Cosenza, l’isola felice che c’è

Cosenza, a differenza di tutte le altre città calabresi, resta, per chi ha conoscenze nell’alta aristocrazia massomafiosa, la città ideale per corrotti, collusi, truffatori seriali, speculatori, toghe sporche e divise macchiate. Un vero e proprio paradiso in terra dove, per gli amici degli amici, tutto è possibile. L’isola felice che c’è. Una vera e propria roccaforte per malandrini di un certo livello.

Se nel resto della regione qualcosa si muove in materia di lotta alla corruzione e alla massomafia, a Cosenza tutto rimane fermo. Nonostante le tante conclamate prove a carico di politici collusi, magistrati corrotti, sbirri infedeli, avvocati ammatassati, massoni deviati, nessuno osa scoperchiare il maleodorante pentolone che da decenni nasconde le tante “vergogne” di questa città oramai ostaggio di una cupola massomafiosa che ha dimostrato di avere coperture importanti che si annidano nel cuore del corrotto potere politico romano.

A Cosenza l’impunità, per gli amici degli amici, è garantita da un “sistema di potere” ben rodato che affonda le sue radici lontano dal tempo, quando politica e malaffare, nel bel mezzo del boom economico, strinsero un accordo di convivenza e spartizione degli affari, che arriva fino ai giorni nostri.

Quasi mezzo secolo di connivenza, tra stato e antistato, ha trasformato Cosenza in una specie di “isola della Tortuga” dei nostri tempi. Una vera e propria “zona franca” a disposizione degli amici degli amici, controllata dalla cupola massomafiosa, e usata come una sorta di forziere dove custodire le tante “ricchezze sporche” provenienti da ogni dove, senza correre il rischio di essere scoperti. Un luogo dove tutto è permesso, ma solo se appartieni alla paranza: puoi uccidere, frodare lo stato, puoi comprarti voti e persone, puoi addirittura comprarti sentenze e promuovere inchieste farlocche nei confronti di nemici che tanto la verità, nell’isola felice che c’è, non viene mai a galla, e la giustizia non ha mai trionfato. Giustizia e Verità due parole che a Cosenza non significano niente.

Chi più chi meno, tutti i politici lestofanti hanno avuto a che fare con la nostra città: chi per nascondere i proventi del loro malaffare in banche, disposte a riciclare di tutto e di più, che in città spuntano e scompaiono come i funghi, altri, invece, per “usufruire” dei servizi offerti dalla procura cittadina. Come a dire: se devi truffare qualcuno, se devi condurre un affare sporco, se devi commettere un illecito, conviene farlo nella “giurisdizione di Cosenza”, eleggendo magari il domicilio di società fittizie in città, dove lo stato, rappresentato dal procuratore e dai giudici asserviti, garantiscono che nessuno metterà mai il naso negli affari degli amici degli amici.

In tanti dicono che tutto ciò è possibile per via della presenza, in città, di alcune logge massoniche occulte tra le più potenti d’Italia: una zona franca fa comodo a tutti, e sul mercato criminale vale volto. Ecco perché qui non succede mai niente. Sono talmente tanti gli interessi e i segreti che nasconde la nostra città, che coinvolgono pezzotti di ogni ordine e grado, che conviene a tutti lasciare le cose così come stanno. Bene o male ci mangiano tutti con questo sistema, buoni e cattivi. E tutti, in un modo o nell’altro, da questo insano legame, ne traggono profitto.

La cupola ha dimostrato nel corso degli anni di non temere nessuno, nemmeno Gratteri che è da tempo che lavora sul “sistema Cosenza” (dal “fascicolo aperto” dall’allora pm alla Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni, sono trascorsi quasi 7 anni), senza venirne a capo, tanto complessa è la situazione. Infatti le operazioni della Dda di Catanzaro hanno un limite geografico che è il territorio della citta di Cosenza. Si può intervenire ovunque, tranne che a Cosenza. E lo dicono i fatti: Rende, Castrolibero, Acri, Cassano e tanti altri paesi del cosentino sono stati interessati da operazioni antimafia, tranne Cosenza. Tra Vibo, Crotone e Lamezia, non si contano più le operazioni condotte dalla Dda di Catanzaro, tranne Cosenza.

L’impressione, oramai consolidata è quella che Cosenza deve restare l’isola della Tortuga. Il “sistema Cosenza” deve sopravvivere. E le inchieste in corso su Cosenza vanno fermate, rallentate, per poi essere dimenticate. Né Salerno, né Catanzaro possono farci niente. Il patto tra pirati, bucanieri, corsari e lo stato non può venir meno, c’è ancora bisogno di un porto sicuro, altro luogo non c’è: “alla Tortuga la guerra non ha pretesti. Si ruba, si uccide, si prende, si muore. Il problema non è la guerra, sono le regole di chi la fa. La Tortuga è questo: è la guerra con regole. Furto, omicidio e rapina, però disciplinati”. Cosenza, l’isola felice che c’è!