Cosenza. Linea diretta tra il questore e la politica che non tollera il dissenso

“In uno stato democratico la polizia, oltre ad essere libera da ogni influenza politica e rispettosa della Giustizia, è sempre al servizio del cittadino”. È così che amava dire un bravo e integerrimo poliziotto, che ora non c’è più, quando doveva spiegare agli altri il suo ruolo da questurino nella società. Un vero e sincero democratico che considerava la Costituzione un valore assoluto: “onorare la Costituzione per onorare la divisa… è da questo che nasce il senso del dovere”, diceva. Per tutti era Mimmo.

Ma la realtà purtroppo dice altro. Di ingerenze politiche nell’operato della polizia la storia della città, così come in tutta Italia, è piena. Del resto sono i politici, che hanno tutto l’interesse ad avere un questore riconoscente, a decidere chi occuperà la poltrona di questore in questa o quella città. Ma non sempre questa nomina risulta una promozione. Ed è il caso della questura di Cosenza, dove la poltrona del questore è considerata, negli ambienti della polizia, una poltrona scomoda. Nessuno considera questa nomina una promozione, Cosenza è una città complicata, e il rischio di trovarsi in situazioni imbarazzanti, è alto. Chi accetta di fare il questore a Cosenza, lo fa sulla base di un accordo preciso: qualche anno di servizio in città in cambio di una promozione al ministero o chissà dove. Anche se non sempre si riesce a raggiungere l’obiettivo: Petrocca docet. Nominare un questore a scadenza, serve ai politici intrallazzati per non dare continuità al lavoro di questo ufficio: con un questore che non vede l’ora di andare via, ogni approfondimento, che richiede tempo, sugli intrallazzi cittadini, è scongiurato.

La linea diretta, quindi, tra politici e il questore di Cosenza, ha radici antiche. E senza andare lontano ricordiamo solo le ingerenze di Mario Occhiuto sull’operato della polizia ai tempi del questore Anzalone. È chiaro che non ci riferiamo ai formali rapporti tra la politica e le forze dell’ordine, ma alle pretese dei politici di utilizzare la polizia, fuori dai canoni previsti dalla legge, per colpire quelli che reputano i loro nemici. Da quando si è instaurato il governo delle destre guidato dalla Meloni, si è aperta una nuova linea diretta tra il questore Cannizzaro, anche lui a scadenza, e molti parlamentari sindaco compreso. Su tutti il deputato Antoniozzi, la deputata Loizzo, e il sempre presente senatore Mario Occhiuto. Tutti e tre non fanno altro che tartassare di telefonate il questore Cannizzaro. Ogni cosa che non gli sta bene chiamano il questore e pretendono giustizia sommaria. E il questore, ahinoi, esegue. Nonostante la totale mancanza, nelle segnalazioni dei politici, di ipotesi di reato. Pretendono che il questore zittisca, fuori dalle regole e dalla Legge, il dissenso. Questo è. Vogliono vendicarsi, ora che sono al governo, di chi racconta la loro ambiguità. E vogliono che a farlo sia la polizia.

Qualche esempio: qualcuno attacca manifesti in città con il loro faccione? Trenta secondi dopo il telefonino del questore inizia a squillare. E in men che non si dica mezza divisione digos è costretta a fare il lavoro degli operai comunali: pulire i muri della città. Mentre l’altra metà è occupata nella ricerca dei colpevoli. Qualcuno altro commenta il post del prof. Pupo? Quindici secondi dopo il telefonino del questore squilla, e la pretesa è categorica: perseguire i dissidenti. Ogni gesto, parola, azione, posta in essere da comunisti sovversivi terroristi, deve essere repressa sul nascere, e questo tocca al questore. È il prezzo che deve pagare se vuole andare via da Cosenza con una bella promozione: assecondare i desiderata dei politici. Una storia già vista a Cosenza. No-global docet. E purtroppo destinata ancora a durare a lungo.

La cosa che più fa ribrezzo in tutto questo, non è tanto il questore accondiscendente, ma lo squallore politico e culturale dei tre: Antoniozzi, Loizzo, Mario Occhiuto. Blaterano di democrazia e libertà di parola in pubblico, criticando regimi come la Russia e la Cina, salvo poi comportarsi, di nascosto, peggio di Putin. Chissà cosa avrebbe detto di tutto questo, se fosse stato ancora tra noi, Mimmo!