Cosenza 2016, il mercato delle vacche

Come nella migliore tradizione politica cosentina, quando arrivano le elezioni, si apre ufficialmente il mercato delle vacche. Chiunque ha un minimo peso politico che a Cosenza si traduce in un pacchetto di voti che varia tra i 300/400 voti a salire, si trasforma in un vaccaro. Nobile e antico mestiere da cui dipende una parte importante della nostra economia. Ed inizia a fera.

Ognuno espone il proprio pacchetto di voti pronto a vendersi al miglior offerente. Non si offenda nessuno, ma è così. Né ce ne vogliano i protagonisti di questo mercimonio del voto. Perché sappiamo, come lo sanno anche loro, che la politica da noi significa solo fare affari. Non esiste la Politica a Cosenza. Tutto è regolato dal do ut des.

Nessuno si spende (è il caso di dirlo) sinceramente per passione o per amor civico. Anche se è giusto non generalizzare. Le elezioni sono per molti l’occasione giusta per incassare. Il momento topico dove mostrare le proprie potenzialità e metterle in vendita. Una opportunità propizia per chi vende voti. Che non sono solo i mafiosi. Ma chiunque vanti anche piccole percentuali di consenso. Da noi nessuno vota per ideali o per libera scelta. Del resto, con l’esercito di candidati alla carica di consigliere, ogni cosentino ha almeno un parente o un amico da votare. Indipendentemente dal suo credo politico.

Ecco perché i pacchetti di voti sono reali e concreti e c’è chi è disposto a comprarli. Non c’è pericolo che si rivelino falsi, o sole, perchè il vincolo che lega l’elettore al “candidato” è, o di carattere economico, o legami di sangue. Per cui se ti dico che ti vendo 200 voti puoi contarci che tanti sono. Non si sgarra.

Da qualche giorno i peones della politica locale (con la p minuscola) sono impegnati in frenetiche trattive per meglio piazzare il loro pacchetto di voti. Origliando (origliare fa parte del mestiere) una discussione avvenuta tra alcuni ex consiglieri, apprendiamo che all’interno della coalizione che sostiene Paolini alcuni candidati sono stati gentilmente accompagnati alla porta.

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Si tratta di Roberto Bartolomeo e Claudia Iapichino. Pare abbiano fatto una richiesta oscena (nel senso di richieste “indecenti”) a Paolini.

Anche se devo dire che Roberto Bartolomeo si è dimenticato a bambula ccuru tuppu, e nu tri si, nu tri no, e nu curru curri. Ovviamente Paolini lo ha lasciato parlare, e dopo aver ascoltato la sua oscena richiesta, lo ha invitato ad andare da qualche altra parte, perché da lui il mercato della vacche non ha aperto, e né intende aprirlo.

Non c’è che dire: una richiesta che non solo diventa imbarazzante per la sua diffusione, ma allo stesso tempo ci restituisce il vero senso con cui, personaggi come questi, intendono la politica. Semmai ce ne fosse ancora bisogno.

Qui, molti di questi candidati alla carica di consigliere, hanno come solo scopo quello di lucrare il più possibile in questa tornata elettorale. Uno schifo che non se ne più. Perché è per colpa di questi che la Politica, l’arte nobile, da noi si è trasformata in uno squallido esercizio di scambio di voti con denaro.

Prima viene il loro buonustari, e se ce ne rimane, ma solo se ce ne rimane, solo dopo viene il cittadino. Ma nonostante l’evidenza di questo mercimonio c’è gente che ancora li vota. Ognuno sceglie da chi farsi rappresentare. E francamente non consiglierei a nessuno di votare questi personaggi. Che ovviamente da Paolini sono passati alla dimensione suina della politica. Insieme a Carlo Guccione.