Cosenza, caso Cirò: come mai la dirigente dell’economato è ancora al suo posto?

Per meglio capire l’Occhiuto pensiero in materia di legalità e rispetto della Legge è sempre meglio fare degli esempi pratici e concreti, altrimenti si corre il rischio di non essere compresi soprattutto da chi si ostina, nonostante l’evidenza, a difenderlo a spada tratta sempre e comunque.

Occhiuto ha scritto più volte che chi si reca in procura a denunciare gli intrallazzi che avvengono in Comune è un delatore, ovvero un canterino, un pentito, un infame.

Ma se è lui a denunciare intrallazzi in procura, come nel caso del suo ex capo segreteria Cirò, diventa un eroe, uno che ci tiene alle casse pubbliche, uno che si batte per la legalità e la Giustizia.

Di più: se a rubare sono i dirigenti nominati da lui (Potestio e Cucunato), con la complicità di vecchi dirigenti comunali come Pecoraro e Bartucci, la regola per tutti è: fatti i cazzi tuoi. E rispondere, come in questi casi risponde sempre Occhiuto, a chi fa domande in merito: io non ne sapevo niente. Oppure: non mi sono mai accorto di nulla. Tutto è avvenuto a mia insaputa. E chi denuncia, sempre in questa fattispecie di ruberia, per Occhiuto è un pentito e un delatore.

Al contrario: se a rubare è qualche suo nemico o finto amico come Cirò, non solo tutti se ne devono accorgere, ma bisogna correre subito in procura a denunciarlo. In questo caso non sei né un pentito né un delatore. Ma un cittadino modello.

Un esempio più concreto di così dell’Occhiuto pensiero, in materia di legalità, non saprei dove trovarlo.

Ed è proprio il caso Cirò, che non trova risposte giudiziarie da quasi due anni ormai, ad evidenziare un altro spaccato dell’agire occhiutiano che spesso ha trovato “rifugio” proprio nella procura di Cosenza.

Se da un lato Spagnuolo e la Manzini hanno capito che stare alla larga da Occhiuto è cosa buona in previsione, non si sa mai, di qualche ispezione o controllo, dall’altro non possono fare fino in fondo il loro dovere per via dei tanti scheletri presenti nei loro armadi, e dei ricatti che sono costretti a subire in virtù dei tanti intrallazzi pregressi consumati con il sindaco. E qualche favore ancora sono costretti a farglielo.

Come ad esempio tenere fuori Potestio – legato al pm Cozzolino che con tutto quello che sa sugli intrallazzi in procura, vecchi e nuovi, ricatta Spagnuolo e la Manzini – dall’inchiesta sugli appalti-spezzatino. Nonostante un avviso di garanzia emesso dalla Manzini nei suoi confronti 18 mesi fa, proprio su questo “tema”. Oppure tenere fuori dall’inchiesta Cirò la dirigente dell’economato che è quella che materialmente metteva i soldi nella busta e li consegnava all’ex segretario del sindaco. Anche se risulta indagata insieme a Cirò, di fatto, la dottoressa Ada Francesca Federico, non ha subito nessuna “sanzione” preventiva, come ad esempio l’interdizione o molto più saggiamente l’allontanamento dall’economato con incarico in altro ufficio. E’ rimasta sempre al suo posto all’economato. E questo la dice lunga sulla serietà di questa inchiesta, e sullo scambio di favori tra il sindaco e la procura. Una delle prime regole di una inchiesta è quella di evitare l’inquinamento delle prove. Ed invece la dottoressa Federico, in tutti questi mesi, nonostante risulti indagata per peculato, è rimasta a dirigere l’economato con libero accesso a tutti gli atti dell’ufficio. La domanda sorge spontanea: chi ce lo dice che non ha inquinato le prove?

Più che voglia di chiarire, in queste inchieste, appare chiara l’espressione di una negligenza voluta, ricercata, assecondata, al fine di rendere il proprio lavoro inoffensivo, inefficace. Salvando, così, capre e cavoli. E allo stesso tempo dare una immagine della procura come efficiente ed efficace nel contrasto alla corruzione. Il più classico specchietto per le allodole.

La vicenda Cirò, come quella degli appalti spezzatino, resta una vicenda piena di contraddizioni giuridiche e dai contorni oscuri. Una inchiesta affidata, guarda il caso, a Cozzolino e tolta al famoso marlonbrando solo dopo che i suoi traffici sono stati sputtanati e quindi solo per salvare la faccia e le apparenze. Questo per dirvi che a Cosenza niente è come appare. Anche se le azioni e l’intraprendenza della procura oggi ci appaiono diverse rispetto al passato, siamo ancora lontani anni luce dalla verità e dalla Giustizia che trionfa.  E la pezza che hanno cercato di metterci, a tutte queste magagne, mi sa che è peggiore bel buco. E siamo di nuovo punto e daccapo.