Cosenza. La storia segreta della Fondazione Giuliani e di Villa Rendano: il ruolo di Mario Occhiuto

Abbiamo deciso di aprire uno spazio con il quale Iacchite’ vuole seguire e commentare la “vera storia” della Fondazione Giuliani di Cosenza di cui è stata compiuta senza ragioni note una specie di decapitazione alla Robespierre. Il decapitato al di là dei ruoli formali è stato Francesco Pellegrini, colui che su mandato del Fondatore Sergio Giuliani ha realizzato il progetto che in realtà  si chiama “Villa Rendano” e che era il garante – sempre su mandato di Sergio Giuliani- di assicurarne la durata nel tempo dando spazio a nuove iniziative, il giornale ICalabresi in primo luogo, peraltro accolto da milioni di calabresi sparsi ovunque. La domanda alla quale occorre rispondere per un obbligo etico e per non contraddire la volontà dirimente di Sergio Giuliani è: quale legittimità può avere una Fondazione in mano a soggetti che restano estranei e portatori di un’azione di conquista ostile?

E allora, riportiamo uno stralcio della prima puntata del racconto di Francesco Pellegrini, pubblicata su “I Nuovi Calabresi” (https://www.inuovicalabresi.it/capitolo-1-un-dono-alla-citta/).

CAPITOLO 1 – UN DONO ALLA CITTA’

Sono tempi duri per tutti. C’è una guerra in corso che più diventa distruttiva e cruenta più fa fatica a essere raccontata, come nelle prime settimane, in posizione di evidenza dai media, ormai tutti di regime.
C’è una crisi economica e sociale devastante, c’è nei giovani in particolare una condizione di incertezza e di sbandamento anche per effetto delle limitazioni imposte dalla pandemia.
Tutto questo per dire che abbiamo ben presente la gerarchia dei problemi di questo tempo e se ho deciso di raccontare senza timori reverenziali, solo con il rispetto che si deve alle persone specie nella loro sfera privata, i primi 10 anni della Fondazione Giuliani è perché la sua  nascita e l’acquisto di Villa Rendano e il suo recupero per i patrimonio architettonico di Cosenza, premessa per farne un centro culturale e di riferimento per i cittadini, in veste di protagonisti e non di spettatori, sembrano essere ridotti al rango di una operazione di piccolo cabotaggio.

Ma il fondatore voleva che la neocostituita Fondazione fosse un “dono” alla città – il Sindaco Occhiuto molto tempo dopo con un inedito malanimo nei suoi confronti manifestò una specie di rimprovero perché il dono non era diventato una “donazione”, una cessione di proprietà fatta con atto pubblico.
Non replicai al suo whatsapp allora ma lo faccio ora, sottolineando che anche per il modo in cui Giuliani fu convinto dal sen. Occhiuto all’acquisto non previsto, la donazione non era proprio prevista come opzione, e che comunque se pure essa fosse stata fatta il default del Comune sarebbe stato anticipato di qualche anno, giacché il solo costo della gestione della Villa, priva di ogni attività, costava fino allo scorso anno € 160.000,00, costerà circa € 200.000,00 per l’incremento delle tariffe elettriche e del gas.
Spero che Occhiuto che bizzarramente siede nel nuovo CdA ne tenga conto soprattutto tenendo viva la sua memoria e a freno la sua fantasia.

Dunque Giuliani su invito, peraltro in sé meritorio, di Occhiuto dimenticò che l’obiettivo della Fondazione doveva limitarsi al finanziamento di opere pubbliche non sostenibile dal Comune, nonostante le mie perplessità che ne tempo si sono rivelate fondate, dichiarò la sua disponibilità all’acquisto.
Il Sindaco Occhiuto, replicando alle mie perplessità circa l’assenza di un progetto che desse senso alla Villa, snocciolò confusamente il nome del Parco Tecnologico di Trieste come partner progettuale.
In realtà come potei facilmente scoprire cogliendo alcune parole del Ministro dell’Ambiente Clini nel foyer del Teatro Rendano il Parco aveva firmato con la Regione un accordo molto vantaggioso (per il Parco) per supportare la neocostituita CalabriaInnova, presieduta dall’onnipresente Umberto De Rose, chiusa senza grandi risultati 5 anni dopo.

IL “DISEGNO” DI MARIO OCCHIUTO E IL SECCO NO DI FRANCESCO PELLEGRINI

Fin qui Francesco Pellegrini. Vediamo allora di spendere meno parole e far capire meglio la prima parte della storia della Fondazione Giuliani.

Nell’ ampio appartamento di Roma, a piazzale Flaminio, con vista su Villa Borghese immaginiamo che il padrone di casa Sergio Giuliani sia in compagnia – succedeva spesso- con il cugino Francesco Pellegrini. Parlando del più e del meno sappiamo dall’inizio delle storia “vera” di Villa Rendano che Giuliani confessa che ha più volte cercato di costituire una Fondazione per onorare la memoria dei genitori.

Lo ha fatto a Cosenza – non si sa dove e con chi – e poi addirittura in Liguria dove avrebbero tentato per la realizzazione del sogno una cifra che ha dell’ incredibile, un milione di euro.

O si è sbagliato nel ricordo il futuro fondatore o hanno veramente provato a circuirlo. Una marcata vocazione ad essere circuito, a quanto si sa del testamento, Giuliani l’ aveva: ha dato oltre un milione e mezzo di euro ad una pseudobadante rumena ed in genere ha dato solo a chi non ne aveva bisogno.

Sapete come è andata a finire, Pellegrini risolve il problema dando al notaio neppure 4000,00 euro.

Cosa doveva fare la neocostituita Fondazione? Mettere a diposizione del Comune una certa somma per migliorare strutture pubbliche.

Comune vuol dire sindaco, nella fattispecie l’architetto Occhiuto. Che come è comprensibile dice che di opere pubbliche ne sta già realizzando a iosa quindi passa ad altro. C’è il bel Complesso di Sant’Agostino che per metà è ancora da restaurare. Segue come da prammatica la tipica “convenzione” tra Comune e Fondazione, che immaginiamo abbia una stanza di Villa Rendano piena di “convenzione” sul nulla.

Dell’entrata di scena, Pellegrini ci ha detto già molto. Se possiamo riassumere, la Villa della famiglia del maestro Rendano è declassata a lussuoso comfort di don Umberto.

Pellegrini non è uno che beve le bufale e ringrazia. E’ uno dei motivi per i quali sta sulle palle a tanti, è successo anche con noi con un scambio di mail in cui al posto dei saluti si poteva leggere in controluce  “vaffa….”. Siamo fatti così.

Quindi il suo no a cotanto uso rimane fisso. Meglio la Villa comprata e restaurata che messa a disposizione di qualche soggetto amico per l’ astronomica cifra di circa € 40.000,00 annui (provarono anche questo…).

Se il costo dell’acquisto e del restauro integrale è stato pari a circa 3 milioni e mezzo, il rendimento lordo dell’investimento sarebbe stato pari allo 0,8 per cento.

L’atto donativo alla città era già andato in vacca.

Ma il bello doveva ancora venire. Aspettiamo di leggere il seguito della storia di Villa Rendano su I Nuovi calabresi e poi noi proveremo a leggere e capire ancora tra le righe.