Cosenza 2016, Renzi e il “triangolo delle spremute”

Renzi annuncia: dopo i ballottaggi tornerò ad occuparmi del partito. La prima cosa che farò  è quella di cancellare definitivamente l’intero gruppo dirigente del PD al sud, (soprattutto a Cosenza), con un lanciafiamme. Una dichiarazione che sembra il finale di un film di 007 dove il complottista, prima della resa dei conti definitiva, svela il vero motivo del suo piano e il perché di alcune sue mosse.

Renzi sin dal primo momento aveva incaricato il trio Carbone/Lotti/Minniti di occuparsi della questione amministrative. In particolare di quelle calabresi, su tutte Cosenza. Dove la situazione, per storia e paranze, si presentava alquanto complicata.

carbonea Un primo sondaggio del terreno, per capire i termini di agibilità, prova a farlo il Ciaone nazionale. Carbone, reduce dalla vittoriosa campagna elettore regionale, per l’occasione aveva indossato la maglietta io voto Giuseppe Giudiceandrea, sponsorizzato da Ferdinando Aiello, pensa di poter fare il bis anche a Cosenza. E si affida completamente, per le questioni territoriali, come aveva fatto per le regionali, ad Aiello. Ed insieme a quell’incapace di Magorno elaborano la strategia, vogliono far vedere ai pezzotti romani quanto sono bravi.

Ma non appena mettono piede in città, proponendo Aiello quale commissario dei circoli, apriti cielo. Guglielmelli che risponde agli ordini del “triangolo delle spremute”, Oliverio/Madame Fifì/Adamo, subito annuncia battaglia: raccolta firme, regole di qua e di là, statuto violato, e cazzate simili.

Aiello, che non spicca cerca per intraprendenza, capita la mali parata, e capito che avrebbe dovuto scontrarsi con il “triangolo delle spremute” dice subito a Ciaone: lassamu sta ca unnè cosa. Ciaone capisce che l’influenza politica di Aiello su Cosenza è pari a zero. E riferisce a Lotti. Il quale riferisce a Renzi: Matteo, a Cosenza è un casino,  Madame Fifì e compari di prendere ordini da Aiello non ne vogliono sapere.

Dicono che sono loro i baroni della città. E con loro bisogna parlare. Così Lotti “organizza” un incontro a Roma tra Madame Fifì e Guerini la voce ufficiale di Renzi.

Guerini parla chiaro e le dice: di candidare qualcuno di voi (tipo Nicola e fetenzie simili)  non se ne parla proprio. Siete impresentabili. Bisogna trovare una alternativa. E Madame Fifì forte del fatto che il candidato deve necessariamente avere la sua approvazione, altrimenti annuncia guerra a Cosenza, coglie la palla al balzo e dette le sue condizioni: vuole la garanzia di essere candidata e blindata alle prossime elezioni politiche, nonché la possibilità di continuare a fare i propri magheggi in tranquillità.

enzucciaGuerini, che la soluzione l’aveva già in tasca, accetta e dice a Madame Fifì che un candidato di “superamento” ci sarebbe, ma ha bisogno di essere introdotto nell’ambiente cosentino: Lucio Presta, amico di Renzi e persona perbene. E così Madame Fifì, capito che di più non può ottenere, accetta e diventa insieme a Nicola il principale sponsor del manager dei vip.

Il “triangolo delle spremute” incassa un primo successo: a Roma hanno capito che a Cosenza comandiamo noi. Il trio gongola. Ma i problemi da affrontare adesso sono tanti, a cominciare dall’unità del centrosinistra alle amministrative. Paolini su tutti. Enzo non vuole rinunciare a concorrere alla carica di sindaco, e di cuddrarsi un altro candidato non ne ha voglia.

Ma sa che dovrà affrontare Madame Fifì. I due, Madame Fifì e Paolini, non vanno di pelo,  colpa del tradimento della stessa alle amministrative 2011 (Paolini era arrivato al ballottaggio contro Occhiuto) dove aveva invitato i cosentini a votare Occhiuto. Un tradimento che Paolini non aveva mandato giù. Ma per affrontarla ha bisogno di un alleato forte, e data la vicinanza di alcuni suoi fedelissimi a Guccione, costruisce con lui un’alleanza.

guccione-minnitiCarletto è da poco uscito vittorioso dalle regionali, elezione che gli è valsa il titolo di mister preferenze, ed è anche nemico giurato di Madame Fifì. L’uomo giusto, secondo Paolini. Che nonostante le tante sole che il Pd gli ha dato, confida in Carletto il maialetto, e pensa che queta volta non sarà così.

Questa è anche l’occasione per Carletto di affermarsi a livello nazionale e vuole anche dimostrare che è lui che ha in mano la città, non Madame Fifì. Ma non è solo questo. Con questa mossa, se studiata bene, può rendere la pariglia ad Oliverio che all’indomani di Rimborsopoli lo aveva malamente cacciato dalla giunta. Inchiesta che era valsa l’esilio anche a Nicola (il suo rientro in città sarà subordinato all’accettazione di Presta come candidato).

Se riesce a convincere Lotti che è lui l’uomo forte in Calabria, può dare del filo da torcere anche a Palla Palla. Ed inizia il via vai da Roma per le dovute contrattazioni. Guccione, che sa bene che parte della sua forza elettorale proviene dai consiglieri vicini a Paolini, fa credere allo stesso di essere impegnato strenuamente a portare avanti la sua candidatura negli ambienti romani. Ma la verità è che Lotti gli ha già detto di convergere su Presta e di trovare le parole giuste per persuadere Paolini e indurlo al ritiro della candidatura.

Lotti spiega a Guccione che anche Madame Fifì è d’accordo. E’ un’ occasione per ritrovare l’unità e non bisogna farsela sfuggire. Le guerre interne sono rimandate. Serve una tregua. Bisogna far quadrato attorno a Presta e raccogliere tutto il raccoglibile: bisogna sperimentare a Cosenza il partito della nazione.

Guccione cerca di prendere tempo con Paolini, raccontandogli un sacco di chiacchiere, nel mentre studiano la strategia di come annullare le primarie e “imporre” Presta a tutti gli altri alleati.

occhiutomannapaoliniNel mentre iniziano a girare i verbali dei pentiti che parlano di gravi collusioni tra Occhiuto, Manna, Principe, Greco, Paolini e la malavita locale. Raccontano di voto di scambio, appalti truccati e affidamenti pilotati. E pare sempre più imminente una operazione di polizia. La possibilità che l’intervento della DDA possa mettere fuori gioco i principali problemi del PD, cioè Paolini e Occhiuto, è vista dalla banda del PD come manna dal cielo. E da vili e vigliacchi quali sono, nonostante noi ne parlassimo da anni (è dal 2012 che scrivo degli intrallazzi di Occhiuto, e non solo, a cominciare di da Piazza Fera, lo so che la tendenza della politica è quella di dimenticare), senza mai dire una parola al tempo giusto, pensano bene di strumentalizzarla.

Non per fini di Giustizia, che non sanno manco dove sta di casa, ma per favorire i loro sporchi intrallazzi e spianarsi la strada senza fatica a Palazzo dei Bruzi. E scoprono dall’oggi al domani i debiti di Occhiuto pagati dal Comune, gli affidamenti diretti alle ditte amiche, il voto di scambio politico-mafioso. Ed iniziano a girare carte che non ti dico.

magorno-bossio-prestaDocumenti che giacevano nei cassetti delle scrivanie dei segretari e deputati del PD da tempo. E che bene si erano guardati dal cacciare prima. Mobilitano la pattuglia dei deputati con in testa Stefania Covello, che non si è capito che personaggio è, ed iniziano le interrogazioni parlamentari che mai prima avevano fatto. Nonostante fossero a conoscenza di quello che avveniva al Comune. Ma prima non potevano dirlo perché ricattati da Occhiuto per via dei loro miliardi di scheletri nell’armadio.

E come sempre avviene, data anche la scarsa dignità dei consiglieri che eleggiamo, Madame Fifì inizia come è suo costume a lavorare sotto banco per comprarsi qualche firma per sfiduciare Occhiuto. Seguito a ruota da un Paolini che vede in questo la possibilità di ritornare in auge come candidato di superamento.

Lo fanno agitando  strumentalmente lo spauracchio del commissariamento per mafia del Comune. Ed inizia la campagna per la “legalità” del PD. Che fatta da Madame Fifì, Morrone, Guccione, Adamo, Verdini e tutta ‘a franzamaglia, visti i risultati elettorali, non è stata per niente credibile. E come poteva essere diversamente? E in tutto questo i Cinghiali stanno a guardare.

1 – (continua)

GdD