Cosenza-Catanzaro: la vigilia, il bandierone di Piero e il gol di Aita

Cresce la febbre del derby. Quando c’è Cosenza-Catanzaro è sempre un giorno speciale, anche se la prevendita non va benissimo e fino a ieri sera si erano superati di poco i duemila biglietti venduti. Di sicuro, però, domenica alle 14.30 il “Marulla” avrà un colpo d’occhio degno dell’evento.

Il Cosenza è più forte del Catanzaro. Lo dice la classifica ma anche il gioco delle due squadre, la compattezza. Ma c’è la tradizione da battere e la legge dei grandi numeri dice che il Cosenza, in gare di campionato, non batte il Catanzaro davanti al pubblico amico da 33 anni. Ecco perché in queste ore sono in tanti a ricordare il passato. E tutti sappiamo che il Cosenza non batte il Catanzaro in casa dal 6 aprile 1985. Sono passati troppi anni e speriamo tutti che sia arrivato il momento di ripetere quella splendida giornata.

L’ULTIMA VITTORIA CONTRO IL CATANZARO

Dopo gli incidenti del “Militare”, il 6 aprile 1985 Cosenza è una città blindata. Le forze dell’ordine centuplicano la loro presenza e fanno in modo (anche se all’epoca non esistevano i famosi divieti di trasferta) di impedire ai tifosi del Catanzaro l’accesso alla città.

Si gioca in un clima surreale. Figuratevi che si era sparsa la voce di un agguato al pullman della squadra giallorossa. Fortunatamente era solo un falso allarme.

Gli ultrà rossoblù in realtà erano molto impegnati su fronti molto più importanti. Quelli della scoperta della mentalità ultrà, dell’organizzazione dei primi raduni nazionali e dell’impegno nel sociale e al fianco degli ultimi.

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Per quella giornata, gli Ultrà Cosenza avevano realizzato qualcosa di straordinario. Mille e duecento metri di stoffa rossoblu prelevati a ottocento chilometri di distanza. Per la prima volta in una coreografia, in tutto lo stivale, fa la sua comparsa un bandierone di queste dimensioni. Dietro l’idea ci sono creatività. dedizione, il talento di riuscire a guardare avanti oltre il muro delle convenzioni, la capacità di precorrere i tempi.

L’immensa bandiera viene realizzata in una sala del Convento dei Cappuccini alla Riforma, sotto la supervisione di Padre Fedele Bisceglia mentre materialmente è il capo riconosciuto degli ultrà Piero Romeo, che con una vecchia macchina da cucire Singer la confeziona splendidamente. Per la stoffa, era stato un altro mito del tifo rossoblu, Tonino Tocci, a guidare la spedizione verso Prato, vicino Firenze, 800 chilometri all’andata e 800 chilometri al ritorno.

Il bandierone viene esposto in Tribuna B dove il tifo organizzato si era spostato vista l’importanza dell’evento per essere più vicino alla squadra e per assicurare al vessillo di potersi spiegare senza intoppi e per intero. Chi ha visto quello spettacolo non lo dimenticherà mai più. Al San Vito quel giorno c’erano almeno ventimila anime rossoblu.

Il 6 aprile 1985 era sabato, la vigilia di Pasqua. Per tutta la città di Cosenza è stata una Pasqua di resurrezione. I Lupi riescono nell’impresa di vincere il derby e si impongono con autorità e spavalderia. A segnare il gol della vittoria sarà un ragazzo di Cetraro di 25 anni, Alberto Aita, che si era imposto all’attenzione generale nella seconda squadra cosentina, la Morrone.

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Aita gonfia la rete al 38′ del primo tempo rischiando il tiro da posizione angolata con il piede “sbagliato”, il sinistro. La formazione dei Lupi era la seguente: Busi, Fucina, Nicolucci, Simeoni, Cavazzini, Aita, Morra, Petrella, Marulla, Maniero, Tivelli. Al 17′ della ripresa il cosentino Tonino Posa prende il posto di Maniero e partecipa alla festa. Sì, perchè a fine partita giocatori e tifosi festeggeranno a lungo un successo destinato a rimanere nella storia del Cosenza Calcio se è vero che, a più di 30 anni di distanza, siamo ancora qui a ricordarlo.