Cosenza, è caccia al pusher (di serie Z)

Che dopo a lagana e ciciari, i vruccuali i rapa e sazizza e ri patati ‘mbacchiuse, il prodotto più consumato a Cosenza è la cocaina, lo sanno tutti. A cominciare dal Gattopardo che non perde mai occasione per ricordare a tutti che Cosenza è praticamente inondata di droga. E lo dice perché lo sa bene. E lo sa bene perché, quella di organizzare blitz contro lo spaccio di sostanze, è l’unica e sola attività che la procura cittadina riesce a fare. Altro non fa. Arrestare pusher di bassissimo livello, “spacciandoli” (è proprio il caso di dirlo) per potenti e pericolosi narcos, è il solo modo che la procura ha per restituire una immagine di se, all’opinione pubblica, di un ufficio efficiente, impegnato giorno notte a reprimere la drammatica diffusione della droga in città.

Ma la verità è che arrestare tossici disperati impegnati giornalmente a vendere qualche grammo di coca taroccata ad altri tossici disperati, per sgobbare la dose quotidiana – descrivendoli nelle ordinanze come strutturate organizzazioni di trafficanti -, serve al Gattopardo per mascherare l’inattività investigativa della procura, dietro la quale si cela la corruzione, verso tutti gli altri reati, e principalmente quelli contro la pubblica amministrazione. Qualcosa devono pur scrivere nella relazione di fine anno sull’attività della procura, e i disperati della pezzata spacciati per narcos, vanno benissimo, riempiono pagine e giustificano i lauti stipendi. Senza contare i “fuori busta”.

Sulla disperazione, legata alla tossicodipendenza degli arrestati, non ci sono dubbi. Cosenza è un paesotto e solo quello che non si fa, non si sa. Disperati al punto tale da barattare anche l’ultimo grammo di dignità in cambio di un grammo di coca. Pur di soddisfare il loro bisogno di pippare sono disposti a tutto, anche a minacciare innocenti genitori, “consumati”, anche loro, dalla tossicodipendenza del proprio figlio. Padri costretti da pusher perennemente a rota (in astinenza), a pronunciare frasi che nessun padre mai pronuncerebbe nei riguardi del proprio figlio. Solo un pusher disperato, pur di recuperare 50 euro, arriva a tanto. Disperazione che non giustifica, però, simili squallide azioni. Ma che conferma il degrado umano che circola in certi giri di spaccio, e soprattutto il bassissimo livello dei pusher. Che sono l’ultimissima ruota del carro, e per questo non vanno confusi con gli importatori all’ingrosso di coca e i consumatori di alto livello che nelle retate del Gattopardo che furono di Cozzolino, non finiscono mai. Già, perché nell’attività di repressione posta in essere dal Gattopardo contro il dilagante fenomeno del consumo e dello spaccio di droga nell’area urbana (più di 100mila persone), i veri narcos e grandi consumatori restano sempre fuori. Infatti nessuno ha mai capito dove, queste organizzazioni di disperati pusher che finiscono nella rete del Gattopardo si riforniscono di droga. Nessuno lo sa.

Se è vero, così come raccontano i pentiti e le oltre 6000 pagine dell’ordinanza “Reset” condotta dalla Dda di Catanzaro che ha smantellato i clan locali dediti al traffico di droga, che il consumo medio mensile di coca nell’area urbana è stimato in 7-8 chili, è anche vero che i consumatori e gli spacciatori non possono essere solo quelli che ogni tanto arresta il Gattopardo. Il consumo di coca da tempo, come tutti sanno, è trasversale alla società. Tutti consumano coca, indipendentemente dall’appartenenza sociale: dal venditore ambulante al dottore, al professionista, al barista, all’avvocato, alla casalinga, al poliziotto, al giudice, al muratore, al meccanico, al commercialista, al giornalista.  Tutti i luoghi, e tutte le occasioni, vanno bene per una botta. Ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche: dal ventino tarocco per i poveri, alle oltre 150 euro al grammo, rroba i prima, per i ricchi. Ed è proprio dove circola la guagna vera e lo spaccio di un certo livello che la procura del Gattopardo, guarda il caso, non arriva mai. Negli ambienti raffinati frequentati da pusher di un certo livello, i poliziotti o i carabinieri, non entrano mai. Eppure è lì, e lo sa bene Cozzolino, che si smazzano etti e etti di coca di prima qualità.

La caccia aperta in questi ultimi giorni contro i pusher di serie Z, seppur giusta sotto il profilo penale, è solo il paravento usato dalla procura guidata da Mario Spagnuolo per coprire gli intrallazzi e nascondere la sua vera attività, ben più gravi dello spaccio di qualche grammo di coca: proteggere e garantire l’impunità agli amici degli amici, che hanno prodotto, e continuarlo a farlo, un danno alle casse comunali che supera i 500 milioni di euro. A casa loro, o nei posti da loro frequentati, dove tra una pippata e l’altra organizzano truffe a danno dello stato, di carabinieri e di poliziotti, neanche l’ombra. Possono stare tutti tranquilli, e continuare a pippare e a intrallazzare come più gli pare, tanto a finire in galera sono sempre i disperati. E poi come si dice: arrestato un disperato pusher, se ne fa subito un altro, e la giostra per il Gattopardo continua.