Cosenza. ‘Ndrangheta al Comune. Il sindaco, lo sbirro e il doppiogiochista

Abbiamo atteso un po’ di giorni prima di ritornare sull’argomento “’ndrangheta al Comune” perché volevamo raccogliere l’umore dei cosentini dopo il nostro articolo sulle infiltrazioni mafiose a Palazzo dei Bruzi. E il commento che più abbiamo ascoltato è stato questo: “aviti (voi di Iacchite’) scopertu l’acqua cavuda”. Per i cosentini non abbiamo rivelato niente di nuovo quando abbiamo scritto che i clan frequentano assiduamente e anche da tempo Palazzo dei Bruzi.

COSENZA. MAZZUCA AVVICINATO DA UN EMISSARIO DEI CLAN (https://www.iacchite.blog/cosenza-ndrangheta-al-comune-mazzuca-avvicinato-da-un-emissario-dei-clan/)

Nessun cosentino è rimasto stupìto dalla notizia: che certa politica e gli ‘ndranghetisti, a Cosenza, vanno a braccetto, è cosa risaputa. Questa è una verità storica e fattuale accettata da tutti. Altrimenti come spiegare il mancato stupore dei cosentini di fronte ad una notizia che se data in un’altra città italiana avrebbe sollevato, quantomeno nel dibattito politico cittadino, un minimo di stupore? Questo spiega anche lo stato di rassegnazione e di impotenza dei cosentini rispetto ad un un modus operandi della politica che oramai tutti danno per scontato e ineluttabile, e al quale, per quieto vivere, nessuno osa ribellarsi.

E se il popolo non si stupisce, la politica (corrotta) e le istituzioni (colluse), puntano tutto sul silenzio. Sanno bene i marpioni che notizia replicata è due volte data. Meglio lasciar correre, la gente tra rassegnazione e problemi personali dimentica presto. E poi c’è la paura a fare da scudo. Tutti hanno qualcosa da perdere, e conoscendo la potenza e la pericolosità della massomafia cosentina, nessuno se la sente di denunciare il malaffare. Non sparano, ma ti rovinano. La sottomissione al sistema è il prezzo da pagare per il quieto vivere. E con un popolo sottomesso al silenzio e alla paura, eventuali defezioni al sistema si sistemano meglio. Che è quello che da un po’ di tempo a questa parte più di qualcuno, a Cosenza, sta cercando di fare: sistemare una faccenda che rischia di sfuggire di mano. La faccenda in questione si riferisce alle dichiarazioni del presidente del consiglio comunale Mazzuca rese alla polizia giudiziaria su diversi avvicinamenti alla sua persona da parte di un emissario dei clan che lo invitava a seguirlo in un bar per incontrare un noto boss cittadino. Dichiarazioni che Mazzuca rende in un momento in cui molti intrallazzi che giornalmente si consumano in Comune – corruzione, clientelismo politico/massonico, infiltrazioni mafiose – sono sulla bocca di tutti, e molti di questi lo chiamano in causa. A cominciare dalle sue assidue e strane frequentazioni con l’ingegnere Pianini.

Costretto dagli eventi, precipitati dopo la nostra inchiesta, Mazzuca, preso dal panico di finire coinvolto in qualche indagine, decide di giocare d’anticipo. Sa che la polizia giudiziaria è a conoscenza dei fatti e non può negare di aver confermato a noi l’episodio dell’avvicinamento, potrebbe anche negarlo, ma non gli conviene. Se negasse l’avvicinamento, e uscisse fuori qualche sgamo – che in tempi di pentimenti facili e paventati blitz, non è cosa da escludere – sarebbe complicato poi per lui spiegare il perché della mancata denuncia. E sarebbe evidente a tutti che a qualche incontro lui c’è andato. Ed è in questa ottica che Mazzuca decide di spifferare tutto alla polizia giudiziaria, recitando la parte della vittima. Confessa di essere stato avvicinato nel suo ufficio dall’emissario, e usa questa verità come scudo per coprire le sue responsabilità.

Del resto Mazzuca non è nuovo ad operazioni di questo genere. Anche ai tempi del dottor Pierpaolo Bruni in servizio presso la Dda di Catanzaro, rese dichiarazioni sul “sistema cooperative”, non di sua spontanea volontà, ma perché costretto dai fatti. Un do ut des con la procura per non essere coinvolto. A quei tempi tutti si aspettavano, dopo Rende e Castrolibero, un blitz anche a Cosenza di “stampo politico”, e collaborare con l’autorità giudiziaria in cambio di un occhio di riguardo non era una strada da scartare. Come è finita lo sappiamo tutti. La potente massomafia cosentina è riuscita all’ultimo momento a fermare l’operazione. E non c’è niente di strano nel pensare che anche questa volta Mazzuca stia tentando di ripetere la paraculata. Farsi avanti per non restare indietro. Se non succede niente, come ai tempi di Bruni, è meglio, ma se dovesse succedere qualcosa è ancora meglio farsi trovare preparati con un alibi pronto da esibire. Ad eventuali chiamate in correità si può sempre rispondere con un “io ho denunciato tutto”. Diventa perciò: la mia parola contro la tua.

Ma Mazzuca nella foga di costruirsi un alibi, e di accreditarsi come “testimone di giustizia”, nelle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, diventa un fiume in piena e cade in diverse contraddizioni che evidenziano la vera natura della sua deposizione: pararsi il culo e nascondere le sue responsabilità. Dice, alla polizia giudiziaria, di non conoscere l’emissario dei clan. E questa è una bugia. Come tutti sanno, l’emissario dei clan, lavorava come usciere al Comune, all’interno del programma PUC, e apriva e chiudeva la porta al sindaco, al capogabinetto, e a tutti quelli che dovevano incontrarli. Impossibile per il presidente del Consiglio, così come per il sindaco e il capogabinetto, non averlo visto e riconosciuto, dato che quella porta Mazzuca la varca decine di volte al giorno. Di più: della strana presenza proprio sul piano del sindaco di un attenzionato dalla Dda, avevamo informato il presidente del Consiglio diverse settimane prima della sue dichiarazioni. Perché Mazzuca ha negato di conoscere l’emissario dei clan? Va oltre la foga Mazzuca: dice di non conoscere l’emissario dei clan, salvo poi dichiarare di essere stato avvicinato dallo stesso due mesi prima rispetto al giorno delle sue dichiarazioni. Lo aveva già visto in veste di emissario dei clan due mesi prima, ma dice alla polizia giudiziaria di non conoscerlo.

E le stranezze non finiscono qui. Mazzuca, sempre nella foga di accreditarsi come testimone di giustizia, con le sue dichiarazioni inguaia il sindaco che evidentemente sapeva, come tutti quelli che frequentano e lavorano in comune, della strana presenza dell’emissario/usciere: non può essere altrimenti visto che apriva e chiudeva la porta da dove Franz passa ogni santo giorno. Ma tutti facevano finta di non vederlo. Soprattutto il sindaco che, a detta di Mazzuca, era stato informato degli strani approcci dell’emissario/usciere alla sua persona che si verificavano da tempo nel suo ufficio. Entrambi però dimenticano di informare l’autorità giudiziaria, e continuano a far finta di niente. E questo per Franz è un problema. Se mai dovesse venir fuori una cosa del genere, sarebbe difficile spiegare il suo silenzio. Mazzuca gli ha combinato un bel guaio. E per quanto Mazzuca si adoperi, nel giorno successivo alle sue dichiarazioni, a tenere segreto il suo colloquio con la P.G., Capu i Liuni intercetta la notizia, e corre ai ripari.

Alla luce di tante stranezze, e nonostante le insistenze di Mazzuca a tenere nascosto il suo colloquio con la P.G., decidiamo di approfondire e di informare il sindaco su quanto accaduto chiedendo e ottenendo un incontro con lui 24 ore dopo le dichiarazioni rese da Mazzuca alla polizia giudiziaria. Incontro che Mazzuca prova in ogni modo ad ostacolare, arrivando al punto di dire che non voleva informare il sindaco della sua scelta di aver denunciato l’accaduto, perché non si fidava di lui. Paventando e temendo che la notizia di aver reso dichiarazioni sull’emissario dei clan potesse arrivare, una volta rivelata al sindaco, a orecchie pericolose. Una grave accusa a Franz. Ma anche la sua ennesima contraddizione che scopre ancora una volta il suo doppiogioco: se è stato lui stesso a dire di aver informato il sindaco degli “avvicinamenti”, perché ha timore di dirlo al sindaco di aver denunciato tutto alla polizia giudiziaria? Perché Mazzuca ha capito, col senno del poi, di aver reso dichiarazioni che se approfondite potrebbero creare seri problemi a lui e al sindaco. Trovarsi a dover giustificare la mancata comunicazione all’autorità giudiziaria degli avvicinamenti avvenuti mesi prima e mai denunciati, se non dopo la nostra comunicazione all’autorità giudiziaria, potrebbe dar adito agli investigatori di pensare che Mazzuca e il sindaco hanno qualcosa da nascondere.

Mazzuca deve rimediare ma è costretto a muoversi, e anche in fretta, tra il ruolo della vittima, e quello di complice del delitto. Fa l’innocente, ma è un ruolo che non può sostenere con i suoi complici. Così mentre a noi fa credere che il sindaco non è al corrente delle sue dichiarazioni rese alla alla P.G., pugnalandolo alle spalle, sgamato da Capu i Liuni, confessa tutto a Franz, prima del nostro incontro.

Ed è a questo punto che succede qualcosa che fa capire che qualcuno si stava muovendo per porre rimedio al guaio causato da Mazzuca. Scopriamo, solo successivamente all’incontro con il sindaco, che qualche ora prima di incontrare noi, Franz si era recato ara mmucciuna dal questore di Cosenza per discutere, evidentemente, delle gravi dichiarazioni rese da Mazzuca e delle contraddizioni emerse. Ma quando incontra noi il sindaco fa finta di non sapere niente delle dichiarazioni di Mazzuca, tant’è che quando lo informiamo del fatto lui si congratula, fingendo un’aria sorpresa, con Mazzuca, per il senso civico dimostrato. E divaga sul nulla come se gli avessimo detto acqua fresca. L’imbarazzo si taglia con il coltello. Hanno capito di essere stati sgamati e per nascondere le loro responsabilità, cercano di fare squadra. La posta in gioco è alta. La cazzata di Mazzuca commessa nella fretta di pararsi il culo potrebbe costargli cara. Ed è dentro questo quadro che il colloquio segreto tra il sindaco e il questore assume contorni inquietanti.

Che cosa si sono detti il questore e il sindaco nell’incontro segreto? Il questore aveva l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria per convocare il sindaco e informarlo di una indagine appena giunta al vaglio della Dda? E se così non è, è lecito pensare ad una discussione tra i due su come aggiustare alcune contraddizione emerse nelle dichiarazioni di Mazzuca che imbarazzano il sindaco? Pensiamo di sì. Perché l’incontro segreto tra il sindaco e il questore avviene 24 ore dopo le dichiarazione di Mazzuca, quando ancora la Dda sta analizzando il materiale ricevuto da qualche ora. L’incontro tra i due è verosimilmente avvenuto in via ufficiosa, e di nascosto all’autorità giudiziaria. E il domandone è: perché il questore convoca il sindaco nel suo ufficio subito dopo le dichiarazioni di Mazzuca, che cosa ha da dirgli segretamente di così urgente? Il contenuto dell’incontro resta segreto, e alimenta i tanti dubbi che ci fanno pensare a chiarissime manovre per “appattare”.

Quando le cose avvengono nell’ombra è lecito pensare a qualcosa che non va. Specie se a muoversi nell’ombra sono due figure istituzionali. Anche se tramare nell’ombra questa volta non serve a niente, quel che è fatto è fatto, e le dichiarazioni di Mazzuca non si possono cancellare. A meno che – ed è uno scenario altamente probabile – la Dda di Catanzaro non sia complice o connivente. E non sarebbe neanche la prima volta.