Cosenza ai tempi di Occhiuto: le 17 orribili statue del cazzaro (di Pasquale Rossi)

All’alba del Primo Maggio, Mario Occhiuto detto il cazzaro, dopo 10 anni di saccheggio, distruzione e sventramento della città, s’è accorto che finalmente qualcuno ha buttato nella spazzatura quella gran boiata di monumento a Sergio Cosmai che ha infestato per anni una parte della nostra sventurata città  E si lascia andare a un delirio di onnipotenza che come al solito è un insulto all’intelligenza dei cosentini. Gli rispondiamo attraverso un vecchio articolo di Pasquale Rossi che gli canta – come sempre – la pampina. Occhiù, va ti spacca na fresa, ccu decenza parrannu…. 

di Pasquale Rossi

Nelle città italiane le sculture contemporanee che si vogliono inserire nel tessuto urbano, sono valutate scrupolosamente da una apposita commissione che, prima di tutti, ha al suo interno un rappresentante della Soprintendenza, l’organo di vigilanza dello Stato sul territorio.

A Cosenza, e nella sua area urbana, per dieci lunghi e interminabili anni è stato sufficiente, invece, essere amici di Occhiuto tanto che diversi luoghi hanno visto  nuove collocazioni monumentali solo del grande buffone cosentino Maurizio Orrico.

Le “statue” sono 17 in tutto, senza che alcuna di questa sia approvata con procedura concorsuale o abbia ottenuto autorizzazione al di fuori di quella del sindaco.

La prima è la “cattedra vescovile” in marmo, collocata da Occhiuto nel Duomo, quando effettuava lavori nell’abside senza l’autorizzazione della Soprintendenza, che, pure, è intervenuta rivendicando l’illegittimità dell’operazione.

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Sette multipli in resina: due in via Coscarella n°2 e due nell’atrio dell’hotel Link, uno di otto metri in via Papa Giovanni XXIII davanti alla chiesa “Sacra Famiglia”; due in Piazza Salfi, che riflettono tutte le opere all’interno della struttura, area privata con piena visibilità pubblica accanto ai “Dormienti” di Mimmo Paladino.

L’artista, in questo caso sì, Paladino ha querelato il sindaco-ristoratore, di un ristorante fallito, perché ritiene che le sue, vere, opere d’arte siano arbitrariamente accostate ai giganti di plastica di Orrico, come se fosse un progetto condiviso creando un danno enorme all’artista confermato, Paladino, a tutto vantaggio dell’artista locale, Orrico.

I suddetti giganteschi omaccioni plastici sono tutti identici fra loro nella forma anche se cambiano nel colore e dimensioni e nel titolo: o viaggiatore o viandante (potenza delle parole!).

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L’installazione sulla rotatoria di viale Cosmai – ora finalmente gettata nella spazzatura – ha suscitato reazioni argomentate da parte di molti cittadini su diversi blog, sia sui criteri estetici artistici sia sugli standard di sicurezza. Tutti questi inserimenti urbani non sono stati preceduti da alcuna verifica degli specifici enti preposti sulla sicurezza, ambientali e paesaggistica per il forte impatto dovuto alle dimensioni e ai materiali.

Cosenza ha avuto un sindaco che ha voluto imporre, senza consultazione alcuna, ad un’intera collettività un modello d’arte e di bellezza tutto suo personale; un sindaco che ja monopolizzato gli spazi pubblici a favore dei suoi sodali ed ha escluso altri artisti cosentini che hanno ottenuto riconoscimenti dai massimi musei nazionali.

Nel frattempo nessuna delle autorità preposte, il soprintendente ai beni artistici dottoressa Tecce e l’architetto Eichberg ai monumenti e ai paesaggi, ha chiesto delucidazioni e conto all’ormai ex sindaco di questo scempio.

Nessuno chiede ragioni al sindaco dello scempio del Castello (come ha dettagliatamente scritto Battista Sangineto alcuni anni fa) o come quello dell’ascensore in via Trento, come quello della cattedra vescovile nel Duomo, come quello delle piazze e piazzette orribilmente ridisegnate dall’architetto-urbanista e sindaco pro-tempore Occhiuto.

Tutto questo è avvenuto all’ombra delle palme secolari morenti che, colpite dal punteruolo rosso, morivano una dopo l’altra senza che l’Amministrazione abbia mai dato il via ad alcun trattamento di bonifica.

E il bando sul Museo di Alarico, di cui ci siamo ampiamente occupati,  è stato ritirato o l’avete dovuto riscrivere, visto che prevedeva, fra le altre sciocchezze, di buttare nel fiume le macerie degli ultimi due piani dell’ex Hotel Jolly?

L’unica preoccupazione che aveva il sindaco era la progettazione e la collocazione -davanti al progettato Museo di Alarico, che, come ha ripetutamente spiegato Sangineto non potrebbe contenere nulla di pertinente al re goto-  di un’altra orripilante opera che prima o poi farà la stessa fine del monumento a Cosmai ovvero quella di Alarico e del suo cavallo. Mamma, che squallore…

E che dire di quelle tamarrissime luminarie natalizie da Corso Mazzini e dalle vie adiacenti, che ci siamo dovuti sorbire quasi ogni anno fino a febbraio?

E che dire di Piazza Fera tuttora sotto sequestro e che per 3 lunghi anni avrebbe potuto crollare dopo essere stata mortificata da questo mezzo uomo che si crede onnipotente?

E l’inutile ponte di Calatrava, a che cazzo serve?

E il Planetario, che è tuttora un altro dei simboli dello sfascio di questa povera città?

Una lunga lista sarebbe ancora da scrivere sulle inadempienze, sui soprusi, sugli imbrogli, sull’assenza di autorizzazioni da parte delle Istituzioni preposte alla sorveglianza, sul reiterato disprezzo delle regole, dei regolamenti e delle leggi, ma cosa volete? L’ex sindaco architetto va pazzo per la bellezza, è un esteta, ha una visione talmente estetistica della città che non ha mai guardato per il sottile quando si trattava di mortificare la povera Cosenza…