Cosenza, gli schiaffoni a Cirò e il pestaggio di Trinni deciso da Occhiuto

Mario Occhiuto e le cooperative sociali di tipo B. Un rapporto pieno di alti e bassi, che è fondamentale per capire i legami tra il sindaco e il clan Rango-zingari. Dopo la vittoria di Occhiuto al ballottaggio, grazie all’accordo con il clan, che ha clamorosamente voltato le spalle a Enzo Paolini, il sindaco sistema Maurizio Rango, Mimmo Plateroti (sì, proprio lui, quello che si era candidato con Paolini al primo turno) e Ivan Trinni nel ruolo di presidenti di cooperativa ma ben presto la situazione precipita.

Ufficialmente perché i lavoratori delle cooperative sociali lo minacciavano continuamente. E così il prefetto dell’epoca gli aveva assegnato una regolare scorta personale, assicurata dalle forze dell’ordine. Dopo un annetto però gliel’aveva tolta e così Mario Occhiuto si era ritrovato di nuovo solo con le sue paure. I maligni, a dire il vero, commentavano con feroce sarcasmo che il sindaco fosse più preoccupato per i suoi creditori che dei delinquenti ma tant’è. Dopo qualche mese, quindi, i media tornano a parlare e a scrivere di “avvertimenti” e minacce nei confronti del sindaco, così preoccupanti da indurre persino la Prefettura a discuterne in sede di Comitato. Ma senza assegnare di nuovo la scorta al sindaco.
Tutto era legato a un sostanziale riordino del sistema delle cooperative sociali avviato proprio su impulso del prefetto dell’epoca, Raffaele Cannizzaro.

La giunta comunale aveva infatti applicato la rigida normativa che regolamenta i rapporti tra gli enti pubblici territoriali e le società esterne. Molte cooperative avevano proceduto all’adeguamento della documentazione e atteso le determinazioni della Rappresentanza del Governo in merito al rilascio della certificazione antimafia.
 La riconsiderazione del settore però aveva suscitato incertezze tra i lavoratori e timori per il futuro, sfociati in manifestazioni di protesta. Poi, la situazione sembrava tornata di nuovo sotto controllo. Anche perché il sindaco, grazie al suo fine cervello, aveva elaborato la soluzione ideale.

Non posso avere la scorta dal prefetto? E io me ne faccio una autonoma, affidandola ai vigili urbani e chiamandola ufficialmente “accompagnamento” per non dare nell’occhio. Una scorta assicurata per tutta la giornata da una turnazione di una decina di vigili urbani che ha prestato “servizio giornaliero” per anni. Con la “perla” del capo bodyguard Giacomo Fuoco beccato nell’auto blu con una… prostituta. Ma andiamo avanti.

Adolfo Foggetti e Maurizio Rango

Il 27 maggio 2013, poi, la procura di Cosenza arresta Rango, Trinni e Plateroti. Le accuse sono di concorso in tentata estorsione, corruzione e falso ideologico. 
I tre avrebbero, con minacce, condizionato i responsabili degli uffici comunali. Inoltre sarebbe stato accertato come molti dei lavori appaltati alle cooperative non sarebbero stati eseguiti, o sarebbero stati eseguiti in parte. I tre fidavano sul fatto che chi doveva controllare temesse una loro vendetta.

Emergenza finita? Macchè! L’inchiesta della procura, come da manuale, si sgonfia in pochi mesi. Il 21 dicembre 2013, appena sette mesi dopo l’arresto di Trinni, tornano le minacce dirette. E addirittura gli schiaffoni. Davanti a Palazzo dei Bruzi il primo cittadino è stato avvicinato proprio da Trinni in persona e minacciato pesantemente. L’ormai ex presidente di cooperativa ha poi aggredito, prendendolo a schiaffi, un collaboratore del sindaco, l’allora fido Giuseppe Cirò, oggi etichettato come ladro dallo stesso Occhiuto e che potrebbe “illuminarci” sulle pratiche delinquenziali del suo ex datore di lavoro.

Sì, perché da allora le cose cambiano completamente. Un po’ com’è accaduto tra il primo turno e il ballottaggio delle elezioni 2011.

Daniele Lamanna

A distanza di poco tempo dagli schiaffoni al fido Cirò, accade qualcosa che non ha mai trovato spazio sulle pagine dei giornali e sui media. Mentre si trovava sul campo di calcetto che gestiva, Ivan Trinni viene pestato a sangue, con tanto di sprangate in faccia, da un commando “pesantissimo”. Secondo quanto avrebbero accertato i carabinieri, gli autori dell’avvertimento sono Maurizio Rango, Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna. I militari dell’arma, nei verbali della loro attività investigativa, specificherebbero che il regolamento di conti è una vera e propria vendetta da parte del sindaco Mario Occhiuto.

E’ probabile che l’ex magistrato della Dda Pierpaolo Bruni abbia acquisito quest’attività investigativa e l’abbia collegata al rapporto tra Occhiuto e il clan Rango-zingari. Ma ormai Foggetti, Bruzzese e Lamanna hanno già saltato il fosso e avranno spiegato tutto alla Dda. Si attende solo la quadratura del cerchio. Che potrebbe non essere così lontana, magari anche grazie a qualche “soffiata” del “vecchio” (ex) amico Cirò.