentemente è finito sotto inchiesta per lo scandalo sui concorsi della sanitò in Umbria. Del resto, in questo “mestiere” ci sono anche i rischi..

Ma torniamo al Gruppo Novelli. Oggi, alla luce di tutti gli insabbiamenti e di tutte le coperture, c’è comunque ancora un documento che allarma il cerchio magico umbro e calabrese dell’ebetino di Rignano. Ed è il memoriale di Enzo Novelli, che spiega benissimo cosa fecero Musaio, Tarozzi e Alfieri, grazie anche alla complicità di Torquato Novelli. il socio massone amico de iGreco, che fece da “cavallo di Troia” dentro al Gruppo umbro. Noi abbiamo già pubblicato più volte questo importante memoriale e lo faremo ancora, per far capire all’Italia intera quanto sono potenti questi massomafiosi. Evidentemente anche questo è servito per far ricordare a qualcuno del grande scandalo del Tribunale di Terni, che non ha niente da invidiare a quelli di Perugia e Firenze, entrambi dichiaratamente al soldi di Renzi, Lotti, Bocci e… tutto il cucuzzaro.