Cosenza, Banca d’Italia: a Palazzo Salfi manca (anche) il certificato di agibilità

A Cosenza è tutto possibile, almeno per i politici mafiosi, i corrotti, e i servitori dello stato infedeli. A loro tutto è permesso, anche infrangere la Legge come più gli aggrada. E la storia che segue è la dimostrazione pratica di come a Cosenza la legge non è uguale per tutti. La vicenda di Palazzo Salfi dimostra inoltre la capacità di Occhiuto di tenere sotto schiaffo l’intera procura cosentina, che di fronte a palesi illegalità non riesce a muovere un dito. A Cosenza solo Occhiuto e gli amici degli amici possono fare ciò che gli pare in barba alle regole, senza paura di subire sanzioni.

Capita così che una banca che ha “ereditato” un patrimonio immobiliare immenso dia l’incarico ad un tecnico “forestiero”, un ingegnere (a sua tutela non rivelamo il nome) per redigere una perizia su un immobile in contrada Paparelle, Cosenza, pignorato ad una società, la Ofin. L immobile in questione si chiama Palazzo Salfi. L’ingegnere incaricato dalla banca deve predisporre tutti gli atti necessari ad una futura vendita, ma scopre che Palazzo Salfi non ha l’agibilità. Poco male avrà pensato l’ingegnere, siamo in Calabria e a volte capita, ma la visita sul posto si rivela una vera e propria sorpresa. Palazzo Salfi, sequestrato e pignorato, senza l’agibilità è un viavai di gente, al suo interno ospita un ristorante e uno studio tecnico. L’ingegnere rimane sbigottito: “Ma chi sono queste persone, chiede all’accompagnatore?” Clienti, risponde l’accompagnatore. Infatti la sera stessa della visita tecnica è prevista la festa di un compleanno per un cinquant’anni alle Cucine di Palazzo Salfi. A questo punto l’ingegnere chiede: “Ma come ha fatto il Comune di Cosenza a concedere una licenza commerciale ad una società che svolge un’attività in un locale senza l’agibilità?”. Semplice, rispondiamo noi, siamo a Cosenza. Lui è il sindaco, e quindi il Re della città, e la procura è al suo servizio, insomma lui è lui è gli altri non sono un cazzo. Figuratevi che qualche tempo fa, nello stesso ristorante “illegale” fino al midollo è stato ospite persino il procuratore Gratteri, che si è fatto immortalare con un selfie insieme al prestanome che gestisce il locale…

La storia – La Ofin Srl costituita il 15.10.1996 con sede in Roma Via Calabria 56, di cui Occhiuto era il rappresentante legale, accede ad un leasing presso il Banco di Napoli pari a 2milioni 194mila euro per ristrutturare Palazzo Salfi. Cifra che ovviamente Occhiuto non ha mai restituito, così la pratica Occhiuto finisce nelle mani di Zeta Tre Srl ed Equitalia Sud SpA, che non avendo altra scelta chiedono e ottengono il pignoramento dello stabile. Palazzo Salfi inizialmente era stato ceduto dalle sorelle Citrigno, Simona e Filomena, alla Commercio e Finanze spa, che aveva acquisito lo stabile con la speranza di recuperare il denaro da Occhiuto, ma la società fallisce e viene acquisita dalla Banca d’Italia. Occhiuto aveva provato anche a pagarli i debiti, sperando di truffare l’imprenditore Davide Barzan, che aveva il 45% delle quote ma aveva subordinato il completamento dell’operazione a un altro movimento finanziario: l’acquisizione del Cosenza Calcio. Che però, ahilui, non andò a buon fine. Così la proprietà dello stabile finisce nelle mani della società “Rev gestione crediti spa” che ha avuto l’incarico da parte della Banca d’Italia di procedere alla vendita dell’intero immobile.

Vedrete che anche questa volta, anche di fronte ad una relazione tecnica della Banca d’Italia (effettuata dalla Rev), la procura di Cosenza non muoverà un dito per ristabilire la legalità. Così come avviene per tutti i reati che ha commesso Occhiuto. Tutti gli altri devono attenersi alle regole e alla legge, e chi sbaglia paga, mentre per Occhiuto tutto finisce in cavalleria. Se non è mafia questa ditemi voi cos’è!