Cosenza. L’omicidio Bergamini, la lobby degli avvocati e la strategia dei falsi pentiti

Angelo Pugliese e Marcello Manna Foto tratta dal libro "Mamma 'ndrangheta" di Arcangelo Badolati

L’omicidio volontario pluriaggravato e premeditato di Denis Bergamini è una delle pagine più nere della città di Cosenza. L’hanno scritta in tanti, non solo quelli che l’hanno ucciso. L’hanno scritta tutti quelli che hanno contribuito a nascondere la verità per vent’anni: magistrati, poliziotti, carabinieri, dirigenti e calciatori del Cosenza Calcio, giornalisti, uomini d’onore… 

Tutti sapevano o erano in condizione di sapere ma nessuno ha fatto niente di concreto per aiutare chi quella verità la cercava e la pretendeva. La parola d’ordine era: prudenza. Una prudenza a dir poco sospetta in una città nella quale invece custodire un segreto è operazione impossibile.

Oggi il processo Bergamini è una chiave di lettura straordinaria non solo per capire cosa poteva accadere a Cosenza 30 anni fa ma anche quello che accade adesso perché tutti sanno che purtroppo non è cambiato niente. E la vicenda giudiziaria del caso Bergamini rappresenta la storia della città di Cosenza. Ieri al processo Bergamini ha testimoniato Franco Garofalo, pentito dal 1996, riconosciuto braccio destro del boss Franco Perna e protagonista massimo della criminalità organizzata cosentina. Dopo aver appurato che Denis è stato ucciso per fatti personali (come li ha definiti lui) e che la malavita non c’entrava nulla, nel suo esame del teste, l’avvocato della famiglia Bergamini Fabio Anselmo ha affondato il dito nella piaga e ha chiesto a Garofalo perché Bergamini fosse stato portato a Roseto e il pentito ha risposto: “Dovevano avere delle garanzie, c’era un appoggio”. E quando Anselmo ha sottolineato se parlasse di coperture delle forze dell’ordine e della magistratura ha risposto affermativamente, confermando la tesi. “Volevano portarci un morto in casa per i problemi che avevano alla procura di Castrovillari, quindi è chiaro che avessero coperture. Del resto, il procuratore Facciolla ha riaperto il caso perché prima non era stato fatto nulla…”. 

E quando un pentito parla di corruzione della magistratura è evidente che ne ha contezza. Ad un certo punto del suo esame, l’avvocato Fabio Anselmo ha provato a chiedere a Garofalo se era a conoscenza del coinvolgimento di avvocati per procacciare pentiti e la presidente della Corte l’ha fermato. Proprio mentre all’avvocato Pugliese (all’epoca braccio destro di Marcello Manna e in prima fila nella cosiddetta strategia dei falsi pentit), che oggi difende Isabella Internò, accusata dell’omicidio di Bergamini, stavano fischiando tutte e due le orecchie… In ogni caso, Garofalo su questo aspetto era stato già abbastanza esaustivo in uno stralcio dell’intervista che ha rilasciato qualche tempo fa al giornalista Saverio Di Giorno e della quale pubblichiamo uno stralcio significativo. E non c’è bisogno di altri commenti.

Il sistema Cosenza

… Escono decine di pentiti. Nasce un grande processo, il Garden; uno snodo fondamentale in questa storia. Come è andata?

“Di me non avrebbero mai immaginato che decidessi di collaborare… sono stati colti di sorpresa… allora fanno scattare la strategia dei falsi collaboratori. Un modo per limitare i danni. Sono gli avvocati stipendiati da noi, uno come Marcello Manna, Pugliese, Sorrentino ad esempio, che dirigono tutto, montano la strategia dicendo di fare dissociazione. Poi c’erano Sammarco, D’Ippolito tutti stipendiati … L’importante è non prendere l’ergastolo perché a conti fatti in Italia alla fine ti fai diciannove anni.  Il falso dissociato deve accusare ma come dico io, in maniera morbida. Così io prendo poco mentre magari una settimana prima un altro per lo stesso reato prende dodici anni. Problemi a Cosenza non ne abbiamo mai avuti per questo. Ci fu una grossa operazione, tutti a processo il pm era Mollace e vengono condannati al 416 bis. Cosenza era 416 bis! Subito dopo scatta operazione De Rose gli stessi magistrati che hanno certificato 416 bis derubricano tutto, 416 normale e se ne escono testuale ‘Cosenza è isola felice’. Perché? Era in atto una pace. Siglammo tra capi un accordo davanti al locale ‘Due Palme’ perché sotto lo studio di un avvocato vicino al procuratore Nicastro. Chi doveva sapere era stato informato…” In effetti alcuni aspetti trovano conferma anche in deposizioni di altri pentiti, come Bevilacqua.

Altro che Cosenza felice. Anzi Cosenza è buona per consumare delitti nel silenzio generale. Stuzzicato sul caso Bergamini spinge ad una riflessione: “non mi posso spingere a parlare oltre o di cose non documentabili, ci sono anche procedimenti in corso, ma un aspetto è logico: se un omicidio si può commettere in un luogo, ma viene commesso in un altro è perché là ci sono le giuste coperture, questa è logica” (un aspetto che Garofalo ha confermato in pieno nella sua testimonianza di ieri al processo Bergamini, ndr). 

I magistrati

Torniamo al Garden e alla strategia. Che ruolo hanno di preciso i magistrati?

Non funziona questo sistema senza i magistrati. Se ne fregano, dichiarano collaboratori gente che racconta evidentemente delle assurdità.  Un esempio? Umile Arturi racconta un omicidio in modo sballato. Il giudice lo ascolta e lo promuove collaboratore… nonostante le cazzate! Devi stare attento in queste faccende perché se non ci sono riscontri il programma di protezione ti sbatte fuori e allora sei morto. Ma ci sono giudici e giudici. Arriva un altro giudice Eugenio Facciolla, lo interroga e lo fa arrestare: era un bugiardo. Ecco: Facciolla cercava riscontri verificava persino che il meteo coincidesse con i racconti dei collaboratori.  Quello è uno che non puoi avvicinare. Non era il solo… Calderazza, Onorati. Con loro non baravi … Invece si fanno operazioni blitz solo per poi smontarle e cosa resta? I titoli dei giornali”.

Chi ad esempio?

“Prendi l’operazione Azimuth, il pm Luberto. Tralasciando la gestione degli interrogatori, senza avvocati, ma insomma … io non è che non mi fidavo di Luberto, ma al cognato, Barile, recuperai quasi un miliardo poiché era sotto estorsione. Gli fu fatta una rapina e mi manda a chiamare. Mi faccio restituire tutto e andiamo a casa di un segretario o consigliere regionale, ora non ricordo, Bernardi. Gli porto il borsone e lo restituisco … Luberto varie volte entrando nel discorso … mi chiedeva se si era chiarita la faccenda e io cercavo di sviare.”

Ecco perché parla. Si è accorto che le rivelazioni che aveva fatto anni fa su magistrati e gli avvocati ad esempio, che nessuno gli ha contestato come infondate, sono rimaste lettera morta. E nonostante vecchie ispezioni ministeriali (quella Lupacchini ad esempio) e le recenti inchieste aperte dalla procura di Salerno, molti di loro hanno fatto carriera. In politica o in magistratura. Nonostante, anche, alcuni episodi inquietanti su cui Garofalo chiude lasciando interrogativi pesanti. Su questo in particolare c’è addirittura un’interrogazione parlamentare.

“Io ero già collaboratore ma dovevo recuperare dei soldi che avevo prestato a usura. Lo dico al giudice, Mario Spagnuolo, che devo recuperarli. Lui mi dice di parlarne a uno delle forze dell’ordine e mi dà il nome, tale Giurgola, faccio così… sono andati i carabinieri a riprendere i miei soldi! Spagnuolo una volta chiese addirittura l’indirizzo dei fratelli Vitelli e lui non poteva farlo. C’era una guerra tra Cosenza e Catanzaro … Quando fu chiamato dal pm Lombardi a Catanzaro con delega ai magistrati di Reggio Calabria rimasi senza parole come resto ora senza parole. Se parlavo dell’usura a Facciolla quello mi buttava sulla strada, altro che programma di protezione. Facciolla è uno che mi ha fatto prendere molti anni di carcere …adesso ho letto che è indagato per corruzione… questo mi pare strano, molto strano, era uno che no guardava in faccia nessuno.  Ma da un po’ si vedono cose strane e lui era uno che si era fatto molti nemici. Io queste cose sono pronte a ripeterle…’’

A Cosenza si saldavano e si saldano ancora forse equilibri (è mai arrivata una grande inchiesta?), si vedeva chi era disposto e chi no e forse chi poteva far carriera e chi no. Facciolla probabilmente si mette di traverso. Altre cose le racconterà su Spagnuolo e gli ospedali Tursi Prato in un dibattito che porterà ad una sentenza di condanna in appello. In tale procedimento fu poi avvicinato il giudice Petrini che sappiamo che fine ha fatto ora.